Cass. pen., sez. I, sentenza 21/04/2022, n. 15612

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 21/04/2022, n. 15612
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15612
Data del deposito : 21 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIFFANTI ANDREA nato a MILANO il 04/11/1963 avverso l'ordinanza del 20/07/2021 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIAudita la relazione svolta dal Consigliere D C;
lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20 luglio 2021 il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha revocato, a far data dal 24 luglio 2017, l'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, disposto nei confronti di A G in relazione all'esecuzione della pena indicata nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale della stessa città. Ha, in proposito, esposto che G, in costanza di sottoposizione alla misura alternativa alla detenzione, è stato coinvolto in due procedimenti penali e si è reso a lungo latitante, così rendendosi protagonista di condotte incompatibili con la prosecuzione della misura e tali da imporne, piuttosto, la revoca con effetto retroattivo.

2. A G propone, con il ministero dell'avv. E P, ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con il primo dei quali deduce violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza disposto la revoca della misura alternativa alla detenzione oltre il termine di trenta giorni dalla ricezione degli atti previsto dall'art. 51-ter, secondo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354. Con il secondo motivo, lamenta vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza disposto la revoca, con effetto retroattivo, della misura alternativa senza considerare che egli, all'esito del periodo, quasi semestrale, trascorso presso una struttura residenziale, è stato sottoposto ad un programma che, per complessivi quindici mesi, lo ha visto patire consistenti restrizioni della libertà di movimento, né che egli ha rispettato, per oltre sei mesi, le prescrizioni impartitegli. Rileva, ulteriormente, che egli, lungi dal darsi alla latitanza, si è trattenuto presso la propria abitazione nel rispetto del provvedimento sanitario di urgenza adottato dalle autorità locali per fronteggiare un preoccupante focolaio di meningite riscontrato in quella zona e, successivamente, ha rispettato le stringenti misure di contenimento della pandemia da Covid-19. Con il terzo ed ultimo motivo, eccepisce, in termini, ancora, di vizio di motivazione, che il Tribunale di sorveglianza abbia erroneamente valutato, in vista della contestata revoca e, soprattutto, della sua decorrenza retroattiva, vicende che, rettamente intese, avrebbero dovuto essere notevolmente ridimensionate.

3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché vertente su censure manifestamente infondate.

2. Preliminarmente, va disatteso il motivo, di ordine processuale, incentrato sulla dedotta tardività del provvedimento impugnato, in quanto adottato oltre il termine di trenta giorni dalla ricezione degli atti sancito dall'art. 51-ter, secondo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354. Al riguardo, invero, soccorre il consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico, cui il Collegio intende dare continuità, secondo cui «La mancata osservanza del termine di trenta giorni previsto per l'adozione della decisione del tribunale di sorveglianza in ordine alla revoca della misura alternativa (nella specie, dell'affidamento in prova al servizio sociale), comporta unicamente la perdita di efficacia del provvedimento di sospensione della misura stessa precedentemente adottato dal magistrato di sorveglianza, mentre non ha alcun rilievo in relazione al provvedimento stesso di revoca, stante la mancata previsione al riguardo di sanzioni processuali» (Sez. 7, n. 16600 del 12/11/2020, dep. 2021, D Bella, Rv. 281309;
Sez. 1, n. 44556 del 18/11/2010, Catalano, Rv. 248986;
Sez. 1, n. 1403 del 16/02/1999, Maresca, Rv. 213255).

3. In ordine ai residui motivi di ricorso, va osservato, in ottica generale, come la giurisprudenza di legittimità sia consolidata nell'affermare che la revoca della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale discende, per disposto normativo, non già dalla mera violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura, ma, piuttosto, dal fatto che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di fatto, ritenga, con motivazione logica, adeguata e non viziata, che la violazione commessa costituisca, in concreto, sopravvenienza incompatibile con la prosecuzione della prova (così, tra le altre, Sez. 1, n. 13376 del 18/02/2019, Castelluzzo, Rv. 275239;
Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013, D Martino, Rv. 256479;
Sez. 1., n. 2566 del 07/05/1998, Lupoli, Rv. 210789). In tal modo, il giudizio sulla revoca, pur in presenza di un comportamento del soggetto contrario alle prescrizioni, è rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha solo l'obbligo di giustificare logicamente e adeguatamente l'uso del potere conferitogli. Tale principio è coerente con il testo della legge, e, in particolare, con la previsione dell'art. 47, undicesimo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354, secondo cui l'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova ed è altresì correlato all'affermazione, pure ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte, che, nel procedimento di sorveglianza finalizzato alla revoca dell'affidamento, i fatti storici costituenti ipotesi di reato riferibili al condannato possono essere valutati senza necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, ove se ne tragga la coerente e motivata conclusione di una interruzione del percorso di risocializzazione (in questo senso cfr. Sez. 1, n. 33089 del 10/05/2011, Assisi, Rv. 250824, nonché, in genere, per la valutazione della meritevolezza dei benefici penitenziari, Sez. 1, n. 42571 del 19/04/2013, Cagnoni, Rv. 256695;
Sez. 1, n. 6989 del 09/12/1999, Saponaro, Rv. 215125;
Sez. 1, n. 2008 del 31/03/1995, Satanassi, Rv. 201368). Il contenuto del giudizio affidato al Tribunale di sorveglianza è ulteriormente caratterizzato, sul piano della ricostruzione sistematica dell'istituto, dal rilievo che il tratto distintivo della revoca è costituito dalla natura sanzionatoria e dagli effetti impeditivi dell'ulteriore svolgimento dell'esperimento della prova, sul presupposto della sua incompatibilità con la condotta tenuta dal condannato, e dal riflesso che tale tratto caratterizzante ha sul contenuto del giudizio affidato all'autorità giudiziaria. Il Tribunale di sorveglianza, nella revoca, è, infatti, chiamato a valutare la gravità di singoli, specifici, episodi per verificare se essi siano o mano incompatibili con la prosecuzione della prova, mentre, per stabilirne l'esito, deve procedere a una valutazione globale dell'intero periodo nell'ottica del recupero sociale del condannato (Sez. 1, n. 30525 del 30/06/2010, Giaccio, Rv. 248376;
Sez. 1, n. 1180 del 17/02/2000, Cornerò, Rv. 215706).
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