Cass. pen., sez. V, sentenza 28/11/2023, n. 1177
Sentenza
28 novembre 2023
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28 novembre 2023
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Massime • 1
In tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, lo specifico mandato a impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio in esso contenute devono essere successivi alla sentenza e contestuali all'impugnazione in quanto espressione della necessaria e consapevole volontà dell'imputato all'impugnazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che può essere considerata la precedente elezione di domicilio solo se essa sia stata rinnovata dall'imputato nei modi previsti dall'art. 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. pen.)
Sul provvedimento
Testo completo
01 177-24 CORTE DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE DEPOSITATA IN CANCELLERIA 18 GEN 2024 REPUBBLICA ITALIANA IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO In nome del Popolo Italiano Carmela Lanzuise LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE Composta da: ROSA PEZZULLO Presidente - Sent. n. sez. 1541/2023 CC 28/11/2023 ROSSELLA CATENA R.G.N. 31252/2023 RENATA SESSA Relatore IRENE SCORDAMAGLIA GIOVANNI FRANCOLINI na pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AL UR nato a [...] | 15/09/1968 avverso l'ordinanza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;
lette/sentite le conclusioni del PG udito il difensore RITENUTO IN FATTO 1. L'ordinanza impugnata è stata pronunziata il 28 giugno 2023 dalla Corte di appello di Roma, che ha dichiarato inammissibile, ai sensi degli artt. 89 d.lgs. n. 150/2022 e 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., l'appello proposto nell'interesse di PA MA avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 24 marzo 2023, disponendo l'esecuzione del provvedimento impugnato e condannando l'imputato alle spese del grado. La Corte Territoriale, preso atto che la sentenza di primo grado, è stata emessa e depositata in data 24 marzo 2023 e che avverso la stessa, con atto depositato In data 8 aprile 2023, è stato proposto appello da parte del difensore dell'imputato, ha rilevato che: - gli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. (così come introdotti dall'art. 33 del d.lgs. 150/2022, la c.d. Riforma Cartabia) richiedono che unitamente all'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 ter), nonché, ove trattasi di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, che, unitamente all'atto di appello sia depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato ai fini della notificazione del decreto che dispone il giudizio (art. 581, comma 1-quater); tale disposizione, ai sensi dell'art. 89 co. 3 d.lgs. 150/2022, si applica per le impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva all'entrata in vigore del succitato decreto, ossia dopo il 30.12.2022; - che, nel caso di specie, l'appello proposto avverso la sentenza del 24 marzo 2023, manca dello specifico mandato ad impugnare oltre che della dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato. Sulla base di tali argomenti ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello.
2. Avverso la predetta ordinanza, ricorre per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando le censure in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si contesta violazione di legge in relazione agli artt. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in combinato disposto con l'art. 89 D.lgs. n. 150/2022. Ripercorrendo quanto statuito dall'art. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen.. così come introdotto dalla c.d. riforma Cartabia, dopo averne operato una diffusa critica, il ricorrente ritiene che, se il fine dell'elezione di domicilio appare quello della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non si comprende perché tale incombenza sia stata rilevante ai fini dell'inammissibilità dell'atto di appello, posto che la Corte territoriale ha notificato l'ordinanza stessa di inammissibilità presso il difensore dell'imputato ove questi in precedenza eletto domicilio. Non si spiega perché l'elezione di domicilio depositata nel primo grado di giudizio, e valevole per tutti i successi gradi, assente l'imputato, debba valere per la notifica dell'ordinanza di inammissibilità e non possa valere ai fini dell'atto introduttivo del giudizio. Pertanto, appare viziata da falsa applicazione dell'art. 581, comma 1-ter e 1- quater, cod. proc. pen., la motivazione dell'ordinanza secondo la quale la mancanza di elezione di domicilio rileverebbe in un caso e non nell'altro. Avrebbe dovuto piuttosto concludersi che essendo l'elezione di domicilio già depositata in atti, essa fosse valida ed efficace anche per la citazione nel giudizio di appello.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in combinato disposto con l'art. 89 D.lgs. n. 150/2022 e con gli artt. 157-ter cod. proc. pen. e art. 175 cod. proc. pen., e vizio di motivazione. Il ricorrente evidenzia come il legislatore, stante la criticità di interpretazione sistematica e letterale della nuova previsione di cui all'art. 581 c.p.p., abbia previsto una serie di possibili tutele compensative, che si sostanziano anzitutto nell'art. 157-ter cod. proc. pen., dettato in tema di notifiche degli atti introduttivi del giudizio all'imputato non detenuto, e nell'art. 175 cod. proc. pen., concernente la restituzione nel termine. Precisamente, tale ultimo articolo, così come modificato dalla riforma Cartabia, prevede al comma 2.1., un'ipotesi specifica di restituzione in termini per l'imputato giudicato in assenza laddove lo stesso fornisca la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. A tal proposito, il ricorrente evidenzia quanto affermato nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, secondo cui la riproposizione dell'istituto della restituzione nel termine viene giustificata proprio alla luce dell'onere aggiuntivo per proporre appello, ossia il deposito di una procura speciale contenente la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. In vista di ciò, secondo il ricorrente, la Corte territoriale, avrebbe dovuto rimettere l'imputato nella condizione di produrre quanto richiesto, anche se già presente negli atti processuali, mediante l'assegnazione di un termine. Una tale interpretazione estensiva si risolverebbe in un ulteriore strumento compensativo coerente col nuovo sistema introdotto. 3 In ogni caso si rileva che l'art. 581, commi 1 ter e 1 quater, cod. proc. pen. si pone in contrasto con l'art. 24 Cost.: affermare che l'imputato non possa fruire del mandato già conferito al difensore in primo grado, stante anche la sua assenza nel medesimo giudizio, implicherebbe una compromissione delle garanzie difensive, tanto più grave poiché priverebbe colui che è a giudizio della possibilità di proporre impugnazione, modalità di esercizio tra le più qualificanti del diritto di difesa.
2.3. Con il terzo motivo, si chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod .proc. pen. nella parte in cui prevede che è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio per violazione degli artt. 3 e 24 Cost, dell'art. 6 par. 3, lett. b) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 14 par. 3 lett. b) del Patto internazionale relative ai diritti civili e politici. Il ricorrente richiede, dunque, la rimessione alla Corte costituzionale delle questioni incidentali rappresentate e che traggono origine dalle modificazioni introdotte con la riforma Cartabia all'art. 581 cod. proc. pen., evidenzianti l'incompatibilità di tale normativa con le norme costituzionali in materia. Tali questioni sollevano i seguenti temi:
1.l'impugnazione della sentenza di condanna rappresenta all'evidenza, una delle componenti essenziali del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.: non a caso, la disposizione costituzionale in oggetto tutela l'attività defensionale con esplicito riferimento ai diversi "gradi" del procedimento, nella piena consapevolezza dell'assoluta centralità assunta dai meccanismi di impugnazione nell'ambito di un sistema processuale finalizzato a prevenire il rischio di una ingiusta condanna, con conseguente indebita limitazione della libertà personale. Allo stesso modo, ne! riconoscere il valore costituzionale della presunzione di non colpevolezza, l'art.27 Cost. evoca espressamente in senso contrario il presupposto della "definitività" dell'eventuale condanna, con evidente richiamo al possibile ribaltamento nei gradi successivi dell'ingiusta sentenza che dovesse essere - stata pronunciata in primo grado nei confronti dell'imputato. Sotto altro aspetto prosegue il ricorso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari sancito dall'art. 111 Cost. trova poi a sua volta fondamentale corollario nella comune possibilità di verifica della effettiva legittimità dei medesimi, ed a maggior ragione a fronte di eventuali decisioni di "condanna" che incidono direttamente sulla libertà dei cittadini e tali, pertanto, da determinare l'esigenza di un controllo più diffuso, completo e penetrante, destinato appunto ad esplicarsi proprio attraverso il "sistema" delle impugnazioni tradizionalmente previsto nell'ordinamento a garanzia dell'imputato. Pur in assenza di un esplicito riconoscimento formale all'interno degli art. 24, 27 e 111 Cost. (che richiama espressamente il solo ricorso per cassazione), la facoltà di appellare le sentenze di condanna a pena detentiva senza limiti e preclusioni ingiustificate, rappresenta, pertanto, un profilo assolutamente insopprimibile del diritto di difesa dell'imputato, così come concretamente strutturato nell'assetto costituzionale vigente. Si ricorda in ricorso che, anche di recente, la Corte Costituzionale ha avuto infatti modo di sottolineare che «il potere di impugnazione dell'imputato si correla al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso (sentenze n. 274 del 2009, n. 26 del