Cass. civ., sez. I, sentenza 13/08/2004, n. 15769

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Ai fini della determinazione del momento in cui inizia l'effettivo esercizio dell'attività di impresa - e dunque, in base all'art. 2082 cod. civ., l'autore acquista la qualità di imprenditore commerciale - fondamentale è il ruolo svolto dal dato dell'organizzazione, poiché in presenza di un'esteriore apparato aziendale la qualità di imprenditore commerciale si acquista anche con il compimento di un singolo atto riconducibile a quella organizzazione ("atto dell'organizzazione"); quando, invece, manca un siffatto apparato esteriore, perché l'attività viene svolta con mezzi anche rudimentali, sufficienti comunque ad integrare il requisito dell'organizzazione, soltanto la reiterazione di atti, oggettivamente suscettibili di essere qualificati come atti d'impresa - i quali possono aversi anche prima che si siano instaurati rapporti con i terzi destinatari del prodotto dell'impresa stessa, allorché siano stati posti in essere atti economici preparatori che permettano di individuare l'oggetto dell'attività ed il suo carattere commerciale - rende manifesto che non si tratta di operazioni isolate, ma di attività professionalmente esercitata. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, la quale aveva riconosciuto la qualità di imprenditore commerciale ad un mercante d'arte in presenza di una rudimentale organizzazione aziendale e dell'acquisto, per la rivendita, di numerose opere d'arte, nonché dello svolgimento di attività promozionali).

Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza deve essere valutato secondo dati oggettivi, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine alle relative causa; pertanto, l'interruzione brutale del credito bancari, se anche può essere causa di risarcimento del danno ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, non consente, tuttavia, di ritenere insussistente lo stato di insolvenza se da tale condotta, ancorché illegittima, sia derivato uno stato di impotenza economica dell'imprenditore, mentre a diversa conclusione potrebbe giungersi soltanto nel caso in cui l'imprenditore fosse inadempiente esclusivamente nei confronti degli istituti che avessero illegittimamente esercitato il recesso dal rapporto di apertura di credito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 13/08/2004, n. 15769
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15769
Data del deposito : 13 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Presidente -
Dott. P U R - Consigliere -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. D A S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VENTURA GIOVANBATTISTA, elettivamente domiciliato in ROMA via

GARIGLIANO

11, presso l'avvocato N M, rappresentato a difeso dagli avvocati L M, G A, giusta procura a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA PIAZZA ADELE ZOAGLI MAMELZ

9, presso l'avvocato G B, rappresentata e difesa dall'avvocato D A M, giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrente -


contro
CURATELA FALLIMENTO VENUTA GIOVANBATTISTA, in persona del curatore in N Z, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA CRESCENZIO

43, presso l'avvocato M M, rappresentata e difesa dall'avvocato S C, giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrente -


contro
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA VAL GARDENA

3, presso l'avvocato LUCIO DE ANGELIS, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Mario Liquori di Rema, rep. 125811 del 26/7/01;



- controricorrente -


contro
BANCA CARIME S.P.A.;
CARIPLO S.P.A.;
BANCO DI NAPOLI SPA;



- intimati -


avverso la sentenza n. 252/00 della Corte d'Appello di CATANZARO, depositata il 04/07/00;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/02/2004 dal Consigliere Dott. Sergio DI AMATO;

udito per il ricorrente, gli Avvocati MARASCO E ALPA, che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente Società Intesa Gestione Crediti, l'avvocato MARCHESE che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito per il resistente B.n.l., l'avvocato DE ANGELIS che ha chiesto l'inammissibilità o il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO

Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Lamezia Terme, con sentenza dell'8 luglio 1997, dichiarava il fallimento di Giovanbattista V, su istanza della Banca Nazionale del Lavoro, del Banco di Napoli e della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania. Il V proponeva opposizione, deducendo la mancanza sia della qualità di imprenditore commerciale sia dello stato di insolvenza. I creditori istanti ed il curatore del fallimento si costituivano contestando la fondatezza dell'opposizione, il Tribunale, con sentenza del 5 luglio 1999, rigettava l'opposizione.
Giovanbattista V proponeva appello che la Corte di Catanzaro rigettava, con sentenza del 4 luglio 2000, osservando, per quanto qui ancora interessa, che: 1) il V rivestiva la qualità di imprenditore commerciale sia in relazione ad una attività di agente di assicurazione sia in relazione ad una attività di compravendita di opere d'arte;
2) quanto alla prima attività, il carattere di impresa commerciale si poteva desumere da un portafoglio clienti di circa lire 380.000.000, dalla utilizzazione di una sede di circa 120 mq., dalla assunzione nel 1996 di una dipendente, da ricavi per provvigioni di lire 50.632.000 nell'anno 1995 e di lire 46.713.200 nell'anno 1996 e dal fatto che nella veste di agente di assicurazioni il V aveva chiesto ed ottenuto credito da alcune banche;
in ogni caso, l'attività in questione doveva essere valutata nel complesso delle attività svolte dal V;
3) in particolare, quanto alla attività di commercio di opere d'arte, la qualità di imprenditore commerciale, dichiarata dallo stesso interessato in alcuni atti giudiziari, era stata assunta dal V, pure in assenza di vendite documentate, con l'acquisto di almeno 167 opere d'arte effettuato, anche avvalendosi di finanziamenti, allo scopo di rivenderle, come lo stesso V aveva espressamente dichiarato e come era dimostrato dallo svolgimento di attività di promozione di un artista e delle sue opere (esposizione in mostre, invio di opere a critici ed a giornalisti specializzati). Altri elementi significativi potevano trarsi da una richiesta di proroga di credito, inoltrata alla CARICAL in data 11 gennaio 1995 e giustificata dallo svolgimento di una attività di finanziamento di mostre internazionali;
da una lettera del 30 giugno 1995 con cui il V giustificava il mancato ripianamento dell'esposizione debitoria con lo slittamento di una vendita;
dalla modifica nel 1994 della partita IVA con la menzione, in aggiunta alle precedenti, anche dell'attività di "commercio all'ingrosso di opere d'arte e quadri. Tutti tali elementi consentivano di affermare che era già iniziata l'attività commerciale e che il V aveva completato l'organizzazione dell'impresa nei suoi elementi strutturali e funzionali;
4) quanto alla sussistenza dello stato di insolvenza, lo stesso non si poteva escludere ne' in relazione alla pretesa illegittimità del recesso dagli affidamenti, che gli istituti di credito, secondo il ricorrente, avevano deciso senza motivo, ne' in relazione alle contestazioni sull'ammontare dei debiti. Il V, infatti, come risultava dalle lettere inviate alle banche aveva ammesso, anche dopo le opposizioni ai decreti ingiuntivi chiesti od ottenuti dagli istituti di eredito, una posizione verso gli stessi di dieci miliardi di lire, parzialmente ma significativamente confermata con lo stesso atto d'appello con cui annetteva un debito di almeno cinque miliardi. Pertanto, il recesso delle banche si poteva considerare come effetto e non come causa dello stato di insolvenza e, comunque, non immotivato poiché, da un lato, l'ingente esposizione del V si protraeva da diversi anni, interessando almeno cinque primari istituti di credito e, d'altro canto, negli ultimi anni le movimentazioni del conto si erano ridotte, anche in relazione alla cessazione di una precedente attività di collettore delle imposte per alcuni comuni. Nè si poteva pensare che le banche, conoscendo lo scopo perseguito dall'appellante con i fidi a lui accordati, non avrebbero potuto richiedere il rientro senza prima attendere l'esito dell'investimento, atteso che altrimenti il rischio d'impresa sarebbe stato trasferito sugli istituti bancari;
5) quanto alla consistenza del patrimonio del V, gli immobili, sui quali gravavano ipoteche giudiziali per tre miliardi di lire, avevano un valore complessivo, dichiarato dal debitore, di lire 700.000.000, mentre i beni mobili, consistenti in opere d'arte di notevole valore, non erano facilmente liquidabili, con la conseguente impotenza dal V a far fronte al normale pagamento dei debiti;
6) l'insolvenza non si poteva escludere neppure in relazione ai versamenti ed alle movimentazioni sui conti correnti intrattenuti dal V sia perché i pregressi versamenti erano inidonei a provare una liquidità o, comunque, una capacità economica attuale, sia perché i versamenti non avevano ripianato neppure in minima parte l'esposizione debitoria del V, sia perché, infine, i movimenti si erano ridotti drasticamente negli anni, in corrispondenza della cessazione dell'attività di collettore già svolta dal V;

infine, l'assunto di potere fare fronte alle esposizioni debitorie, se depurate dagli interessi illegittimamente richiesti (capitalizzazione trimestrale con superamento della soglia d'usura), andava disatteso sia per la genericità della deduzione, con cui neppure erano stati precisati gli importi illegittimamente pretesi, sia perché contraddetto dalle lettere con le quali il V aveva riconosciuto il suo debito, sia perché, da un lato l'art. 25 del d. l.vo 4 agosto 1999, n. 342, aveva dettato una disciplina transitoria
che faceva salve le clausole relative alla produzione di interessi anatocistici e, d'altro canto, la legge n. 108 del 1996, in tema di usura, doveva ritenersi inapplicabile alla fattispecie poiché i crediti delle banche erano maturati prima della sua entrata in vigore.
Avverso detta sentenza Giovanbattista V propone ricorso per Cassazione, deducendo otto motivi. Il curatore del fallimento, la s.p.a. Intesa Gestioni Crediti, cessionaria del credito sul quale la CARICAL aveva fondato l'istanza di fallimento, e la s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro resistono con controricorso. La s.p.a. Banco di Napoli, la s.p.a. Banca CARIME - Gruppo intesa, che la Corte di appello ha estromesso dal giudizio in quanto, pur essendole stato conferito un ramo d'azienda della CARICAL non era succeduta nel rapporto controverso, e la s.p.a. CARIPLO, che ha incorporato la CARICAL, tutte ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva. Il ricorrente e la controricorrente Banca Nazionale del Lavoro hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE

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