Cass. civ., sez. II, sentenza 29/09/2020, n. 20555

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime2

Il requisito della forma scritta per la determinazione degli interessi extralegali (art. 1284, ultimo comma, c.c.) non postula necessariamente che la corrispondente convenzione contenga una puntuale indicazione in cifre del tasso pattuito, ben potendo detta indicazione essere soddisfatta attraverso il richiamo, per iscritto, anche "per relationem", a criteri prestabiliti e ad elementi estrinseci al documento negoziale, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del relativo saggio, la quale, pur nella previsione di variazioni nel tempo e lungo la durata del rapporto, risulti capace di venire assicurata con certezza, al di fuori di ogni margine di discrezionalità.

Il rigetto della domanda di adempimento del contratto determina la formazione del giudicato implicito sulla validità dello stesso, a meno che la decisione non sia fondata sulla ragione "più liquida", sicché le ragioni di validità non siano state oggetto di alcuno scrutinio da parte dell'organo giudicante. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito non si fosse pronunziato sulla validità del contratto, avendo ritenuto la prescrizione del credito).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 29/09/2020, n. 20555
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20555
Data del deposito : 29 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

20555-20 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Oggetto ROSA MARIA DI VIRGILIO Presidente - SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE ANTONIO ORICCHIO - Consigliere - Ud. 4/3/2020 GIUSEPPE DE MARZO - Consigliere- PU LUIGI ABETE Consigliere - R.G.N. 9781/2016 - Rel. Consigliere - Rep. el GIUSEPPE DONGIACOMO Cear. 20555 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 9781-2016 proposto da: DE WOLFF MANDINA, FINETTI GIADA, FINETTI SVEVO ROMANO e F S R, rappresentati e difesi dall'Avvocato V T e dall'Avvocato ALBERTO ROMANO ed elettivamente domiciliati a Roma, via Cividale del Friuli 13, presso lo studio dell'Avvocato ALESSANDRO TATARELLI, per procure speciali in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

F M M, rappresentata e difesa dall'Avvocato F T e dall'Avvocato C M, presso il cui studio a Roma, corso Vittorio Emanuele II 284, elettivamente domicilia per procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

nonché о 777120 2 FINETTI MARIA VITTORIA - intimata avverso la sentenza n. 2177/2015 della CORTE D'APPELLO DI FIRENZE, depositata il 28/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 4/3/2020 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica ALESSANDRO PEPE, il quale ha concluso per l'accoglimento del secondo, del terzo e del quarto motivo e per il rigetto dei restanti motivi;
sentito, per i ricorrenti, l'Avvocato MICHELA NATALE;
sentito, per la controricorrente, l'Avvocato ALESSANDRO MANNOCCHI.

FATTI DI CAUSA

Mandina De Wolff, Giada Finetti, Svevo R Finetti e Simone R Finetti, hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Arezzo, M M F e Maria Vittoria Finetti chiedendo la divisione degli immobili di cui gli attori, al pari delle convenute, erano comproprietari in quanto eredi di R Finetti, deceduto il 10/3/2005. M V F si è costituita in giudizio senza svolgere alcuna attività difensiva. M M F, invece, si è costituita in giudizio deducendo, innanzitutto, di aver speso, per la conservazione della cosa comune, la somma di €. 96.238,00, poi ridotta, in corso di causa, ad €. 43.700,00 in adesione alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio. La convenuta, inoltre, ha dedotto che: nel 1984, aveva prestato al fratello R, e cioè il de cuius, la somma di £. 50.000.000, da restituire con gli interessi;
nel 1992, insieme al fratello, avevano rifatto il conteggio del proprio credito, quantificandolo in £. Ric. 2016 n. 9781, Sez.

2 - PU del 4 marzo 2020 3 250.000.000;
- il 12/6/2004, infine, aveva stipulato con il fratello un altro accordo per l'aggiornamento dal 1992 della somma di £. 250.000.000 “con riferimento ai redditi derivanti d investimenti in titoli di stato". La convenuta, quindi, ha, tra l'altro, chiesto: 1) la condanna degli attori, quali eredi di R Finetti, al pagamento di €. 305.224,64 (e cioè la somma indicata nella consulenza tecnica d'ufficio espletata nel corso del giudizio, che aveva calcolato fino al relativo deposito, e cioè al 30/4/2008, l'aggiornamento previsto dall'atto del 12/6/2004), oltre agli interessi legali dal 30/4/2008;
2) l'assegnazione del compendio immobiliare. Il tribunale, con sentenza del 2010, ha ritenuto, innanzitutto, che il credito di M M F nei confronti del de cuius, asseritamente sorto nel 1984, come da riconoscimento di debito del 12/2/1992, si era prescritto, così come eccepito, per carenza di atti interruttivi dal 12/2/1992 e l'atto di citazione. Del resto, ha aggiunto il tribunale, anche in considerazione del disconoscimento da parte degli attori della scrittura privata prodotta dalla controparte, non era emersa la prova del prestito e del relativo importo. Quanto, poi, alla divisione, il tribunale ha ritenuto che il complesso immobiliare, pacificamente non divisibile, doveva essere assegnato a M M F, in quanto titolare della quota maggiore, evidenziando che la stessa ne aveva sempre mantenuto il possesso e che si era preoccupata di effettuare opere di manutenzione straordinaria. Il tribunale, quindi, dopo aver evidenziato che il complesso immobiliare era stato stimato in €. 700.000,00 e che le spese di miglioria ammontavano ad €. 43.700,00, ha provveduto ad assegnare ogni bene a M M F, condannandola al Ric. 2016 n. 9781, Sez.

2 - PU del 4 marzo 2020 с 4 pagamento dei conguagli in favore degli altri coeredi secondo le rispettive quote di proprietà. M M F ha proposto appello avverso tale sentenza censurando la pronuncia impugnata, tra l'altro, nella parte in cui il tribunale aveva rigettato la domanda che la stessa, quale convenuta, aveva proposto per ottenere il pagamento del debito contratto dal de cuius. L'appellante, al riguardo, ha dedotto che tale domanda era stata proposta sulla base dell'esplicito riconoscimento del debito costituito dall'accordo del 12/6/2004 e che, rispetto a tale atto, non sussiste né il disconoscimento né la prescrizione. L'appellante, quindi, ha chiesto la condanna degli attori al pagamento, in suo favore, ciascuno nei limiti di cui all'art. 752 c.c., della somma di €. 305.224,64, oltre agli interessi legali dal 30/4/2008. Mandina De Wolff, Giada Finetti, Svevo R Finetti e Simone R Finetti si sono costituiti in giudizio e, dopo aver resistito all'appello principale, hanno proposto appello incidentale rilevando: 1) la violazione dell'art. 720 c.c., per avere gli stessi chiesto, in comparsa conclusionale, l'assegnazione congiunta dell'asse patrimoniale, complessivamente rappresentando, rispetto ad alcune particelle, una quota pari a diciotto trentaseiesimi e, rispetto ad altre particelle, una quota pari a centotrentacinque centottantesimi;
2) l'erronea stima, per difetto, dei beni oggetto di comunione, come emerge dalle risultanze della consulenza tecnica di parte attrice e dalla possibilità prevista dalla I. della regione Toscana n. 24 del 2009 di ampliamenti volumetrici;
3) l'erronea determinazione in €. 43.700,00 delle spese per migliorie sostenute da M M F. Ric. 2016 n. 9781, Sez.

2 - PU del 4 marzo 2020 5 Gli appellati, quindi, hanno chiesto l'assegnazione congiunta di tutti i beni ed, in subordine, la vendita degli stessi e l'accertamento, previa eventuale nuova consulenza tecnica d'ufficio, del maggior valore di tali beni, oltre al rigetto della domanda proposta dall'appellante avente quale petitum la somma di €. 43.700,00. La corte d'appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l'appello incidentale ed, in parziale accoglimento dell'appello principale, ha condannato Mandina De Wolff, Giada Finetti, Svevo R Finetti e Simone R Finetti al pagamento, ciascuno nei limiti di cui all'art. 752 c.c., della somma di €. 305.222,64, oltre agli interessi dal 30/4/2008, confermando, per il resto, la sentenza impugnata. La corte, in particolare, per quanto ancora interessa, ha ritenuto la fondatezza del motivo con il quale l'appellante principale aveva lamentato l'erroneo rigetto della domanda che la stessa aveva proposto per ottenere il pagamento del debito del de cuius. La corte, al riguardo, ha rilevato che: a) la convenuta aveva dedotto che: nel 1984, aveva prestato al fratello - R la somma di £. 50.000.000, da restituire con i relativi interessi;
nel 1992, R Finetti aveva sottoscritto una scrittura privata che quantificava in £. 250.000.000 il debito corrispondente al prestito di £. 50.000.0000 del 1984 quale maggiorato degli interessi maturati;
il 12/6/2004, la convenuta ed il fratello si erano accordati nel senso che il credito di £. 250.000.000, così aggiornato al giugno del 1992, venisse ulteriormente aggiornato "con riferimento a possibili redditi derivanti da investimenti in titoli di stato";
b) la convenuta, quindi, aveva richiesto, con la comparsa di risposta tempestivamente depositata, il pagamento della somma di £. Ric. 2016 n. 9781, Sez.

2 - PU del 4 marzo 2020 6 250.000.000, oltre all'aggiornamento pattuito il 23/6/2004, depositando, con la stessa comparsa di costituzione, la copia della scrittura privata asseritamente risalente al 1992 (doc. 2);
c) gli attori, con la prima memoria depositata ai sensi dell'art. 183 c.p.c., avevano, tra l'altro, disconosciuto la sottoscrizione di tale scrittura;
d) la convenuta, con la seconda memoria prevista dall'art. 183 c.p.c., aveva eccepito la tardività di tale disconoscimento e prodotto, come doc. 7, copia della scrittura privata del 12/6/2004, evidenziandone la sottoscrizione da parte sia di R Finetti che della stessa Maria M Finetti;
e) gli attori, con la terza memoria prevista dall'art. 183 c.p.c., avevano testualmente affermato che "relativamente al doc. 7 datato 12.6.04 si fa presente che lo stesso è stato scritto presumibilmente da F M V e lo stesso non può essere inteso come riconoscimento di debito o fonte di obbligazione a carico di Finetti R". La corte, quindi, ha ritenuto che gli attori avevano, da un lato, dedotto una circostanza irrilevante (e cioè chi avesse compilato la scrittura) e, dall'altro lato, formulato un apodittico convincimento giuridico (e cioè l'impossibilità di considerare la scrittura in questione come un riconoscimento di debito o fonte di obbligazione): senza procedere, nella memoria in questione, al disconoscimento della sottoscrizione di R Finetti "quale presente in calce al doc. 7". In forza di questo rilievo, la corte ha ritenuto che gli attori non si erano "tempestivamente attivati", a norma dell'art. 214, comma 2°, c.p.c., "rispetto alle sottoscrizioni di R Finetti apposte sub docc. 2 e 7", con la conseguente attribuzione a tali documenti dell'efficacia probatoria prevista dall'art. 2702 c.c.. Ciò detto, la corte ha esaminato il contenuto di tali documenti, vale a dire tanto il doc 2 (che "ha un riquadro in Ric. 2016 n. 9781, Sez.

2 - PU del 4 marzo 2020 7 alto a sx in cui: a) nella parte superiore è scritto '50.000.000';
b) nella parte centrale è scritto '30%' e '12%'...;
c) nella parte più bassa è scritto '250"), quanto il doc. 7 (avente il

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi