Cass. pen., sez. VI, sentenza 08/06/2023, n. 24882

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 08/06/2023, n. 24882
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24882
Data del deposito : 8 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S R, nato il 15/04/1951 a Napoli avverso la sentenza del 26 maggio 2022 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera P D N T;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale S S che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
sentite le conclusioni dell'avvocato R E, nell'interesse di R S, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Napoli del 14 aprile 2015, confermata dalla Corte di appello, per quello che interessa in questa sede, R S veniva condannato per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. in quanto partecipe del clan P, come imprenditore nel settore dell'edilizia, sulla base delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (P, V, D L e D'Ausilio) e delle intercettazioni ambientali da cui emergeva la sua presenza in Sgna con Angelo D'Alterio e G P. Con la pronuncia n. 42916 del 18 giugno 2018 la Corte di cassazione annullava detta sentenza con rinvio e la Corte di appello di Napoli il 29 maggio 2019 riqualificava la condotta partecipativa di S in concorso esterno, confermando la pena inflitta e la confisca disposta. Su ricorso della difesa, anche detta decisione veniva annullata con rinvio dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 7155 dell'Il novembre 2020, dep. 2021, per ritenute carenze motivazionali, in ordine alla prova del reimpiego di denaro illecito del clan da parte di S, dovute: alla genericità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia;
al mancato adeguato esame delle pronunce giudiziarie indicate dall'appellante e della documentazione sequestratagli in occasione dell'arresto rimasta priva di accertamenti;
all' assenza di ammissione da parte di S. La sentenza in questa sede impugnata, emessa dalla Corte di appello di Napoli il 26 maggio 2022, ha confermato l'originaria pronuncia di condanna del Tribunale di Napoli qualificando la condotta del ricorrente nei termini di partecipazione all'associazione di tipo camorristico clan P, quale imprenditore inserito nella vita del sodalizio, in forza delle intercettazioni, per come supportate dalle indagini di riscontro e dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. Il presente giudizio consegue alle due precedenti sentenze di annullamento con rinvio della Corte di cassazione del 18 giugno 2018 e dell'Il novembre 2020. 2. Ha proposto ricorso R S, tramite il proprio difensore, articolando i seguenti motivi.

2.1. Violazione della legge penale e difetto di motivazione, in relazione agli artt. 65 e 521 cod. proc. pen. e 111 Cost., con riferimento al diritto di difesa e al contraddittorio, in quanto la Corte di appello, in assenza di una chiara e specifica contestazione, genericamente delineata come «attività imprenditoriale in cui sistematicamente reinvestire i capitali illeciti», ha visto S passare dal ruolo di associato a quello di concorrente esterno e di nuovo di associato, nelle diverse sentenze di condanna poi annullate dalla Corte di cassazione con rinvio, con una scarna motivazione ha ritenuto l'imputato partecipe dell'associazione di stampo mafioso, attraverso presunti sistematici reinvestimenti illeciti non indicati.

2.2. Violazione della legge penale e vizio di motivazione, anche nei termini di travisamento della prova, in relazione agli artt. 627, comma 3, 192, 533, comma 1, cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. in quanto la proroga per il deposito dei motivi della sentenza non era servita a rendere conto degli argomenti della difesa, stante la riproduzione integrale delle prove (deposizione del maresciallo F, intercettazioni, controlli sul territorio, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia), senza alcuna valutazione propria del Collegio e con mero richiamo alle motivazioni delle precedenti pronunce (Tribunale, Corte di appello e Corte di cassazione), tanto da rendere la motivazione apparente e in violazione delle due pronunce di rinvio della Corte di cassazione. Inoltre, risultano trascurati i principi ermeneutici della sentenza delle Sezioni Unite M, ritenendosi prova della messa a disposizione del ricorrente comportamenti leciti, quali i viaggi tra Italia Sgna, l'amicizia con G P, l'occuparsi dell'assistenza legale, l'aver espresso giudizi sulla camorra, in base a mere congetture. La sentenza impugnata non ottempera ai principi enunciati dalla sentenza di annullamento con rinvio, come dimostra la lettura delle conversazioni intercettate che contengono gli stessi argomenti del Tribunale, anche quelle dimostrative dell'innocenza di S, come la n. 5450 interpretata contro, in assenza di qualsiasi elemento. Inoltre, la Corte di merito, senza tenere conto dei chiarimenti offerti dall'imputato, contenuti nella sentenza di primo grado (pagine da 1115 a 1202), e non uniformandosi alla sentenza di annullamento con rinvio, qualifica la condotta di S come partecipazione e non come concorso esterno. Anche la circostanza che l'imputato non avesse ammesso alcunchè non è stata adeguatamente valutata. Con riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, prive di convergenza tra loro, la sentenza impugnata non applica i principi dell'art. 192, comma 2, cod. proc. pen., e resta ferma la genericità delle affermazioni di Domenico V circa l'essere il ricorrente il costruttore di G P, così come restano prive di verifica le affermazioni di Roberto P, mai stato in Sgna, sulle cointeressenze economiche del ricorrente con Antonio P, vista la sua assenza in specifiche operazioni commerciali quali Viticella, Ipercoop, Cinema Santa Maria, ed altre. Peraltro, Biagio D L non riscontra i due collaboratori e Gaetano d'Ausilio non è sicuro che il ricorrente sia un costruttore con rapporti imprenditoriali di natura associativa.Il ricorso censura la sentenza anche perché: a) non esamina la documentazione rinvenuta in occasione dell'arresto del ricorrente ed il contenuto del suo controesame, in relazione anche a quanto riferito dall'operante F;
b) non tiene conto dei provvedimenti giudiziari prodotti dal difensore (dissequestro dell'Ipanema - del Tribunale misure di prevenzione e del Tribunale del riesame sentenze di assoluzione per intestazione fittizia degli appartamenti di Ischia nei confronti dei coimputati di S). •Erroneo è anche il richiamo della sentenza a P N, accusato di essere legato al clan Nuvoletta e non al clan P. Inoltre, con riferimento alla confisca, il provvedimento impugnato ha solo criticato gli argomenti della consulenza di parte, dimostrativa dell'origine lecita del patrimonio del ricorrente, fondandoli esclusivamente su pregiudizi, privi di riferimento a fatti oggettivi o ad atti. Infine, viene censurato il diniego delle attenuanti generiche fondato sulla sola gravità della condotta e l'intensità del dolo, nonostante l'imputato non rivesta posizioni apicali, non abbia dato un contributo rilevante se non quello di farsi latore del capo clan, della sua condotta di vita e di quella processuale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

2.R S è stato riconosciuto, dai Giudici di merito, partecipe del clan camorristico denominato P, quale imprenditore dedito al reinvestimento dei capitali illeciti, sulla base di plurimi e convergenti elementi costituiti: a) dall'illustrazione, da parte del maresciallo F, della complessa attività investigativa svolta attraverso intercettazioni (telefoniche e ambientali), per come supportate dai servizi di osservazione e controllo e dalle fotografie che ritraevano S con G P in Sgna, per tutto il periodo, nonostante fosse sottoposto all'obbligo di soggiorno in provincia di Pisa (pag. da 6 a 13 della sentenza);
b) dal contenuto esplicito delle intercettazioni, svolte soprattutto in ambientale (nella sua auto) e sul cosiddetto "telefono rosso" con cui S L, coimputato di S, manteneva i contatti quotidiani con G P sottrattosi alla misura (conversazioni riportate alle pagg. da 21 a 46, poi riprese, con riferimento a quelle più significative, alle pagg. da 63 a 79);
c) dalle dichiarazioni, plurime e convergenti, dei collaboratori di giustizia che indicano S sia come amico di G P, con cui condivide il vizio del gioco, sia come persona di fiducia della famiglia P, di cui gestisce le attività imprenditoriali nel settore dell'edilizia sia in Italia che in Sgna (P pagg. 14-16;
V pagg. 17-18;
D'Ausilio pagg. 18-19 D L pag. 18), conoscendo e frequentando gli affiliati oltre che intessendo rapporti imprenditoriali con il clan Nuvoletta a Marano;
d) dall'esame dell'imputato che ammette di essere stato chiamato da P per investire su attività immobiliari e di avere portato denaro contante dall'Italia alla Sgna in auto (pagg. 19-20). Sulla base di questo materiale probatorio, non posto in discussione, nella sua oggettiva rappresentazione, né dalla difesa né dalle sentenze di annullamento della Corte di cassazione, la Corte di appello di Napoli conclude, con argomenti coerenti e logici, per la sussistenza della condotta partecipativa di S nel clan P con il ruolo di imprenditore a disposizione nel reinvestimento di capitali illeciti in affari imprenditoriali leciti.

3.11 primo motivo è manifestamente infondato.

3.1. Nel corso delle plurime impugnazioni, tali da investire per tre volte la Corte di appello di Napoli e per due volte la Corte di cassazione, la questione della violazione del diritto di difesa e del contraddittorio per genericità della contestazione viene posta per la prima volta in questa sede. Si tratta di un motivo privo di fondamento perché è proprio il percorso processuale, con le sue 4 sentenze di merito e 2 di legittimità, a dimostrare l'ampia attuazione dei diritti costituzionali e processuali richiamati dal ricorrente e lo sviluppo difensivo in relazione sia al ruolo di partecipe dell'associazione di stampo mafioso, che di quello di concorrente esterno. Secondo la giurisprudenza di questa Corte detti ruoli non costituiscono due diverse ipotesi delittuose, ma distinte modalità della partecipazione criminosa quando il fatto materiale contestato resti identico, come nella specie (Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258138). Nel caso in esame, infatti, l'imputazione, priva di genericità, ha descritto S quale imprenditore al servizio del sodalizio camorristico, e non di concorrente esterno in relazione a specifiche attività immobiliari, questione con cui il ricorso si è variamente confrontato negli anni, sia in fatto che in diritto, così da non avere determinato alcuna lesione dell'effettività della difesa che si è sempre svolta sulla condotta partecipativa. Ne consegue che l'imputato non è stato condannato per fatti ontologicamente diversi da quelli oggetto dell'addebito atteso che, in conformità con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve tenersi conto non solo del fatto descritto nell'imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza di S e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione sicché, ciò che vale, è che questi si sia potuto difendere sull'intero materiale posto a fondamento della decisione e gli sia stato garantito un equo processo (Sez. 2, n. 29248 del 26/04/2018, P, Rv. 272947;
Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258138).
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