Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/10/2022, n. 29996

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/10/2022, n. 29996
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29996
Data del deposito : 13 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

e etc\ 2k SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 31181/2018 R.G., proposto DA la "AZIMUT S.r.l.", con sede in Pescara, in persona dell'amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. M B, con studio in Pescara, elettivamente domiciliata presso l'Avv. Quirino D'Angelo, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introcluttivo del presente procedimento;
RICORRENTE CONTRO l'Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, in qualità di incorporante l'Agenzia del Territorio ai sensi dell'art. 23-quater, comma 1, del D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito, cori modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012 n. 135, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE AVVERSO la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche il 26 marzo 2018 n. 165/04/2018;
dato atto che la causa è decisa in camera di consiglio ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 dicembre 2020 n. 176, in virtù della proroga disposta dall'art. 16, comma 3, del D.L. 30 dicembre 2021 n. 228, convertito, con modific:azioni, dalla Legge 25 febbraio 2022 n. 15, non essendo stata fatta richiesta di discussione orale;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22 settembre 2022 dal Dott. G L S;

FATTI DI CAUSA

La "AZIMUT S.r.l." ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche il 26 marzo 2018 n. 165/04/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di avviso di rettifica di rendita catastale in via di autotutela (dall'importo di € 8.294,30 all'importo di € 34.228,20), in relazione ad un fabbricato sito in Ancona alla Via Giulio Pastore s.n., di cui essa è proprietaria, ha accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona 1'11 giugno 2015 n. 758/01/2015, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che l'efficacia dell'atto impositivo decorresse dal 31 agosto 1999, cioè dalla data dell'ultima variazione della rendita catastale, che era stata calcolai:a sulla base di un'erronea rappresentazione planimetrica della superficie dell'immobile. Il ricorso è affidato a cinque motivi.L'Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, eccependo, tra l'altro, la tardività del ricorso originario della "AZIMUT S.r.l.". Con conclusione scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso. In prossimità dell'adunanza camerate, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ..

MOTIVI DI RICORSO

1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata «per contraddittorietà della motivazione con riguardo al presupposto giustificativo dell'irretroattività della nuova rendita», verosimilmente, per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato incongruentemente ritenuto dal giudice di appello che la revisione della rendita fosse stata operata, per un verso, in considerazione di un raffronto comparativo con le rendite di immobili limitrofi e, per altro verso, in ragione della correzione di un errore commesso nell'individuazione della superficie al momento del classamento originario dell'immobile.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. :360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la revisione della rendita fosse derivata dalla correzione di un errore commesso dall'amministrazione finanziaria nell'originario classamento dell'immobile, senza verificare la veridicità di tale asserzione.

3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Legge 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l'atto impositivo contenesse una motivazione esaustiva con riguardo all'esame degli elementi rilevanti per la revisione della rendita, là dove, invece, esso non forniva alcuna indicazione dell'errore commesso nel computo della superficie in occasione del classamento originario dell'immobile.

4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, con riferimento all'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l'atto impositivo fosse munito di adeguata motivazione con riguardo all'esposizione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto, senza tener conto dell'integrazione tardivamente fattane in sede giudiziale dall'amministrazione finanziaria con riguardo all'errore commesso nell'individuazione della superficie in occasione del classamento originario dell'immobile, che non era stato indicato al momento della revisione della rendita.

5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 21-novies della Legge 7 agosto 1990 n. 241 (quale introdotto dall'art. 14, comma 1, della Legge 11 febbraio 2005 n. 15), in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l'atto impositivo fosse stato emanato in presenza dei presupposti per l'esercizio dell'autotutela, non essendo stato verificata la sussistenza dell'errore giustificativo e non essendo stato considerato l'affidamento sulla correttezza della vecchia rendita a distanza di oltre quindici anni dalla sua attribuzione. RAGIONI DELLA DECISIONE1. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso originario della contribuente, che è stata proposta soltanto in questa sede dall'amministrazione finanziaria. A dire di quest'ultima, l'impugnazione dell'atto impositivo sarebbe tardiva, essendo stata proposta soltanto il 24 luglio 2014, là dove il dies a quo per la decorrenza del termine previsto dall'art. 21, comma 1, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546 era costituito dal 10 maggio 2014, in coincidenza con la scadenza di dieci giorni (per la compiuta giacenza ex art. 8, comma 4, della Legge 20 novembre 1982 n. 890) dalla comunicazione di avvenuto deposito del plico presso l'ufficio postale (a causa dell'irreperibilità della destinataria) il 30 aprile 2014, per cui la scadenza del sessantesimo giorno era ormai maturata sin dal 9 luglio 2014. 1.1 Invero, è pacifico che, in tema di notificazione dell'atto impositivo effettuata a mezzo posta direttamente dall'Ufficio finanziario, al fine di garantire il bilanciamento tra l'interesse del notificante e quello del notificatario, deve farsi applicazione in via analogica della regola dettata dall'art. 8, comma 4, della Legge 20 novembre 1982 n. 890, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell'avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, decorrendo da tale momento il termine per l'impugnazione dell'atto notificato (tra le tante: Cass., Sez. 6"- 5, 2 giugno 2016, n. 2047;
Cass., Sez. 6'-5, 10 agosto 2017, n. 19958;
Cass., Sez. 6^-5, 10 agosto 2017, n. 19958;
Cass., Sez. 6^-5, 20 febbraio 2018, n. 4049;
Cass., Sez. 5^, 8 marzo 2019, n. 6857;
Cass., Sez. 5^, 28 maggio 2020, n. 10131;
Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34250;
Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2022, n. 12494;
Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2022, n. 23431).

1.2 Tuttavia, in tema di contenzioso tributario, sebbene l'inammissibilità per tardività del ricorso originario sia rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, tuttavia, la relativa eccezione non può essere sollevata per la prima volta innanzi al giudice di legittimità, allorché il suo esame implichi un accertamento in fatto, rimesso al giudice di merito (Cass., Sez. 5^, 30 dicembre 2010, n. 26391;
Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2011, n. 7410;
Cass., Sez. 6^-5, 12 marzo 2012, n. 3903;
Cass., Sez. 5^, 10 ottobre 2014, n. 21442;
Cass., Sez. 5", 19 agosto 2020, n. 17363;
Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2021, n. 14727;
Cass., Sez. 6^-5, 14 gennaio 2022, n. 587;
Cass., Sez. 5^, 7 aprile 2022, n. 11338). Dunque, non è consentita, in sede di legittimità, la proposizione di nuove questioni di diritto - anche se rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio - quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto (come l'esame di documenti) di regola preclusi alla Corte di Cassazione e, nella specie, riguardanti la notifica dell'atto impositivo in relazione alla data d'inoltro del ricorso in prime cure ai fini dell'osservanza, o meno, del termine di legge per l'impugnazione (Cass., Sez. 5^, 19 agosto 2020, n. 17363;
Cass., Sez. 6^-5, 14 gennaio 2022, n. 587). Per cui, l'inammissibilità deriva dall'esigenza di operare un accertamento di fatto su un elemento antecedente e, quindi, esterno all'ambito strettamente processuale, che, pertanto, esula dalla cognizione piena del giudice dli legittimità sugli errores in procedendo.

1.3 Per il resto, il primo motivo è infondato.

1.4 Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell'atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5", 30 aprile 2020, n. 8427;
Cass,., Sez. 6A-5, 15 aprile 2021, n. 9975). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione" o di "motivazione perplessa e incomprensibile", allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art.111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. l", 30 giugno 2020, n. 13248;
Cass., Sez. 6"-5, 25 marzo 2021, n. 8400;
Cass., Sez. 6"-5, 7 aprile 2021, n. 9288;
Cass., Sez. 5", 13 aprile 2021, n. 9627). In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196;
Cass., Sez. 6"-5, 14 aprile 2021, n. 9761;
C:ass., Sez. 5A, 26 novembre 2021, n. 36831;
Cass., Sez. 6"-5, 14 dicembre 2021, n. 39885;
Cass., Sez. 5", 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220).
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