Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/12/2012, n. 23464

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In tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, non viola i limiti esterni della giurisdizione amministrativa e non è, quindi, impugnabile per cassazione il decreto presidenziale emesso in conformità al parere del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego non contrattualizzato. (Nella specie, applicando il principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso del Consiglio Superiore della Magistratura per la cassazione del decreto presidenziale che, recependo il parere del Consiglio di Stato, aveva annullato la delibera di revoca della dispensa dal servizio di un magistrato per motivi di salute).

In tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la decisione presidenziale conforme al parere del Consiglio di Stato ripete dal parere stesso la natura di atto giurisdizionale in senso sostanziale, come tale impugnabile in cassazione per motivi di giurisdizione, atteso che l'art. 69 della legge n. 69 del 2009 - che rende vincolante il parere del Consiglio di Stato e legittima l'organo consultivo a sollevare questione incidentale di legittimità costituzionale - e l'art. 7 del d.lgs. n. 104 del 2010 - il quale ammette il ricorso straordinario per le sole controversie sulle quali vi è giurisdizione del giudice amministrativo - evidenziano l'avvenuta "giurisdizionalizzazione" dell'istituto.

Il Consiglio Superiore della Magistratura non è un'amministrazione dello Stato in senso stretto, trattandosi dell'organo di autogoverno di un ordine autonomo e indipendente, nonché del potere dello Stato investito delle funzioni di cui all'art. 105 Cost., sicché esso può ricorrere, per il patrocinio difensivo, al libero foro, non essendo ciò incompatibile con l'ordinario sistema della difesa in giudizio della P.A., affidata all'Avvocatura dello Stato dall'art. 5 del r.d. n. 1611 del 1933. La facoltà del Consiglio Superiore della Magistratura di ricorrere al foro libero senza attivare la complessa procedura di deroga prevista dall'art. 5 citato consente, inoltre, di evitare che, nei giudizi in cui sia parte anche il Ministro della Giustizia (come quello di specie), l'Avvocatura dello Stato debba rappresentare entrambe le parti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/12/2012, n. 23464
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23464
Data del deposito : 19 dicembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente f.f. -
Dott. T R M - Presidente Sez. -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. A G - rel. Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9132/2012 proposto da:
CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, in persona del Vice Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato 437 in ROMA, VIA

TARVISIO

2, presso lo STUDIO FARSETTI - AMOROSO, rappresentato e difeso dall'avvocato V G, per delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
M F, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

GRACCHI

278, presso lo studio dell'avvocato G C, rappresentato e difeso dall'avvocato R V, per delega in calce al controricorso;



- controricorrente -


e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;



- intimato -


avverso il decreto del Presidente della Repubblica, emesso il 20/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2012 dal Consigliere Dott. G A;

uditi gli Avvocati Giovanni VERDE, Gianpaolo RUGGIERO per delega dell'avvocato Vincenzo Romano;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso per inqualificabilità di una questione di giurisdizione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Il Dott. Francesco M, magistrato assoggettato a procedimento disciplinare ed inizialmente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio con ordinanza della Sezione Disciplinare del Consiglio superiore della magistratura dell'11 aprile 2008, chiedeva, con istanza del 27 novembre 2009, di essere dispensato dal servizio con riconoscimento del diritto a pensione di inabilità o, in subordine, a pensione normale.
In data 16 febbraio 2010 veniva riconosciuto dalla commissione medica di verifica di Brindisi "inabile permanentemente ed in modo assoluto al servizio d'istituto", perché affetto da "depressione maggiore in trattamento HBV-BPLO - cardiopatia ipertensiva ed aneurisma aorta discendente - adenoma tiroideo - calcolosi renale". Il C.S.M., con delibera del 17 novembre 2010, assentiva la dispensa dal servizio del Dott. M "in quanto inabile permanentemente ed in modo assoluto al servizio di istituto" con decorrenza "dal giorno in cui avverrà la comunicazione all'interessato del decreto con il quale il Ministro della giustizia recepirà la presente delibera consiliare".
Pressoché contestualmente però, con sentenza dell'11 dicembre 2009 - 15 marzo 2010, n. 43, la Sezione Disciplinare del C.S.M. applicava al Dott. M la sanzione disciplinare della rimozione dall'ordine giudiziario.
Con nota 20 dicembre 2010 n. 0129504U il Ministro della giustizia formulava osservazioni sulla suddetta delibera del 17 novembre 2010 del C.S.M., in particolare per la parte in cui essa dispensava dal servizio per motivi di salute un magistrato già sospeso dal servizio e che dopo poco (l'11 dicembre 2009), all'esito del procedimento disciplinare, era stato rimosso dal servizio con sentenza della Sezione Disciplinare, ancorché non passata in giudicato perché impugnata con ricorso per cassazione. La nota invitava il C.S.M. a riconsiderare la possibilità che la dispensa dal servizio per invalidità potesse applicarsi a magistrato sospeso dal servizio e poi rimosso.
Con delibera del 12 gennaio 20 U il C.S.M., considerato che la nota del Ministro della giustizia perseguiva il fine di una eventuale revoca o modifica della precedente delibera del 17 novembre 2010, revocava intanto, in via di autotutela, la delibera di dispensa dal servizio del Dott. M, assunta il 17 novembre 2010, al fine di esaminare se, in concreto, l'accertamento della impossibilità di svolgere le funzioni di magistrato potesse essere effettuato con riferimento al periodo in cui il magistrato era impossibilitato ad esercitare le sue funzioni per ragioni disciplinari e sospendeva la trattazione della pratica in attesa della definizione del ricorso in cassazione proposto dal Dott. M contro la sentenza con la quale gli era stata inflitta la sanzione della rimozione dall'ordine giudiziario.


2. Contro tale determinazione insorgeva il Dott. M con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica del 26 gennaio 2011, chiedendone la sospensione cautelare degli effetti e deducendo: a) incompetenza del C.S.M. alla sua adozione, in quanto l'organo aveva esaurito il suo potere con l'adozione del provvedimento di dispensa dal servizio per inabilità;
b) difetto di motivazione, visto che non erano esplicitati i nuovi presupposti di fatto ed i nuovi motivi di pubblico interesse che la giustificano;
c) motivazione perplessa e contraddittoria;
d) mancata comunicazione dell'avvio del procedimento e quindi violazione del principio di partecipazione dell'interessato al procedimento amministrativo;
e) erronea valutazione del principio della reciproca autonomia del procedimento disciplinare e del procedimento di dispensa dal servizio.
In data 18 aprile 2011 un nuovo ricorso straordinario era proposto dal Dott. Francesco M, che impugnava il silenzio serbato dal Ministro della giustizia sulla propria istanza del 31 marzo 2011 intesa ad ottenere l'emissione dei decreti ministeriali attuativi delle delibere del C.S.M. del 17 novembre 2010 di dispensa dal servizio per infermità e del 12 gennaio 2011 di revoca di questa deliberazione.


3. Intanto le Sezioni Unite di questa Corte di cassazione con sentenza del 31 maggio 2011, n. 11964, rigettavano il ricorso proposto dal Dott. M contro la menzionata sentenza della Sezione Disciplinare del C.S.M., che aveva inflitto la sanzione disciplinare della rimozione dall1 ordine giudiziario.

4. Il 20 luglio 2011 il C.S.M. deliberava di non doversi procedere in ordine alla domanda del Dott. M di dispensa dal servizio ai sensi del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, art. 3, e di liquidazione della pensione diretta di inabilità, essendo stato l'interessato già rimosso dall'ordine giudiziario con sentenza della Sezione Disciplinare divenuta definitiva.


5. Il 28 luglio 2011 il ricorrente presentava motivi aggiunti al ricorso straordinario impugnando anche la menzionata delibera del C.S.M. del 20 luglio 2011 ed inoltre, in data 18 agosto 2011, depositava una memoria difensiva insistendo per l'accoglimento dei ricorsi straordinari.


6. Il Consiglio di Stato, in sede consultiva, nell'adunanza del 26 ottobre 2011, esprimeva il parere che i ricorsi straordinari proposti dal Dott. M dovessero essere riuniti e accolti, con annullamento dell'impugnata delibera del Consiglio superiore della magistratura del 12 gennaio 2011 di revoca della dispensa in precedenza assentita dallo stesso C.S.M..
Il Presidente della Repubblica con decreto del 20 gennaio 2012, emesso su proposta del Ministro della giustizia, riuniva i ricorsi e li accoglieva recependo integralmente il contenuto del parere del Consiglio di Stato.


7. Avverso il decreto presidenziale che ha deciso i ricorsi straordinari ricorre per cassazione il Consiglio Superiore della Magistratura.
Resiste con controricorso il Dott. M.
Il Ministero della giustizia intimato non ha svolto difesa alcuna. Il C.S.M. ricorrente ed il resistente Dott. M hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il ricorso, recante un'unica articolata censura, il C.S.M. chiede la cassazione del decreto presidenziale impugnato "ai sensi dell'art. 362 c.p.c., e art. 110 c.p.a. in relazione all'art. 111 Cost., u.c.". In particolare il C.S.M. ricorrente invoca la pronuncia di questa Corte (Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065), secondo cui "in rapporto al decreto di accoglimento di ricorso straordinario, il configurarsi come giudicato può essere discusso in questa sede come questione di giurisdizione ai sensi dell'art. 362 c.p.c.". Questo arresto giurisprudenziale - secondo la difesa del C.S.M. - induce a ritenere che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sia ormai da considerarsi "giurisdizionalizzato" e che quindi il decreto presidenziale che lo decide abbia efficacia tipica di un provvedimento giurisdizionale con conseguente ammissibilità non solo del giudizio di ottemperanza (come ritenuto dalla pronuncia citata), ma anche del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 362 c.p.c., comma 1. Il decreto presidenziale infatti costituisce una decisione
idonea a formare il giudicato ed è pertanto impugnabile, in quanto tale, con il ricorso straordinario di cui all'art. 111 Cost., comma 8, e art. 362 c.p.c., comma 1, per motivi attinenti alla
giurisdizione.
Nella specie il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha affermato - erroneamente, secondo la difesa del C.S.M., così travalicando i limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo in materia - di non essere vincolato alla pronuncia di questa Corte (Cass., sez. un., 31 maggio 2011, n. 11964) di rigetto del ricorso proposto dal Dott. M avverso la decisione della Sezione Disciplinare n. 43 del 2010 di rimozione dall'ordine giudiziario, a seguito della quale si era formato il giudicato in ordine alla causa di cessazione del rapporto di impiego (i.e. sanzione disciplinare e non già sopravvenuta inidoneità fisica del magistrato). Quindi il Consiglio di Stato - e conseguentemente anche il decreto presidenziale che ha provveduto in conformità - ha violato le regole della giurisdizione e tale vizio è deducibile ai sensi dell'art. 362 c.p.c., comma 1. 2. Vanno respinte innanzi tutto le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso sollevate dal controricorrente: il decreto presidenziale impugnato è in copia conforme rilasciata dal Ministro della giustizia;
è stata depositata l'istanza di trasmissione del fascicolo;
il C.S.M. è legittimato ad impugnare il decreto presidenziale - e con esso il parere vincolante del Consiglio di Stato che fa corpo con il decreto stesso - per aver esso annullato una delibera del Consiglio;
la procura rilasciata dal vice-Presidente del C.S.M. ad un avvocato del libero foro, abilitato al patrocinio innanzi a questa Corte, legittima quest'ultimo alla sottoscrizione del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 365 c.p.c.. In particolare, quanto a quest'ultima eccezione, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., 21 febbraio 1997, n. 1617) che - in riferimento al disposto del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 5, che ammette che la difesa della
Pubblica Amministrazione possa essere affidata ad un avvocato del libero foro, anziché all'Avvocatura dello Stato, solo per ragioni eccezionali e sulla base di un prescritto formale procedimento - ha affermato che il Consiglio Superiore della Magistratura non può considerarsi come Amministrazione dello Stato in senso stretto, poiché è l'organo di autogoverno di un ordine autonomo e indipendente (nonché - può aggiungersi - costituisce potere dello Stato "in quanto organo direttamente investito delle funzioni previste dall'art. 105 Cost." come riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale: cfr. Corte cost., ord., n. 116 del 2005), sicché il ricorso, da parte di esso, per il suo patrocinio difensivo, al foro libero, non è incompatibile con l'ordinario sistema della difesa in giudizio della Pubblica Amministrazione. Ed ha ulteriormente rilevato che, ove parte in giudizio sia anche il Ministro di Grazia e Giustizia, vale a dire una Amministrazione difesa per legge dalla Avvocatura dello Stato, se al Consiglio Superiore non si riconoscesse la possibilità di rivolgersi al foro libero (se non mediante la macchinosa procedura previste dal R.D. n. 1611 del 1933 cit., art. 5, comunque non dipendente dalla sua volontà), entrambe le parti dovrebbero essere tutelate dallo stesso difensore. Considerazione questa pertinente anche nella specie che parimenti vede come parte intimata in questo giudizio di cassazione il Ministro della giustizia.
Deve quindi riconoscersi la facoltà del Consiglio Superiore, esercitabile anche al di fuori della procedura di deroga prevista dall'art. 5 cit., di rivolgersi al libero foro per il patrocinio in giudizio.

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