Cass. pen., sez. III, sentenza 27/04/2023, n. 17397

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 27/04/2023, n. 17397
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17397
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. V D, nato a Fivizzano il 08/05/1961 2. C U, nato a Cagliari il 27/11/1960 avverso la sentenza del 01/03/2022 della Corte d'appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere A C;
udito il Pubblico Ministero in persona dell'Avvocato generale P F, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito, per il ricorrente D V, l'avvocato F C, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 10 marzo 2022, la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma, per quanto di interesse in questa sede, ha: -) confermato nei confronti di D V la dichiarazione di non doversi procedere per estinzione per prescrizione del reato/ ,dii di cui all'art. 7, secondo e terzo comma, legge n. 195 del 1974, e 4, primo comma, legge n. 689 del 1981, fino al 10 luglio 2009 (capo B);
-) dichiarato nei confronti del medesimo D V di non doversi procedere per estinzione per prescrizione del reato di cui all'art. 7, secondo e terzo comma, legge n. 195 del 1974, e 4, primo comma, legge n. 689 del 1981, per i fatti successivi al 10 luglio 2009 (ancora capo B), in riforma della sentenza di condanna in primo grado;
-) confermato nei confronti di U C la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato di cui all'art. 323 cod. pen. (capo G). Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito: -) D V avrebbe commesso fatti sussumibili nella fattispecie di finanziamento illecito per aver percepito la somma di 800.000,00 euro, versata in più rate, corrisposte tra il 5 giugno 2009 ed il 24 dicembre 2009, allorché egli era membro del Parlamento in carica, mediante erogazioni formalmente effettuate in favore della "S.T.E. s.p.a.", di cui era l'effettivo dominus, sulla base di contratti simulati e privi di causa, con fondi provenienti dal patrimonio delle società "Ris Real Estate s.r.l.", "Building s.r.l.", "Sardinia Renewable Energy Project s.r.l." e "Glasspack s.r.l.", in difetto di deliberazione dell'organo societario e di regolare iscrizione dei contributi nel bilancio delle società concedenti;
-) U C avrebbe commesso fatti sussumibili nella fattispecie di abuso d'ufficio per avere, nella qualità di presidente della Giunta regionale della Sardegna, concorso a deliberare la nomina di I F alla carica di direttore generale dell'

ARPA

Sardegna, senza alcuna effettiva valutazione di merito comparativa, in violazione, in particolare, dell'art. 10 della legge reg. Sardegna n. 6 del 2006, prevedente, per tale nomina, l'adozione di una procedura ad evidenza pubblica.

2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe D V, con atto a firma degli avvocati F C e Marco Rocchi, e U C, con atto a firma dell'avvocato Guido Manca-Bitti.

3. Il ricorso di D V è articolato in due motivi.

3.1. Con il primo motivo, si denuncia erronea applicazione della legge penale, in riferimento agli artt. 7 legge n. 195 del 1974 e 4 legge n. 659 del 1981, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata assoluzione dell'imputato perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Si deduce, in primo luogo, che la Corte di appello ha applicato illegittimamente la disposizione di cui all'art. 7 legge n. 195 del 1974, in quanto, per la configurabilità di tale reato, i finanziamenti debbono essere devoluti a 2 A partiti politici o a loro articolazioni politico-organizzative, mentre la "S.T.E. s.p.a.", soggetto beneficiario dei contributi, non è assimilabile ad un'organizzazione politica, e pertanto l'eventuale estensione della portata applicativa di tale previsione incriminatrice darebbe vita ad un'analogia in malam partem, vietata nell'ordinamento penalistico. Si rileva, inoltre, che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto il finanziamento effettuato a favore della "S.T.E. s.p.a." produttivo di un ingiusto vantaggio patrimoniale per il ricorrente, nella sua qualità di socio e dominus dell'impresa, in quanto il medesimo, dalla sua partecipazione alla indicata società, ha ricavato solo debiti che lo hanno costretto a rilasciare la sua fideiussione per compensare le perdite societarie. Si deduce, in secondo luogo, che la Corte di appello ha fatto un'applicazione errata anche della norma di cui all'art. 4 legge n. 659 del 1981, il cui comma sesto, letto in combinato disposto con l'art. 32 della legge n. 689 del 1981, rende evidente che il contributo erogato al singolo parlamentare non integra un fatto previsto dalla legge come reato, ma solo un illecito amministrativo. Si osserva, inoltre, che, secondo la stessa sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe beneficiato della somma ricevuta in qualità di socio e dominus della "S.T.E. s.p.a.", non, quindi, quale membro della Camera dei deputati.

3.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla omessa motivazione circa la consapevolezza, da parte dell'attuale ricorrente, della provenienza del contributo da società e del difetto delle necessarie deliberazioni degli organi sociali di queste ultime. Si deduce che la sentenza impugnata in motivazione si è concentrata esclusivamente sulla destinazione del contributo economico contestato, omettendo di confrontarsi con le censure formulate con l'atto di appello, le quali rilevavano l'assenza di prova circa la conoscenza da parte del ricorrente delle modalità con cui il denaro sarebbe stato procurato alla "S.T.E. s.p.a.". Si aggiunge che la sentenza impugnata ha anche omesso di motivare in merito al motivo di gravame evidenziante il difetto di conoscenza, da parte dei titolari delle società le quali avevano erogato le somme pervenute alla "S.T.E. s.p.a.", sulla destinazione delle stesse in favore di V o di enti a questo collegati. Si richiamano, in particolare, le deposizioni di due testimoni a dibattimento, dalle quali si evince che i titolari delle società da cui provenivano le somme ritenute costituire l'oggetto del finanziamento illecito, avevano erogato in favore di Flavio Carboni 7.250.000,00 euro nella convinzione che tale somma fosse destinata ad un progetto eolico da sviluppare in Sardegna, senza immaginare che una parte di quel denaro sarebbe stata destinata alla "S.T.E. s.p.a.". i/( 4. Il ricorso di U C è articolato in tre motivi.

4.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla affermazione di sussistenza del fatto ascritto all'attuale ricorrente. Si deduce che illegittimamente la Corte di appello ha omesso di rispondere al motivo di gravame con cui erano stati evidenziati la mancata violazione da parte dell'imputato dell'art. 10 legge Regione Sardegna n. 6 del 2006, nonché il rigoroso rispetto della disciplina normativa che regolava il procedimento di nomina del direttore generale dell'

ARPA

Sardegna. Si segnala che questo procedimento, come già rappresentato con l'atto di appello, era costituito da: -) una prima fase, ad evidenza pubblica, gestita da una commissione composta da dirigenti e funzionari pubblici con il compito di esaminare i titoli dei candidati al fine di formare un elenco di soggetti in possesso dei requisiti per essere scelti dalla Giunta regionale per lo specifico incarico di direttore generale;
-) una seconda fase nella quale la Giunta Regionale procedeva alla «scelta» del soggetto ritenuto più idoneo tra i candidati inseriti nell'elenco. Si sottolinea che il vocabolo «scelto», impiegato dall'art. 10, comma 2, legge reg. Sardegna n. 6 del 2006 esclude il dovere di individuare il nominando sulla base di «criteri oggettivi»;
l'unico vincolo attiene alla necessità di selezionare il nominando tra le persone incluse nell'elenco formato dalla commissione tecnica. Si precisa che la persona «scelta», l'ingegnere I F, era in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge, avendo anche ricoperto l'incarico di direttore dell'ARPA in sede provinciale, e che avverso la nomina non è stata proposta alcuna impugnazione. Si aggiunge che una conferma della natura fiduciaria della scelta relativa al direttore generale dell'

ARPA

Sardegna è inferibile dalla previsione della conferma o revoca della persona preposta a tale incarico entro i tre mesi successivi all'insediamento di una nuova Giunta Regionale, a norma del combinato disposto degli artt. 10, comma 8, legge reg. Sardegna n. 6 del 2006 e 28, comma 9, legge reg. Sardegna n. 31 del 1998. 4.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 323 cod. pen. e 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di abuso di ufficio. Si deduce che difettano sia la prova concernente l'elemento dell'ingiustizia dell'evento o del vantaggio, sia la prova del dolo intenzionale. In particolare, si osserva che l'ingiustizia del vantaggio del reato di abuso d'ufficio non si identifica nell'ingiustizia della condotta (si citano Sez. 6, n. 10133 del 17/02/2015, Scassellati, Rv. 262800-01, e Sez. 6, n. 17676 del 18/03/2016, Florio, Rv4 267171-01), e che, nella specie, la persona nominata, l'ingegner Farris, era persona altamente qualificata.

4.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 2, secondo comma, e 323 cod. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo al mancato rispetto della disciplina in tema di successione nel tempo di leggi penali. Si deduce che, a seguito della modifica introdotta dall'art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, è stato ristretto l'ambito applicativo dell'art. 323 cod. pen., determinando una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che lascino residuare margini di discrezionalità (si cita Sez. 6, n. 442 del 09/12/2020, dep. 2021, Garau, Rv. 280296-01). Si rileva che la norma della legge regionale che si assume violata è stata frutto di numerose interpretazioni, anche da parte della stessa Corte di appello di Roma, ed è pertanto da considerare fonte di una disciplina su cui residuano margini di discrezionalità.
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