Cass. civ., sez. V trib., sentenza 04/06/2019, n. 15198

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In tema di accise sul consumo di energia elettrica, le addizionali provinciali debbono rispondere ad una o più finalità specifiche previste dall'art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia UE, dovendosi evitare che le imposizioni indirette, aggiuntive rispetto alle accise armonizzate, ostacolino indebitamente gli scambi; pertanto, va disapplicata, per contrasto col diritto unionale, la disciplina interna di cui all'art. 6, comma 2, del d.l. n. 511 del 1988, conv. in l. n. 20 del 1989, avente come finalità una mera esigenza di bilancio degli enti locali, con conseguente non debenza delle addizionali medesime.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 04/06/2019, n. 15198
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15198
Data del deposito : 4 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Svolgimento del processo

La società contribuente ha impugnato davanti alla CT di Como il diniego di rimborso della somma corrispondente alle addizionali sulle accise corrisposte sui consumi di energia elettrica tra il maggio 2010 e il dicembre 2011.

La CT di Milano ha rigettato il ricorso della contribuente e la CT della Lombardia, con sentenza in data 3 giugno 2014, ha accolto l'appello, ritenendo che le addizionali sulle accise costituiscono tributo autonomo rispetto alle accise e si pongono in contrasto con la Direttiva 2008/118/CE, la quale all'art. 1, par. 2 esclude la possibilità per gli Stati membri di introdurre imposte indirette sulla produzione di prodotti già sottoposti ad accise comunitarie. Il giudice di appello non ha ritenuto che la applicazione delle addizionali risponda a finalità specifiche, se non quella di incrementare le entrate di bilancio dell'Ente locale Provincia. Dalla dedotta incompatibilità dell'imposta il giudice di appello ha affermato l'esistenza della legittimazione della società contribuente a richiedere il rimborso dell'imposta addizionale, in quanto tributo corrisposto prima dell'abolizione delle suddette addizionali provinciali avvenuta (per le Regioni a statuto ordinario) con il D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, art. 18, comma 5, a decorrere dall'anno 2012.

Propone ricorso l'Agenzia delle Dogane con un unico e pluriarticolato motivo di ricorso cui resiste con controricorso la società contribuente, la quale ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione



1 - Con l'unico motivo di ricorso l'Ufficio deduce cumulativamente violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 506, art. 14, nonchè del D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48 (attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise), nonchè del D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 18, comma 5. Il ricorrente rileva come il giudice di appello abbia statuito implicitamente circa la natura self executing della Direttiva 2008/118/CE, deducendo che erroneamente la CT abbia ritenuto trattarsi di un tributo autonomo, asserendo che l'addizionale va qualificata quale mero inasprimento del tributo principale (accisa), in quanto volta ad incidere unicamente sulla modulazione dell'aliquota. Deduce l'Ufficio ricorrente che l'addizionale ha natura unitaria rispetto all'accisa quanto al procedimento di accertamento e riscossione e ha, diversamente, natura autonoma rispetto al regime delle esenzioni;
deduce che, ove l'addizionale fosse tributo autonomo, incorrerebbe nel divieto di doppia imposizione. Richiama, a tal fine, l'interpretazione letterale del termine "addizionale", nonchè le finalità del tributo, avente lo scopo di assicurare le risorse agli enti locali. Contesta, infine, la parte di motivazione con la quale il giudice di appello ha negato l'esistenza di finalità specifiche dell'addizionale, ritenendo tali finalità specifiche nel finanziamento delle attività istituzionalmente curate dall'Ente Locale Provincia.



2 - Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.

2.1 - Inammissibile è la censura relativa alla violazione di

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