Cass. pen., sez. IV, sentenza 22/02/2023, n. 07606
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ADDIS GIOVANNI ANTONIO nato a BOSA il 04/10/2001 avverso l'ordinanza del 22/12/2021 del TRIB. LIBERTA di ORISTANOudita la relazione svolta dal Consigliere M C;lette le conclusioni del PG LUIGI ORSI RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 22 dicembre 2021 il Tribunale di Oristano, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. da G A A avverso il decreto della Procura di Oristano di convalida del sequestro probatorio datato 19 novembre 2021 di un capannone ed al suo interno di Kg. 242,5 di canapa semilavorata e 6232 piante di canapa in fase di essicazione, rinvenuti in un primo ambiente, e 603 Kg. di canapa semilavorata in fase di essicazione, rinvenuti in un secondo ambiente dello stesso capannone, in relazione al reato di cui &l' art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309. Ripercorrendo in sintesi i fatti oggetto del procedimento: il 19 novembre 2021, militari della G.d.F. di Nuoro, nel corso di un controllo fiscale, avevano effettuato l'accesso presso la sede operativa della SAP121 s.r.l.s. sita a Macomer, alla presenza del socio amministratore e legale rappresentante S B. Il capannone era risultato suddiviso in due aree distinte fra loro separate da una parete fissa e con accesi indipendenti: nella prima venivano rinvenute n. 6232 piante di canapa di tipologia verosimilmente sativa appese per l'essicazione e private dell'apparato radicale nonché alcune scatole di cartone contenenti Kg. 242,5 di parti di pianta del medesimo tipo oltre a diversi ventilatori utilizzati per l'essicazione;nella seconda parte venivano rinvenute disposte su teloni di plastica kg. 603 di canapa semilavorata anch'essa verosimilmente sativa, essiccata e parimenti privata del tronco centrale. Nell'immediatezza il Sanna riferiva di essere proprietario unitamente a Marco Giau delle piante stoccate nel primo ambiente, disconoscendo invece la paternità delle piante site nel secondo. Sul posto sopraggiungevano altresì G A A e Riccardo Cossu. Il primo esibiva la fattura n. 9 del 6.5.2021 emessa dalla Flower 2.0 s.r.l. nonché il contratto del 13.5.2021 concluso tra la società agricola RG Company e la Flower Farm s.r.l. e sei rapporti analitici richiesti dal committente Cossu Riccardo per conto della RG Company. Gli operanti procedevano al sequestro delle piante, misura che veniva tempestivamente convalidata dal Pubblico Ministero sul presupposto che la res costituisse corpo del reato di cui all'art. 73, comma 4, e 80, comma 2, d.p.r. n. 309 del 1990.Dagli esami effettuati sulle sostanze rinvenute emergeva un THC dello 0,06% (quella contenuta nella scatole), dello 0,96 (sostanza rinvenuta sul telo), dello 0,45 (sostanza di cui alla fila delle piante) dello 0,55, 0,24 e 0,58 per la sostanza rinvenuta nel secondo capannone. Il Tribunale del riesame ha ritenuto la sussistenza del reato di cui all'art.73, comma 4, d.p.r. n. 309 del 1990 posto che nella porzione n. 2 del capannone sono stati rinvenuti Kg. 603 di piante di canapa trattandosi, anche alla luce del contratto di somministrazione prodotto, di lavorazione non consentita sulle stesse finalizzata alla conservazione delle sole inflorescenze e non già alla raccolta per l'inserimento nelle filiere consentite. 2. Addis Giovanni Antonio, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame articolando sei motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen. per contrasto con l'art. 178 lett. c) cod. proc. pen. in relazione alla profonda e costante lesione dei diritti difensivi dell'indagato cui veniva impedita la difesa tecnica durante il sequestro, non veniva rivelato di essere iscritto nelle notizie di reato e veniva precluso di esaminare il corpo del reato unitamente al legale ed a un consulente tecnico sia prima che durante l'udienza di riesame. In particolare si assume che, quale proprietario di una parte del materiale, doveva essere chiamato da subito quale indagato e non già come testimone non potendo così nominare né un difensore, né un consulente tecnico. Inoltre i diritti difensivi dell'indagato sono stati lesi durante le attività di campionamento e di analisi. Aggiunge che il difensore si era rivolto alla segreteria del P.M. per poter visionare gli atti ma non aveva ricevuto risposta e censura l'ordinanza impugnata laddove ritiene che detta doglianza doveva essere proposta non già in sede di riesame ma al Gip. Lamenta inoltre la lesione dei diritti della difesa come affermati anche in sede europea. Esponeva inoltre che il diritto a preparare una difesa consapevole non poteva essere esercitato anche dopo il rinvio dell'udienza del riesame e malgrado questo il Tribunale del riesame aveva deciso il procedimento. Con il secondo motivo deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata e del sequestro probatorio ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen. a causa della 3 A P mancanza genetica delle esigenze probatorie mai esposte nel decreto di convalida e dell'indicazione che i beni sequestrati costituissero corpo del reato o cose ad esso pertinenti. Sostiene che la motivazione adottata dal Tribunale costituisce una mera formula di stile. Con il terzo motivo di ricorso deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata e del sequestro probatorio ex art. 325 cod.proc.pen. poiché effettuato al di là dei limiti fissati dalla giurisprudenza che lo riserva alla cannabis con valore percentuale THC superiore allo 0,6. Nella specie nessun sequestro poteva quindi essere disposto atteso che la percentuale di THC era al di sotto del limite stabilito dalla legge. Con il quarto motivo deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata e del sequestro probatorio ai sensi dell'art. 325 cosd.proc.pen. poiché fondati su elementi radicalmente inutilizzabili come le dichiarazioni ed il contratto ed i documenti ottenuti dal ricorrente il 19 novembre 2021, sebbene allo stesso non fosse stata resa nota la qualità di persona sottoposta alle indagini. Con il quinto motivo deduce l'illegittimità dell'ordinanza impugnata e del decreto di convalida del sequestro probatorio ai sensi dell'art. 325 cod.proc.pen. per contrasto con gli artt. 2 e ss. I. 2 dicembre 2016 n. 242. Si rileva che, come emerge dagli atti di P.G., nella porzione n. 2 del capannone vi era solo una primissima lavorazione consistente nell'asportazione del tronco centrale, non potendo quindi ravvisarsi una lavorazione vietata che presuppone invece la separazione e l'estrazione delle inflorescenze. Con il sesto motivo deduce che l'ordinanza impugnata ha posto in essere un'indebita supplenza motivazionale con riguardo al lacunoso decreto di convalida del sequestro.
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