Cass. pen., sez. V, sentenza 09/03/2023, n. 09978
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: P GUSEPPE nato a SERSALE il 31/05/1970 avverso la sentenza del 09/03/2022 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere A G;
lette/sentite le conclusioni del PG FRANCESCA CERONI udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con sentenza pronunciata il 9.3.2022 la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato, tra gli altri, da P G, avverso la sentenza con cui la corte di appello di Catanzaro, in data 16.11.2020, aveva confermato la condanna del suddetto P alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 513 bis, c.p., 7, I. n. 203/91, in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la menzionata sentenza della Suprema Corte P G ha proposto ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ex art.625 bis c.p.p. Osserva il difensore del ricorrente che il P G, unitamente al fratello G, era stato assolto dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro, in sede di giudizio abbreviato, dal reato ex art. 513 bis, c.p., di cui al capo 26 bis) dell'imputazione, per avere, in concorso con altri soggetti, compiuto atti di concorrenza mediante minacce esplicite e violenza, consistita nell'avere percosso F A e S M, al fine di riservare la vendita di bombole di gas ai sodali della cosca di stampo mafioso dei T nel territorio di riferimento, laddove gli stessi imputati, con la medesima sentenza erano stati condannati per l'estorsione di cui al capo 26), consumata sempre in concorso con le medesime persone in danno di F e S, al fine di costringere questi ultimi a non esercitare la propria attività di rivendita di bombole di gas nel comune di Cropani, controllato dall'indicato sodalizio. L'assoluzione, passata in giudicato perché il pubblico ministero non aveva impugnato sul punto la sentenza di primo grado, era stata motivata dalla circostanza che, come emergeva dal contenuto della conversazione intercettata n. 347 del 7.2.2014, erano stati F e S ad agire per impedire ai P di vendere le bombole di gas nel comune di Sersale, mentre dalla successiva conversazione n. 390 del 9.2.2014 si desumeva che, in ragione dello "sgarbo" di cui si erano resi protagonisti, ai suddetti F e S, nel corso di un incontro al quale aveva partecipato lo stesso T e al quale pacificamente non avevano preso parte i P, era stato intimato loro di non svolgere la loro attività nei comuni serviti dai T e, in particolare, all'interno del "Villaggio Carrao". Con sentenza del 16.11.2020, tuttavia, la corte di appello di Catanzaro, previa diversa qualificazione del fatto di cui al capo n. 26) nel reato ex art. 513 bis, c.p., condannava entrambi i fratelli P per tale reato, senza considerare l'intervenuta assoluzione, passata in giudicato, per il fatto di cui al capo n. 26 bis). Sul punto la difesa dei P aveva proposto ricorso per cassazione, evidenziando come l'asserita riconducibilità ad unitarietà delle condotte di cui ai capi n. 26) e n. 26 bis), previa riqualificazione dell'estorsione nel reato di cui all'art. 513 bis, c.p., aggravato ex art. 7, I. n. 203/91, da cui i P erano già stati assolti, determinasse un'inammissibile violazione dell'intangibilità del giudicato, oltre a rappresentare una sostanziale reformatio in peius del provvedimento impugnato nei riguardi dei suddetti imputati. Sicché avrebbe commesso un vero e proprio errore percettivo la sezione della Suprema Corte
lette/sentite le conclusioni del PG FRANCESCA CERONI udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con sentenza pronunciata il 9.3.2022 la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato, tra gli altri, da P G, avverso la sentenza con cui la corte di appello di Catanzaro, in data 16.11.2020, aveva confermato la condanna del suddetto P alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 513 bis, c.p., 7, I. n. 203/91, in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la menzionata sentenza della Suprema Corte P G ha proposto ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ex art.625 bis c.p.p. Osserva il difensore del ricorrente che il P G, unitamente al fratello G, era stato assolto dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro, in sede di giudizio abbreviato, dal reato ex art. 513 bis, c.p., di cui al capo 26 bis) dell'imputazione, per avere, in concorso con altri soggetti, compiuto atti di concorrenza mediante minacce esplicite e violenza, consistita nell'avere percosso F A e S M, al fine di riservare la vendita di bombole di gas ai sodali della cosca di stampo mafioso dei T nel territorio di riferimento, laddove gli stessi imputati, con la medesima sentenza erano stati condannati per l'estorsione di cui al capo 26), consumata sempre in concorso con le medesime persone in danno di F e S, al fine di costringere questi ultimi a non esercitare la propria attività di rivendita di bombole di gas nel comune di Cropani, controllato dall'indicato sodalizio. L'assoluzione, passata in giudicato perché il pubblico ministero non aveva impugnato sul punto la sentenza di primo grado, era stata motivata dalla circostanza che, come emergeva dal contenuto della conversazione intercettata n. 347 del 7.2.2014, erano stati F e S ad agire per impedire ai P di vendere le bombole di gas nel comune di Sersale, mentre dalla successiva conversazione n. 390 del 9.2.2014 si desumeva che, in ragione dello "sgarbo" di cui si erano resi protagonisti, ai suddetti F e S, nel corso di un incontro al quale aveva partecipato lo stesso T e al quale pacificamente non avevano preso parte i P, era stato intimato loro di non svolgere la loro attività nei comuni serviti dai T e, in particolare, all'interno del "Villaggio Carrao". Con sentenza del 16.11.2020, tuttavia, la corte di appello di Catanzaro, previa diversa qualificazione del fatto di cui al capo n. 26) nel reato ex art. 513 bis, c.p., condannava entrambi i fratelli P per tale reato, senza considerare l'intervenuta assoluzione, passata in giudicato, per il fatto di cui al capo n. 26 bis). Sul punto la difesa dei P aveva proposto ricorso per cassazione, evidenziando come l'asserita riconducibilità ad unitarietà delle condotte di cui ai capi n. 26) e n. 26 bis), previa riqualificazione dell'estorsione nel reato di cui all'art. 513 bis, c.p., aggravato ex art. 7, I. n. 203/91, da cui i P erano già stati assolti, determinasse un'inammissibile violazione dell'intangibilità del giudicato, oltre a rappresentare una sostanziale reformatio in peius del provvedimento impugnato nei riguardi dei suddetti imputati. Sicché avrebbe commesso un vero e proprio errore percettivo la sezione della Suprema Corte
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