Cass. civ., SS.UU., ordinanza 11/11/2022, n. 33363

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 11/11/2022, n. 33363
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33363
Data del deposito : 11 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 15310-2021 proposto da: REGIONE ABRUZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

- ricorrente -

SASI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SESTO RUFO

23, presso lo studio dell'avvocato G E M, che la rappresenta e difende;
- controricorrente e ricorrente incidentale - nonchè

contro

ACEA S.P.A.;
- intimata - avverso la sentenza n. 78/2021 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 29/04/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2022 dal Consigliere D S. Ric. 2021 n. 15310 sez. SU - ud. 13-09-2022 -2-

FATTI DI CAUSA

Nell'anno 2006, L'ACEA s.p.a., titolare della concessione dei diritti di derivazione a scopo idroelettrico dalle acque del fiume Verde (in provincia di Chieti), convenne in giudizio innanzi al TRAP presso la Corte di Appello di Roma il Consorzio Comprensoriale Acquedottistico del Chietino e la SASI - Società Abruzzese per il Servizio Idrico Integrato s.p.a. (nella quale il primo era confluito dal dicembre 2002) per sentirli condannare al risarcimento dei danni in ragione della abusiva captazione di acque dal medesimo fiume a mezzo dell'acquedotto idropotabile da essi gestito, per il periodo 1992/2013. Con precedente sentenza n. 51/2006 del TSAP (passata in giudicato), la medesima ACEA aveva ottenuto la condanna del Ministero delle Infrastrutture e della Regione Abruzzo al risarcimento dei danni per l'abusiva captazione di acque (il primo per il periodo fino al 1984 e la seconda per il periodo successivo e fino al 31.12.1991). La SASI instò per la chiamata in causa della Regione Abruzzo, per sentire «accertare che la responsabilità dell'evento asseritamente dannoso [doveva] essere attribuita, in modo esclusivo o per lo meno parziale, alla Regione Abruzzo» che, nel 1993, aveva trasferito al Consorzio la gestione dell'acquedotto e, nel 1995, gli aveva ceduto anche la proprietà degli impianti di captazione. Il TRAP, con sentenza n. 6/2010, condannò la SASI al risarcimento del danno per il periodo 14.6.2001/30.7.2013, liquidandolo in euro 9.002.920,00, e dichiarò prescritto il credito per il periodo anteriore al quinquennio dalla richiesta risarcitoria (pervenuta il 14.6.2006);
rigettò, invece, la domanda proposta dalla convenuta nei confronti della Regione Abruzzo. In parziale accoglimento dell'impugnazione della SASI, il TSAP pronunciò sentenza non definitiva n. 117/2013 con cui considerò illecita la captazione soltanto sino al maggio 2010 (allorché era stata rilasciata, dalla Regione Abruzzo, l'autorizzazione alla sottensione per l'esercizio dell'acquedotto) e dichiarò inammissibile la domanda proposta nei confronti della Regione terza chiamata, ritenendo che spettasse alla giurisdizione amministrativa la tutela degli interessi pretensivi all'ottenimento del provvedimento di autorizzazione alla captazione per uso idropotabile;
all'esito di un'espletata c.t.u., con sentenza definitiva n. 16/2017, il TSAP condannò la SASI al pagamento di euro 6.063.361,00, oltre accessori. Entrambe le pronunce furono impugnate per cassazione. Nel corso del giudizio legittimità, l'ACEA e la SASI perfezionarono un accordo transattivo con cui venne convenuto il pagamento rateizzato del minor importo di euro 5.400.000,00. A fronte dell'accordo, la SASI dichiarò di rinunciare ai primi cinque motivi del ricorso (concernenti la posizione SASI/ACEA), insistendo invece per l'accoglimento dei motivi sesto e settimo (relativi alla posizione SASI/Regione Abruzzo). Con sentenza n. 23550/2019, questa Corte, preso atto dell'intervenuta rinunzia, dichiarò l'estinzione del giudizio fra la SASI e l'ACEA;
in relazione al sesto motivo (con cui era stata censurata la dichiarazione di inammissibilità della domanda proposta nei confronti della Regione Abruzzo), ritenne che la SASI avesse chiamato in giudizio la Regione Abruzzo per ottenere dalla stessa non già il ristoro della lesione della propria posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo sottesa alla procedura di rilascio della concessione per la captazione delle acque dal fiume Verde, bensì per farne valere la responsabilità per aver «costretto il Consorzio a proseguire suddetta attività illecita, trasferendo allo stesso, in malafede e in via autoritativa, la gestione e la proprietà delle opere di captazione pur in assenza della necessaria concessione, sottacendo addirittura al cessionario l'esistenza delle pretese risarcitorie dell'Acea», nonché per «la mancata adozione dei provvedimenti necessari per porre termine all'illecito, qual è il più volte sollecitato rilascio della concessione»;
concluse che, al di là dell'impropria denominazione di tale azione in termini di «rivalsa» e dell'equivoco riferimento nella domanda formulata nei confronti della Regione chiamata in causa all'essere tenuta «indenne», la ricorrente avesse «in realtà agito per far sostanzialmente valere la diretta responsabilità di quest'ultima in ordine alla captazione d'acqua de qua nella specie posta a fondamento della domanda risarcitoria nei suoi confronti proposta dalla società Acea s.p.a.»;
accolto pertanto il sesto motivo (con assorbimento del settimo), cassò la sentenza in relazione ad esso e rinviò al TSAP. Con sentenza n. 78/2021, il TSAP ha accolto l'appello della SASI «nei limiti di cui in motivazione» e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato «la Regione Abruzzo al risarcimento del danno in favore di S.A.S.I. s.p.a., liquidato nella somma di € 1.400.000, nonché in un importo pari ai due terzi di quanto a pari titolo sarà versato alla Acea s.p.a. negli anni dal 2021 al 2026, con gli interessi legali dal pagamento degli importi già corrisposti e, per quelli futuri, dalla data dei futuri pagamenti annuali»;
ha inoltre compensato le spese dell'intero giudizio. Il TSAP ha affermato che, sulla base dell'interpretazione condotta alla stregua dei canoni di cui all'art. 1362 e ss. c.c., la domanda proposta dalla SASI con la chiamata in causa della Regione costituisce «non un'azione di regresso avverso il condebitore solidale, ma un'autonoma azione risarcitoria collegata alla condotta propria della Regione», basata sull'«aver trasferito l'attività al Consorzio senza che esistesse la necessaria autorizzazione all'attività di captazione e senza rendere nota la circostanza» e -altresì- sul «non essersi attivata, in seguito, per il rilascio del titolo concessorio, pur reiteratamente richiesto dal Consorzio e dalla Sasi s.p.a.»;
dal che consegue che la SASI «imputa alla Regione Abruzzo la diretta causazione del danno lamentato a se stessa, e non all'originaria attrice Acea s.p.a., per i fatti suddetti posti in essere dalla Regione» e l'azione «trova fondamento nell'art. 2043 c.c., sulla base delle condotte asseritamente illecite, poste in essere dall'ente regionale».Quanto all'eccezione -sollevata dalla Regione- di improcedibilità della domanda di garanzia per sopravvenuta carenza di interesse (per il fatto che la pretesa della chiamante era stata condizionata all'accoglimento della domanda giudiziale della ACEA, mentre l'obbligo di pagamento era stato liberamente assunto mediante la transazione), il TSAP ha rilevato che «la domanda risarcitoria, inizialmente collegata a quanto sofferto da Sasi s,p.a. in ragione della eventuale condanna a risarcire, a sua volta l'Acea s.p.a., non ha mutato la sua natura e i suoi caratteri, relativamente alla causa petendi o al petitum, sol per essere la somma portata non dalla sentenza, ma da un atto transattivo: invero, permane il nesso causale tra il danno patito da Sasi s.p.a. in forza della condotta imputata alla Regione Abruzzo e la somma che quella è tenuta a pagare, restando sia la ragione, sia il quantum derivante dall'intervenuta transazione -salvo il caso di dolo, qui neppure dedotto- elementi integrativi dell'obbligo risarcitorio asseritamente
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