Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/12/2018, n. 33022
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Testo completo
e SENTENZA sul ricorso 28122-2016 proposto da: CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI C.F. 80059790586, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ANTONIO BERTOLONI
44/46, presso lo studio degli avvocati M P e G B, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
VALERIO MARINA LICIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
RICASOLI
7, presso lo studio dell'avvocato E R, rappresentata e difesa dall'avvocato A C, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1132/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 05/10/2016 R.G.N. 957/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/09/2018 dal Consigliere Dott. U B;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA' , che ha concluso per l'accoglimento salvo il profilo dei redditi da utilizzare per il calcolo della quota retributiva di pensione;
udito l'avvocato G B;
udito l'Avvocato A C.
Fatti di causa
Con sentenza del 5.10.2016, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del giudice del lavoro della stessa sede, ha accertato il diritto di V M L, quale erede di C A, all'applicazione del criterio del pro rata integrale nella liquidazione della pensione che sarebbe spettata al suo dante causa a decorrere dall'1.5.2004 ed ha condannato la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali al pagamento della somma di C 19.683,54 a titolo di differenza sulla pensione annua, oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo. Ha spiegato la Corte che nel caso in esame Antonio C aveva maturato il diritto alla pensione con decorrenza dall'1.5.2004 e, pertanto, la stessa doveva essere liquidata secondo quanto stabilito dall'art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l'applicazione rigorosa del principio del pro rata, risultando irrilevanti tanto la modifica apportata alla suddetta norma dalla legge n. 296 del 2006, quanto l'interpretazione data dall'art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013. Per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con tre motivi, cui resiste Marina Licia Valerio con controricorso. Le parti depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo la ricorrente denuncia la nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in conseguenza dell'omesso esame delle contestazioni sollevate nei precedenti gradi di giudizio in merito all'illegittimità dei criteri di calcolo proposti dal ragioniere C (art. 360 n.4 cod. proc. civ.) 1.a. Il motivo è infondato. Invero, non è ravvisabile il vizio di omessa pronunzia in quanto la Corte territoriale ha affermato che la somma quantificata nell'interesse del C non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa. Pertanto, a fronte di tale affermazione giudiziale, l'odierna ricorrente avrebbe dovuto indicare in maniera precisa e circostanziata le contestazioni mosse al metodo di calcolo proposto dalla controparte in modo da consentire di verificare se realmente la Corte di merito aveva omesso di pronunziarsi al loro riguardo e non limitarsi, invece, genericamente ad enunciare che erano state formulate delle contestazioni ai criteri di calcolo offerti dal rag. C alle quali la Corte non aveva dato risposta. In definitiva il motivo finisce per rivelarsi privo del requisito della autosufficienza che contraddistingue il giudizio di legittimità, in quanto dalla genericità dei rilievi in esso contenuti non è dato evincere se e in qual modo erano state effettivamente prospettate specifiche contestazioni ai conteggi offerti dalla controparte rispetto alle quali la Corte d'appello aveva omesso, come lamentato, di pronunziarsi, per cui l'impugnata decisione sfugge alla censura di omessa pronunzia, essendo stato, al contrario, affermato dai giudici d'appello che la somma, come quantificata nell'interesse di Antonio C, non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 3, comma 12, della legge n. 335/95 con riguardo alla riliquidazione del trattamento pensionistico del rag. C, assumendo che l'acritico accoglimento dei conteggi della controparte nulla aveva a che vedere con l'applicazione dei principio del pro rata invocato da quest'ultima, cioè quello di cui alla norma appena citata, così come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
2.a. Il motivo è infondato. Invero, non solo l'accusa di recepimento acritico dei conteggi della controparte è contraddetta dal fatto che la Corte territoriale li ha, in realtà, recepiti, ritenendoli non contestati in maniera specifica, ma è anche vanificata dalla contraddittoria tesi difensiva dell'odierna ricorrente che, dapprima ha richiamato in premessa le sentenze n. 18136 e n. 17742 del 2015 adottate
ANTONIO BERTOLONI
44/46, presso lo studio degli avvocati M P e G B, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
VALERIO MARINA LICIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
RICASOLI
7, presso lo studio dell'avvocato E R, rappresentata e difesa dall'avvocato A C, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1132/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 05/10/2016 R.G.N. 957/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/09/2018 dal Consigliere Dott. U B;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA' , che ha concluso per l'accoglimento salvo il profilo dei redditi da utilizzare per il calcolo della quota retributiva di pensione;
udito l'avvocato G B;
udito l'Avvocato A C.
Fatti di causa
Con sentenza del 5.10.2016, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del giudice del lavoro della stessa sede, ha accertato il diritto di V M L, quale erede di C A, all'applicazione del criterio del pro rata integrale nella liquidazione della pensione che sarebbe spettata al suo dante causa a decorrere dall'1.5.2004 ed ha condannato la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali al pagamento della somma di C 19.683,54 a titolo di differenza sulla pensione annua, oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo. Ha spiegato la Corte che nel caso in esame Antonio C aveva maturato il diritto alla pensione con decorrenza dall'1.5.2004 e, pertanto, la stessa doveva essere liquidata secondo quanto stabilito dall'art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l'applicazione rigorosa del principio del pro rata, risultando irrilevanti tanto la modifica apportata alla suddetta norma dalla legge n. 296 del 2006, quanto l'interpretazione data dall'art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013. Per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con tre motivi, cui resiste Marina Licia Valerio con controricorso. Le parti depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo la ricorrente denuncia la nullità dell'impugnata sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in conseguenza dell'omesso esame delle contestazioni sollevate nei precedenti gradi di giudizio in merito all'illegittimità dei criteri di calcolo proposti dal ragioniere C (art. 360 n.4 cod. proc. civ.) 1.a. Il motivo è infondato. Invero, non è ravvisabile il vizio di omessa pronunzia in quanto la Corte territoriale ha affermato che la somma quantificata nell'interesse del C non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa. Pertanto, a fronte di tale affermazione giudiziale, l'odierna ricorrente avrebbe dovuto indicare in maniera precisa e circostanziata le contestazioni mosse al metodo di calcolo proposto dalla controparte in modo da consentire di verificare se realmente la Corte di merito aveva omesso di pronunziarsi al loro riguardo e non limitarsi, invece, genericamente ad enunciare che erano state formulate delle contestazioni ai criteri di calcolo offerti dal rag. C alle quali la Corte non aveva dato risposta. In definitiva il motivo finisce per rivelarsi privo del requisito della autosufficienza che contraddistingue il giudizio di legittimità, in quanto dalla genericità dei rilievi in esso contenuti non è dato evincere se e in qual modo erano state effettivamente prospettate specifiche contestazioni ai conteggi offerti dalla controparte rispetto alle quali la Corte d'appello aveva omesso, come lamentato, di pronunziarsi, per cui l'impugnata decisione sfugge alla censura di omessa pronunzia, essendo stato, al contrario, affermato dai giudici d'appello che la somma, come quantificata nell'interesse di Antonio C, non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 3, comma 12, della legge n. 335/95 con riguardo alla riliquidazione del trattamento pensionistico del rag. C, assumendo che l'acritico accoglimento dei conteggi della controparte nulla aveva a che vedere con l'applicazione dei principio del pro rata invocato da quest'ultima, cioè quello di cui alla norma appena citata, così come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
2.a. Il motivo è infondato. Invero, non solo l'accusa di recepimento acritico dei conteggi della controparte è contraddetta dal fatto che la Corte territoriale li ha, in realtà, recepiti, ritenendoli non contestati in maniera specifica, ma è anche vanificata dalla contraddittoria tesi difensiva dell'odierna ricorrente che, dapprima ha richiamato in premessa le sentenze n. 18136 e n. 17742 del 2015 adottate
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