Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/09/2004, n. 18263

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Quando, dopo la proposizione dell'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, intervenga la sentenza del giudice di primo grado (il quale non abbia ritenuto di sospendere il giudizio di merito) e tale sentenza sia impugnata, con atto rituale e tempestivo, dalla parte interessata, la quale nuovamente proponga con il ricorso ordinario, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., la questione di giurisdizione che ha formato oggetto della detta istanza di regolamento, l'impugnazione ordinaria non è preclusa per la pendenza del procedimento incidentale di cui all'art. 41 cod. proc. civ., ma è ammissibile e fa sorgere il potere - dovere della Corte di cassazione di pronunciare sulle censure addotte e, tra queste, anche su quella concernente la giurisdizione. Posto che non è configurabile una doppia pronuncia del giudice di legittimità sulla stessa questione, ne consegue che, con la proposizione dell'impugnazione ordinaria ad opera della stessa parte che ha proposto l'istanza di regolamento e che faccia valere la questione di giurisdizione già sollevata con detta istanza, viene meno l'interesse della parte medesima al regolamento.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/09/2004, n. 18263
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18263
Data del deposito : 10 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. C A - rel. Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI MONTEMILONE, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA

CICERONE

28, presso lo studio dell'avvocato E R, rappresentato e rappresentato e difeso dall'avvocato V B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
MA ANTONIA IDA, SOCIETÀ ESATTORIE MERIDIONALI SEM S.P.A.;



- intimati -


e sul 2^ ricorso n. 19567/03 proposto da:
COMUNE DI MONTEMILONE, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA

CICERONE

28, presso lo studio dell'avvocato E R, rappresentato e rappresentato e difeso dall'avvocato V B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
MA ANTONIA IDA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE MARCO POLO

84, presso lo studio dell'avvocato MARIA ASSUNTA LAVIENSI, rappresentata e rappresentata e difeso dall'avvocato AGOSTINO ARANEO, giusta procura speciale in calce al controricorso;



- controricorrente -


e contro
SOCIETÀ ESATTORIE MERIDIONALI SEM S.P.A.;

- intimata -
per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio 69/01 del Giudice di pace di PALAZZO SAN GERVASIO e avverso la sentenza n. 20/2002 dello stesso Giudice. udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/06/04 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;

lette le conclusioni scritte (in relazione al ricorso n. 9662/2002) dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sepe che ha concluso per la giurisdizione del giudice amministrativo e udito il P.M. (in relazione al ricorso 19567/2003) in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo Maccarone che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, giurisdizione dell'a.g.a.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 28 ottobre 2001 A I M dichiarò che:
il comune di Montemilone gestiva il servizio dell'acquedotto comunale;

tale servizio era disciplinato dal regolamento comunale sulla distribuzione dell'acqua potabile, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 6 marzo 1995;
con deliberazione n. 26 del 26 febbraio 2001 la Giunta comunale di Montemilone aveva aumentato il canone fisso di lire 34.000 più i.v.a. rispetto al canone in vigore nell'anno precedente, approvato con deliberazione della stessa Giunta n. 21 del 21 febbraio 2001;

l'ente territoriale, approvvigionandosi di 4 litri d'acqua al secondo dall'Acquedotto Pugliese, aveva un costo pari a lire 78.541.038 e non a lire 140.000.000, come riportato nella citata deliberazione n. 26;

l'utente del servizio idrico integrato doveva pagare un importo pari a lire 266.000 per ogni abitazione di cui era proprietario, importo così determinato: canone acqua lire 160.000 più i.v.a. e canone fogna lire 90.000;

il 10 settembre 2001 all'attrice era stato recapitato il bollettino di pagamento relativo al servizio idrico integrato, d'importo pari a lire 266.000, impugnato con la citazione introduttiva del giudizio limitatamente al canone fisso dell'acqua;

con istanza del 18 giugno 2001, rimasta senza risposta, alcuni cittadini di Montemilone avevano chiesto al Comune di conoscere gli esiti delle analisi fatte eseguire dall'ente gestore del servizio dall'anno 1995 all'anno 2000;

con richiesta del 18 giugno 2001, del pari non seguita da alcuna risposta, alcuni cittadini di Montemilone avevano chiesto al Comune di conoscere gli interventi eseguiti dall'ente per la riduzione delle perdite nella rete e nelle condotte di adduzione, di cui al D. P. C. M. 4 marzo 1996, a partire dall'anno 1995 e fino al 2000, anche in virtù della delibera del Consiglio comunale n. 28 del 28 settembre 1999, con la quale il responsabile dell'ufficio tecnico, di concerto col responsabile dell'area finanziaria, era stato invitato a quantificare le perdite delle condutture idriche, perché tale risorsa idrica non era utilizzata dai cittadini e da loro non doveva essere pagata;

con richiesta del 18 giugno 2001, neppure seguita da risposta, alcuni cittadini di Montemilone avevano chiesto al Comune di conoscere se esistevano contatori presso gli uffici pubblici, nonché i consumi registrati a partire dall'anno 1995 e fino al 2001, considerato che tale onere non doveva ricadere sui consumatori;

ogni nucleo familiare di Montemilone spendeva oltre un milione all'anno per l'acquisto di acqua minerale, in quanto la risorsa idrica gestita dall'ente si presentava sabbiosa e calcarea, come ammesso dalla stessa amministrazione comunale, sicché il servizio non era pienamente fruibile per il consumatore;

con deliberazione n. 52 del 4 aprile 2001 il C. I. P. E. aveva confermato la propria deliberazione n. 62 del 22 giugno 2000, riguardante il divieto di aumentare le tariffe idriche;

condizione per poter usufruire degli incrementi tariffali per il servizio di distribuzione delle acque potabili era l'avvenuta adozione, da parte dei soggetti gestori e fornitori del servizio idrico, della carta del servizio idrico integrato, resa obbligatoria dal D. P. C. M. in data 29 aprile 1999, carta non adottata dal Comune di Montemilone;

l'aumento tariffario risultava altresì ingiustificato ed illegittimo, in quanto nessun miglioramento del servizio fornito e del rapporto tra utente e servizio era stato realizzato, sicché il costo del servizio stesso doveva essere riportato ad un giusto rapporto di scambio;

lo squilibrio economico tra servizio reso e corrispettivo richiesto andava eliminato, riconducendo le prestazioni "ad una piena equivalenza obiettiva assicurata da una riduzione della tariffa a lire 82.308, che è il risultato ottenuto dalla riformulazione dei costi, di cui all'allegato n. 3 del presente atto".
Su tali premesse l'attrice, con salvezza di ripetere le maggiori somme versate all'ente territoriale a far tempo dal 1995, convenne in giudizio il Comune di Montemilone e la Società Esattorie Meridionali - S. E. M. s.p.a. davanti al Giudice di pace di Palazzo San Gervasio, chiedendo che si dichiarasse inefficace l'aumento tariffario stabilito con la delibera n. 26 del 26 febbraio 2001 e, per conseguenza, che il canone fisso dell'acqua, in applicazione dei principi di cui in narrativa, fosse ridotto a lire 82.308, o alla somma ritenuta congrua ed equa dal giudice adito, con vittoria di spese del giudizio.
I convenuti si costituirono. La S. E. M. chiese di essere estromessa dal giudizio, mentre il Comune di Montemilone eccepì il difetto di giurisdizione del giudice adito e, in subordine, l'incompetenza per valore dello stesso giudice. Nel merito chiese il rigetto della domanda perché infondata.
Nell'udienza del 18 febbraio 2002 il difensore dell'attrice dichiarò di rinunziare ai punti relativi all'organizzazione del servizio ed alla ripetizione delle somme pagate al Comune di Montemilone, chiedendo che la causa proseguisse soltanto per l'illegittimità degli aumenti tariffari stabiliti dall'ente gestore del servizio idrico.
Con ricorso notificato il 15-16 marzo 2002 il Comune di Montemilone propose istanza per regolamento di giurisdizione, sostenendo che la Matera, in realtà, impugnava la delibera n. 26 del 26 febbraio 2001 della Giunta comunale nella parte in cui aveva determinato il canone fisso dell'acqua, contestando l'organizzazione del servizio nonché la possibilità di aumentare le tariffe idriche, stante il divieto di cui alla delibera C. I. P. E. n. 52 del 4 aprile 2001, sicché sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo (data la natura autoritativa e discrezionale del provvedimento impugnato) o, in via gradata, delle commissioni tributarie qualora si fosse qualificato il canone fisso dell'acqua come un vero e proprio tributo.
Nel procedimento così instaurato davanti a questa Corte il P. G., con requisitoria scritta in data 17 gennaio 2003, chiese che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. L'istanza di regolamento fu depositata nel giudizio davanti al Giudice di pace, il quale però ritenne manifestamente infondata la contestazione della giurisdizione.
Poi, con sentenza depositata il 27 maggio 2002, il giudicante, ritenute la propria giurisdizione e la propria competenza, in parziale accoglimento della domanda: a) dichiarò illegittimo l'aumento del canone per la fornitura di acqua potabile, al cui alla delibera n. 26/2001 adottata dalla Giunta comunale, limitatamente alla sola parte che statuiva il 65% quale quota fissa per l'anno 2001;
b) condannò il comune di Montemilone a ricalcolare il recupero del costo del servizio idrico nell'86%, imputando al canone fisso il 50% del costo stesso, così rideterminato per la parte attrice;
c) condannò il Comune al pagamento delle spese del giudizio;
d) ordinò l'estromissione dal processo di S. E. M. s.p.a..
Il Giudice di pace (per quanto qui rileva), in ordine alla questione di giurisdizione, richiamando l'orientamento di questa Corte osservò che, mentre in materia di tariffe (trovando queste fondamento in atti amministrativi generali, di fronte ai quali la posizione dei privati che le impugnano non può che essere d'interesse legittimo) la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in tema di contratti di somministrazione di pubblici servizi, qualora l'utente contesti il diritto del concessionario o gestore di pretendere una prestazione pecuniaria di un determinato ammontare, la relativa controversia, quand'anche vengano indirettamente in discussione questioni tariffarie, spetta alla cognizione del giudice ordinario, avendo essa ad oggetto diritti ed obblighi di fonte contrattuale privata e ben potendo tale giudice verificare incidentalmente (ai fini di una loro eventuale disapplicazione) la legittimità e l'efficacia dei provvedimenti dell'autorità determinativi delle tariffe. Il detto giudice, poi, affermata la propria competenza per valore, passando a trattare del merito rilevò che la materia del contendere era costituita dalla legittimità (o meno) dell'aumento del canone fisso per la fornitura dell'acqua potabile da parte del Comune (ente gestore), in relazione all'anno 2001, aumento adottato con delibera n. 26 del 26 febbraio 2001.
Al riguardo considerò che, per verificare la legittimità del detto aumento, bisognava partire dalla delibera n. 21 del 2000, adottata dalla Giunta comunale, con la quale l'ente territoriale, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, aveva deliberato di recuperare il costo della fornitura dell'acqua potabile nell'84%, ripartendo il 50% sul canone fisso e il restante 50% sull'eccedenza, previa lettura dei contatori.
Con atto n. 26/2001 della stessa Giunta, ed in ottemperanza alla direttiva CIPE n. 52/2001, l'Amministrazione, avvalendosi del suo potere discrezionale, aveva deliberato di recuperare il costo di fornitura dell'acqua potabile nell'86%, ponendo a carico dell'utente quale canone fisso il 65% ed imputando il restante 35% all'eccedenza, mai rilevata.
O, secondo il giudicante, in ordine alla percentuale di recupero dei costi di gestione del servizio, la determinazione adottata in ragione dell'86% per l'anno 2001 rientrava nel potere discrezionale della P. A. e nel rispetto della direttiva CIPE, incensurabile da parte del giudice dei diritti, ma l'aumento della percentuale posta a carico dell'utente per canone fisso, variata dal 50% per l'anno 2000 al 65% per l'anno 2001, andava censurato e dichiarato illegittimo. Infatti, "la variazione in aumento dimostra l'incapacità dei responsabili del servizio di fornitura di acqua a gestire un pubblico servizio, per cui le carenze dell'ente non possono farsi carico all'utente - (mancata lettura dei contatori per rilevare l'eccedenza)" (sentenza impugnata, pag. 7).
Pertanto l'aumento del canone fisso era illegittimo ed andava dichiarato inefficace, e il Comune di Montemilone, previa parziale modifica della delibera di Giunta n. 26/2001, era tenuto a ripartire i costi di gestione del servizio, in ragione dell'86%, imputando il 50% al canone fisso e recuperando l'ulteriore 50% sull'eccedenza, previa lettura dei contatori.
La S. E. M., invece, andava estromessa dal giudizio.
Avverso la suddetta sentenza il comune di Montemilone ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
A I M ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria.
La causa è stata assegnata alle sezioni unite civili di questa Corte, perché il primo motivo del ricorso attiene alla giurisdizione.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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