Cass. civ., sez. U, sentenza 24/07/2013, n. 17931

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Massime1

Il ricorso per Cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronuncia, da parte dell'impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all'art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge. (massima redatta a cura del CerDEF)

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. U, sentenza 24/07/2013, n. 17931
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17931
Data del deposito : 24 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

G V ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza n. 1752/05, pubblicata in data 7.11.2005, della Corte d'Appello di Torino,con la quale,in riforma di quella n. 281/2001 del Tribunale di Vercelli, era stato condannato al pagamento della somma di ? 21.427,02 in favore dei coeredi G e B F,a titolo di indennizzo per l'occupazione dei loro terreni,con rigetto dell'appello incidentale.

La citata sentenza del Tribunale di Vercelli aveva concluso,dopo la pronunzia di due sentenze non defìnitive,un annoso giudizio,iniziato nel 1968 dai F,figli ed eredi della premorta L V,nei confronti degli zii G e G V,per sentir dividere,previa reintegrazione della loro quota di legittima,i beni lasciati in eredità del nonno E V, deceduto il 15.1.1964,dopo averne disposto con un testamento olografo. Con la prima,non impugnata,sentenza non definitiva del 29.11.1978,il tribunale suddetto aveva accertato il diritto degli attori alla reintegrazione della quota di legittima in misura di due noni del patrimonio ereditario;a tale pronunzia fece seguito l'ordinanza del 22.1.85 che, all'esito di consulenza tecnica,dichiarò l'esecutività del progetto di divisione. Con la successiva sentenza non definitiva,del 19.3.1993,fu ordinato ai convenuti il rilascio dei beni assegnati agli attori,con condanna al pagamento della somma di £ 200.000,oltre rivalutazione ed interessi,a titolo di integrazione della quota di legittima,disponendosi con separata ordinanza la redazione del rendiconto secondo i criteri fissati dagli artt. 49 e 53 L. 203/1982;ma a seguito di impugnazione degli attori la Corte d'Appello di Torino,con sentenza n. 493/1995 dichiarò l'inapplicabilità al caso di specie,costituito da una comunione ereditaria,in assenza di un rapporto di rilevanza agraria, dell'art. 49 citato ai fini della determinazione del risarcimento dovuto dai convenuti per l'occupazione dei beni assegnati agli attori, annullando altresì,in accoglimento del gravame incidentale di G V, per inammissibilità della relativa richiesta (siccome preclusa dal giudicato della prima sentenza non definitiva),la condanna dei convenuti al pagamento della somma di £ 200.000.

A seguito di tale pronunzia il tribunale dispose una nuova consulenza tecnica per la determinazione del ristoro dovuto per l'occupazione dei terreni assegnati ai F ed,all'esito,con la sentenza definitiva n. 281 del 26.6.2001, condannò G V,previa compensazione con il credito derivatogli dalla mancata corresponsione del conguaglio, al pagamento della somma di £ 95.479.309,oltre interessi dalla data della sentenza,nonché al pagamento di quella di £ 6.734.624,oltre interessi dal 1.1.1982, G V,quale erede sia di G V, nelle more decedutola di Raffaele V che,costituitosi quale erede del predetto,era anche deceduto (l'altra erede Natalina Aimaro non si era costituita). Tale decisione venne impugnata,in via principale da G e B F, in via incidentale da G V e,dopo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di G V,in accoglimento del primo motivo del gravame principale,riformata con sentenza non definitiva del 5.2.2004 della Corte di Torino, che,respinta l'eccezione di improcedibilità,dispose con separata ordinanza nuova c.t.u. per la determinazione dell'indennizzo dovuto da G V,sulla base del canone corrente di mercato,per l'occupazione di tutti i terreni assegnati agli appellanti,dal 1964 alla data di rilascio,con detrazione anno per anno degli importi effettivamente corrisposti,con rivalutazione quindi degli importi ottenuti ed incremento degli stessi, così come rivalutati,con gli interessi nelle misura media annua del 5%. In esito alla successiva consulenza tecnica, infine,la corte subalpina emise la già citata sentenza defìnitiva,oggetto del presente ricorso,con la quale,ritenuta preclusa, dal giudicato di cui alla propria precedente sentenza n. 493/1995,la questione dedotta nell'appello incidentale relativa all'assunta conclusione per facta concludentìa di un contratto di affitto agrario, quantificava l'indennizzo sulla base del corrente canone di mercato dei beni.

Al ricorso del V contro tale sentenza, affidato a due motivi,hanno resistito i F con rituale controricorso.

All'esito della pubblica udienza svoltasi davanti alla seconda sezione di questa Corte,con ordinanza interlocutoria del 27.11.2012,depositata il 10.1.2013,rilevata la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza sulla questione di cui si dirà in parte motivagli atti sono stati rimessi al Primo Presidente,che ha assegnato il giudizio a queste Sezioni Unite. E' stata infine depositata una memoria illustrativa per i controricorrenti.

§1. Il primo motivo di ricorso è stato formulato nei seguenti testuali termini:"omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia in relazione al dedotto contratto di affittanza agraria avvenuto per fatti concludenti (art. 360 n. 5 CPC) ".

Si lamenta che la Corte d'Appello avrebbe omesso di decidere sul punto,avendo erroneamente ritenuto che la relativa questione fosse preclusa da un giudicato formatosi sulla precedente sentenza n. 493 del 30.3.1995,emessa dalla medesima corte,che in realtà si sarebbe limitata a dichiarare l'inapplicabilità al caso di specie (ritenuta una mera comunione ereditaria, in assenza di alcuna relazione intersoggettiva di rilevanza agraria) dell'art. 49 della legge n. 203 del 1982,senza in alcun modo affrontare la questione della costituzione, per facta concludentia, di un rapporto di affitto agrario tra le parti. Tale particolare modalità di contrazione negoziale sarebbe stata eccepita da G V soltanto nel successivo giudizio,ma non considerata, nè decisa (così come dal Tribunale di Vercelli nella sentenza non definitiva n. 493/1995) dalla corte territoriale,conseguentemente incorsa in omissione di pronunzia sul relativo capo di appello incidentale

Il mezzo d'impugnazione prosegue citando alcuni scritti difensivi della controparte (memorie del 13.9.1988,7.10.1988 e 5.7.1993),dal cui contenuto avrebbero dovuto desumersi ammissioni in ordine alla prospettata tacita instaurazione del rapporto di affìtto.

§2. Nel controricorso è stata eccepita l'inammissibilità del sopra riferito mezzo d'impugnazione, per essere stata erroneamente denunciata l'omessa pronuncia su un motivo di gravame ai sensi dell'art. 360 co. I n. 5,anziché ai sensi dell'art. 360 co.I n. 4,in relazione all'art. 112 c.p.c.,citando al riguardo alcune pronunzie di questa Corte (nn. 11034/03, 12475/04, 13785/05,22897/05,11844/06).

§ 3. La seconda sezione, rilevato che sulla questione anzidetta si era determinato un contrasto giurisprudenziale di legittimità tra una serie di pronunzie che, come quelle sopra citate,sulla premessa che l'omessa pronunzia da parte del giudice di merito su un capo di domanda o di gravame debba essere dedotta ex art. 360 co.I n. 4 c.p.c. come violazione dell'art. 112 c.p.c.,e non già quale violazione di una norma di diritto o vizio di motivazione ex art. 360 co.I n. 3 o 5 c.p.c, hanno ritenuto che l'erronea formulazione del motivo ne comporti l'inammissibilità,ed altre (nn.4349/00,4853/01,7981/07,12929/07,23794/11,14026/12) secondo cui, in siffatti casi di impropria intestazione del denunciato vizio di legittimità, ove la Corte possa tuttavia agevolmente procedere, sulla base delle argomentazioni esposte a sostegno del motivo,alla corretta qualificazione dello stesso,deve escludersi l'inammissibilità del mezzo d'impugnazione, con l'ordinanza interlocutoria di cui in narrativa, ha sollecitato una pronunzia chiarificatrice di queste sezioni unite.

§ 4. Il contrasto denunciato dalla sezione rimettente,da oltre un decennio delineatosi nella oscillante giurisprudenza di questa Corte ed accentuatosi nell'ultimo triennio, riguarda due indirizzi,cui di massima possono ricondursi i gruppi di pronunzie sopra rispettivamente citate ( cui se ne aggiungono diverse altre,dell'uno o dell'altro segno ),che muovono da due diverse concezioni del giudizio di legittimità.

§4.1. Quello più rigoroso e formalistico,partendo dall'onere della specificità dei motivi di ricorso,fissato dall'art. 366 n. 4, sottolineando il carattere di mezzo d'impugnazione privo di effetto devolutivo ed "a critica vincolata" connotante il ricorso per cassazione e traendo spunto anche dalle finalità deflattive perseguite dal legislatore negli interventi avvicendatisi negli ultimi anni,che detto carattere avrebbero accentuato,sostiene che il ricorrente abbia l'onere di indicare con assoluta precisione,non solo sostanziale,ma anche formale, gli assunti errori contenuti della decisione impugnata, assolvendo il singolo motivo alla funzione condizionante il devolutum della sentenza censurata;
con la conseguenza che il mezzo d'impugnazione debba non solo esporre in modo chiaro ed inequivoco le ragioni della doglianza,ma anche indicare esattamente le norme,sostanziali o processuali,che si ritengano essere state violate o falsamente applicate,e,soprattutto, centrare la tipologia di vizio di legittimità,neH'ambito della tassativa previsione di cui all'art. 360,primo comma,c.p.c, in ravvisata presenza del quale si chiede la cassazione della sentenza di merito. In tal senso,tra le più recenti pronunzie,si segnalano l'ordinanza Sez.

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