Cass. pen., sez. V, sentenza 08/06/2022, n. 22258
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SCARPELLINI ENRICO N. IL 26/08/1968 avverso la sentenza n. 2119/2020 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 18/03/2021 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/02/2022 la relazione fatta dal Consigliere Dott. A G Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. che ha concluso per Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv.
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Brescia, in data 11.2.2020, aveva condannato S E alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore delle costituite parti civili, in relazione ai reati ex artt. 81, co. 2, 640, 61, n. 7), 615 quater, 646, c.p., 166, lett. a), d.lgs. n. 58 del 1998, in rubrica ascrittigli nei capi dal n. 1) al n. 15) dell'imputazione, commessi in danno di diverse persone offese, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in relazione ai soli reati di truffa di cui ai capi nn. 2), 6), 9, lett. a), 12), perché estinti per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell'entità del trattamento sanzionatorio in senso favorevole al reo e revoca delle statuizioni civili in riferimento a G G e P L, confermando nel resto la sentenza impugnata.
1.1. All'imputato si contestano una serie di condotte riconducibili al medesimo modus operandi. In sintesi lo S, nell'esercizio della sua attività di promotore finanziario per conto di "Fineco Bank s.p.a." (poi "Unicredit s.p.a.") di Brescia, piuttosto che limitarsi ad attività di consulenza e gestione finanziaria, si approfittava del pluriennale rapporto di fiducia instaurato con numerosi clienti, ai quali aveva rappresentato false operazioni economico-finanziarie che avrebbe posto in essere nel loro interesse, in tal modo inducendoli a consegnargli, nel corso degli anni, ingenti somme di denaro e titoli di credito, che egli, anziché investire come promesso in operazioni rivelatesi inesistenti, aveva stornato in suo favore.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, articolando cinque motivi di ricorso. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, con riferimento agli artt. 640 e 157, c.p., in punto di consumazione del reato di truffa aggravata. Partendo dal dato, incontestato da parte dello stesso ricorrente, che lo S ha abusivamente esercitato la professione di promotore finanziario, in tal modo realizzando una serie di truffe aggravate in danno dei propri clienti, aventi ad oggetto la corresponsione in buona fede da parte di questi ultimi di titoli di credito (assegni) ovvero di somme di denaro in contanti, per l'investimento in prodotti finanziari, l'imputato rileva che nel caso in esame non sia configurabile la fattispecie di truffa a consumazione prolungata, che si realizza allorquando la percezione delle singole somme di denaro sia riconducibile a un originario e unico comportamento fraudolento, cosicché il momento della consumazione del reato, da cui far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione, è quello in cui cessa la situazione di illegittimità. Quando, invece, gli artifizi e i raggiri siano attuati in contesti temporali e spaziali diversi, come nel caso del promotore finanziario abusivo, che, nel corso del rapporto con il cliente, lo convinca a farsi consegnare, di volta in volta, come nel caso in esame, titoli di credito o somme di denaro, con la falsa promessa di investirli, non sussiste alcun automatismo nella messa a disposizione del proprio patrimonio da parte della vittima, che viene convinta alle singole dazioni per l'effetto di una falsa rappresentazione della realtà non direttamente promanante dal rapporto clientelare con l'abusivo promotore finanziario, ma determinata dagli artifizi e raggiri (nel caso di specie l'esibizione dei portafogli obbligazionari contraffatti) posti in essere. Al 30.7.2021 devono pertanto ritenersi estinti per prescrizione i reati di truffa di cui ai capi 7, lett. a), limitatamente all'assegno bancario emesso da B P il 5.2.2009;
13) limitatamente all'assegno bancario emesso da B F il 30.11.2011;
15), limitatamente agli assegni bancari sottoscritti da P G V l'1.10.2010. Con il secondo motivo di ricorso, l'imputato lamenta violazione di legge, con riferimento agli artt. 640 e 157, c.p., in punto di consumazione del reato di truffa aggravata di cui al capo n. 1), commesso in danno di A S.Anche in questo caso l'imputato contesta l'impostazione della corte di appello, secondo cui si tratterebbe di un modello di truffa a consumazione prolungata, in virtù di un contratto di mandato concluso tra il ricorrente e la persona offesa, in forza del quale il cliente avrebbe effettuato periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo. In questa prospettiva sarebbe, dunque, ravvisabile un originario e unico comportamento fraudolento, con la conseguenza che il momento della consumazione del reato va individuato in quello in cui è cessata la situazione di illegittimità, con il compimento dell'ultima operazione fraudolenta, risalente al novembre del 2014. Ad avviso del ricorrente, invece, è da escludersi che ricorresse un unico investimento con implementazione periodica della provvista, emergendo, al contrario, continue e distinte operazioni ovvero autonomi atti dispositivi, con la conseguenza che tutti gli episodi di truffa contestati come commessi in danno dell'Andreis commessi entro il giorno 27.11.2013, dovendosi considerare autonomamente, risultano estinti per compiuto decorso del termine di prescrizione. Sempre con il secondo motivo di ricorso l'imputato contesta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato ex art. 615 quater, c.p., di cui al capo n. 1, lett. e) dell'imputazione, contestato allo S per avere effettuato varie operazioni su due conti correnti bancari riconducibili all'Andreis, non autorizzate dai relativi titolari, utilizzando abusivamente chiavi d'accesso appositamente create e un indirizzo e-mail mai attivato dal suddetto Andreis. Rileva il ricorrente che l'istituto bancario aveva comunicato al cliente i codici di accesso e che, come dichiarato dallo stesso imputato, tutte le operazioni on line erano state concordate con il cliente e i suoi genitori, le chiavi d'accesso erano create insieme con i clienti e le operazioni erano sempre state effettuate in presenza dei clienti, il che esclude l'abusività dell'accesso telematico operato dallo S. Con riferimento ai reati di cui ai capi nn. 7), 13) e 15), il ricorrente denuncia vizio di motivazione per avere la corte di appello erroneamente ritenuto che le persone offese B P (capo 7), B F (capo 13) e i coniugi P G V e F L (capo 15), abbiano conferito un mandato allo S per la gestione dei propri investimenti finanziari nella forma del cd. piano di accumulo, consistente nel versamento di somme di denaro scaglionate nel tempo. Al riguardo, rileva il ricorrente, non è certo sufficiente quanto dichiarato dalle persone offese nelle rispettive querele, in quanto lo S, tutte le volte in cui si era fatto consegnare dai propri clienti titoli di credito o somme di denaro con la falsa promessa di investirli, aveva avuto la necessità di porre in essere di volta in volta artifizi e raggiri, tramite l'esibizione di portafogli titoli contraffatti o tramite mendaci affermazioni circa il positivo andamento di investimenti talora mai effettuati, finalizzati a ottenere la consegna dei vari assegni o del denaro contante in momenti e circostanze diverse. Senza tacere che, con riferimento alla vicenda di cui al capo n. 13), si è verificato un "travisamento dei fatti", in quanto l'ultimo atto di disposizione patrimoniale da parte delle persone offese risale all'1.2.2010, quando lo S incassò due assegni dell'importo di 8000,00 e 10.000,00 euro e non il 18.10.2016 e il 16.12.2016, date di due bonifici dell'importo di 8000,00 euro e di 6000,00 euro, aventi ad oggetto in realtà l'accredito della somma complessiva di 14.000,00 euro, a titolo di disinvestimento effettuato per il tramite dell'imputato presso Fineco Bank s.p.a. Con il terzo motivo di ricorso l'imputato denuncia vizio di motivazione, per avere i giudici di merito affermato la responsabilità penale dell'imputato in relazione al reato di truffa di cui al capo n. 5), solo sulla base del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa Azzini Maria, consacrate nella denunzia-querela presentata da quest'ultima, prive di riscontri esterni, non essendo sufficiente al riguardo la circostanza che lo S avesse presentato alla persona offesa falsi prospetti relativi al buon andamento degli investimenti falsamente operati nell'interesse dell'Azzini.i Ciò in quanto difetta ogni documentazione comprovante la disponibilità da parte dell'Azzini della somma di denaro pari a circa 100.000,00 euro, che la stessa ha denunciato di avere consegnato allo S. Anzi, dalla documentazione allegata alla denuncia-querela, emerge un dato che inficia l'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, evincendosi dal relativo estratto conto che sul conto corrente n. 4223487, cointestato alla persona offesa e al fratello Angelo, tra gli anni 2008 e 2017, non è mai stata presente una somma di denaro che si avvicinasse ai 100.000,00 euro, senza tacere che i rapporti con lo S erano tenuti, per ammissione della stesa Azzari, dal marito Tononi Mario, poi deceduto, sicché appaiono infondate le convinzioni di quest'ultima circa dazioni di denaro non effettuate direttamente da lei e nemmeno riscontrate dall'estratto di conto corrente in atti. Con il quarto motivo di ricorso, l'imputato denuncia vizio di motivazione, con riferimento all'affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato ex art. 646, di cui al capo n. 6,
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Brescia, in data 11.2.2020, aveva condannato S E alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore delle costituite parti civili, in relazione ai reati ex artt. 81, co. 2, 640, 61, n. 7), 615 quater, 646, c.p., 166, lett. a), d.lgs. n. 58 del 1998, in rubrica ascrittigli nei capi dal n. 1) al n. 15) dell'imputazione, commessi in danno di diverse persone offese, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato, in relazione ai soli reati di truffa di cui ai capi nn. 2), 6), 9, lett. a), 12), perché estinti per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell'entità del trattamento sanzionatorio in senso favorevole al reo e revoca delle statuizioni civili in riferimento a G G e P L, confermando nel resto la sentenza impugnata.
1.1. All'imputato si contestano una serie di condotte riconducibili al medesimo modus operandi. In sintesi lo S, nell'esercizio della sua attività di promotore finanziario per conto di "Fineco Bank s.p.a." (poi "Unicredit s.p.a.") di Brescia, piuttosto che limitarsi ad attività di consulenza e gestione finanziaria, si approfittava del pluriennale rapporto di fiducia instaurato con numerosi clienti, ai quali aveva rappresentato false operazioni economico-finanziarie che avrebbe posto in essere nel loro interesse, in tal modo inducendoli a consegnargli, nel corso degli anni, ingenti somme di denaro e titoli di credito, che egli, anziché investire come promesso in operazioni rivelatesi inesistenti, aveva stornato in suo favore.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, articolando cinque motivi di ricorso. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge, con riferimento agli artt. 640 e 157, c.p., in punto di consumazione del reato di truffa aggravata. Partendo dal dato, incontestato da parte dello stesso ricorrente, che lo S ha abusivamente esercitato la professione di promotore finanziario, in tal modo realizzando una serie di truffe aggravate in danno dei propri clienti, aventi ad oggetto la corresponsione in buona fede da parte di questi ultimi di titoli di credito (assegni) ovvero di somme di denaro in contanti, per l'investimento in prodotti finanziari, l'imputato rileva che nel caso in esame non sia configurabile la fattispecie di truffa a consumazione prolungata, che si realizza allorquando la percezione delle singole somme di denaro sia riconducibile a un originario e unico comportamento fraudolento, cosicché il momento della consumazione del reato, da cui far decorrere il termine iniziale di maturazione della prescrizione, è quello in cui cessa la situazione di illegittimità. Quando, invece, gli artifizi e i raggiri siano attuati in contesti temporali e spaziali diversi, come nel caso del promotore finanziario abusivo, che, nel corso del rapporto con il cliente, lo convinca a farsi consegnare, di volta in volta, come nel caso in esame, titoli di credito o somme di denaro, con la falsa promessa di investirli, non sussiste alcun automatismo nella messa a disposizione del proprio patrimonio da parte della vittima, che viene convinta alle singole dazioni per l'effetto di una falsa rappresentazione della realtà non direttamente promanante dal rapporto clientelare con l'abusivo promotore finanziario, ma determinata dagli artifizi e raggiri (nel caso di specie l'esibizione dei portafogli obbligazionari contraffatti) posti in essere. Al 30.7.2021 devono pertanto ritenersi estinti per prescrizione i reati di truffa di cui ai capi 7, lett. a), limitatamente all'assegno bancario emesso da B P il 5.2.2009;
13) limitatamente all'assegno bancario emesso da B F il 30.11.2011;
15), limitatamente agli assegni bancari sottoscritti da P G V l'1.10.2010. Con il secondo motivo di ricorso, l'imputato lamenta violazione di legge, con riferimento agli artt. 640 e 157, c.p., in punto di consumazione del reato di truffa aggravata di cui al capo n. 1), commesso in danno di A S.Anche in questo caso l'imputato contesta l'impostazione della corte di appello, secondo cui si tratterebbe di un modello di truffa a consumazione prolungata, in virtù di un contratto di mandato concluso tra il ricorrente e la persona offesa, in forza del quale il cliente avrebbe effettuato periodici versamenti di somme scaglionate nel tempo. In questa prospettiva sarebbe, dunque, ravvisabile un originario e unico comportamento fraudolento, con la conseguenza che il momento della consumazione del reato va individuato in quello in cui è cessata la situazione di illegittimità, con il compimento dell'ultima operazione fraudolenta, risalente al novembre del 2014. Ad avviso del ricorrente, invece, è da escludersi che ricorresse un unico investimento con implementazione periodica della provvista, emergendo, al contrario, continue e distinte operazioni ovvero autonomi atti dispositivi, con la conseguenza che tutti gli episodi di truffa contestati come commessi in danno dell'Andreis commessi entro il giorno 27.11.2013, dovendosi considerare autonomamente, risultano estinti per compiuto decorso del termine di prescrizione. Sempre con il secondo motivo di ricorso l'imputato contesta vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato ex art. 615 quater, c.p., di cui al capo n. 1, lett. e) dell'imputazione, contestato allo S per avere effettuato varie operazioni su due conti correnti bancari riconducibili all'Andreis, non autorizzate dai relativi titolari, utilizzando abusivamente chiavi d'accesso appositamente create e un indirizzo e-mail mai attivato dal suddetto Andreis. Rileva il ricorrente che l'istituto bancario aveva comunicato al cliente i codici di accesso e che, come dichiarato dallo stesso imputato, tutte le operazioni on line erano state concordate con il cliente e i suoi genitori, le chiavi d'accesso erano create insieme con i clienti e le operazioni erano sempre state effettuate in presenza dei clienti, il che esclude l'abusività dell'accesso telematico operato dallo S. Con riferimento ai reati di cui ai capi nn. 7), 13) e 15), il ricorrente denuncia vizio di motivazione per avere la corte di appello erroneamente ritenuto che le persone offese B P (capo 7), B F (capo 13) e i coniugi P G V e F L (capo 15), abbiano conferito un mandato allo S per la gestione dei propri investimenti finanziari nella forma del cd. piano di accumulo, consistente nel versamento di somme di denaro scaglionate nel tempo. Al riguardo, rileva il ricorrente, non è certo sufficiente quanto dichiarato dalle persone offese nelle rispettive querele, in quanto lo S, tutte le volte in cui si era fatto consegnare dai propri clienti titoli di credito o somme di denaro con la falsa promessa di investirli, aveva avuto la necessità di porre in essere di volta in volta artifizi e raggiri, tramite l'esibizione di portafogli titoli contraffatti o tramite mendaci affermazioni circa il positivo andamento di investimenti talora mai effettuati, finalizzati a ottenere la consegna dei vari assegni o del denaro contante in momenti e circostanze diverse. Senza tacere che, con riferimento alla vicenda di cui al capo n. 13), si è verificato un "travisamento dei fatti", in quanto l'ultimo atto di disposizione patrimoniale da parte delle persone offese risale all'1.2.2010, quando lo S incassò due assegni dell'importo di 8000,00 e 10.000,00 euro e non il 18.10.2016 e il 16.12.2016, date di due bonifici dell'importo di 8000,00 euro e di 6000,00 euro, aventi ad oggetto in realtà l'accredito della somma complessiva di 14.000,00 euro, a titolo di disinvestimento effettuato per il tramite dell'imputato presso Fineco Bank s.p.a. Con il terzo motivo di ricorso l'imputato denuncia vizio di motivazione, per avere i giudici di merito affermato la responsabilità penale dell'imputato in relazione al reato di truffa di cui al capo n. 5), solo sulla base del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa Azzini Maria, consacrate nella denunzia-querela presentata da quest'ultima, prive di riscontri esterni, non essendo sufficiente al riguardo la circostanza che lo S avesse presentato alla persona offesa falsi prospetti relativi al buon andamento degli investimenti falsamente operati nell'interesse dell'Azzini.i Ciò in quanto difetta ogni documentazione comprovante la disponibilità da parte dell'Azzini della somma di denaro pari a circa 100.000,00 euro, che la stessa ha denunciato di avere consegnato allo S. Anzi, dalla documentazione allegata alla denuncia-querela, emerge un dato che inficia l'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, evincendosi dal relativo estratto conto che sul conto corrente n. 4223487, cointestato alla persona offesa e al fratello Angelo, tra gli anni 2008 e 2017, non è mai stata presente una somma di denaro che si avvicinasse ai 100.000,00 euro, senza tacere che i rapporti con lo S erano tenuti, per ammissione della stesa Azzari, dal marito Tononi Mario, poi deceduto, sicché appaiono infondate le convinzioni di quest'ultima circa dazioni di denaro non effettuate direttamente da lei e nemmeno riscontrate dall'estratto di conto corrente in atti. Con il quarto motivo di ricorso, l'imputato denuncia vizio di motivazione, con riferimento all'affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato ex art. 646, di cui al capo n. 6,
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi