Cass. civ., sez. III, sentenza 29/03/1999, n. 2957

CASS
Sentenza
29 marzo 1999
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CASS
Sentenza
29 marzo 1999

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Massime • 2

La consulenza tecnica, che in genere ha funzione di fornire al giudice la valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili solo con ricorso a determinate cognizioni tecniche.

Ai fini della verifica della coincidenza tra la parte che propone l'impugnazione e quella legittimata in quanto parte del precedente grado del giudizio, in particolare nell'ipotesi di omessa o erronea specificazione della qualifica (della persona fisica agente in giudizio), di legale rappresentante di una società, il giudice deve compiere un'indagine sull'effettiva volontà manifestata nell'atto, con la conseguenza che l'errore non può ritenersi incidente sulla validità dell'atto stesso se dal suo contenuto sia agevole identificare con certezza quale debba essere la parte effettiva, ferma restando la sanatoria della nullità per il raggiungimento dello scopo.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 29/03/1999, n. 2957
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 2957
Data del deposito : 29 marzo 1999
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vittorio DUVA - Presidente -
Dott. Ugo FAVARA - Rel. Consigliere -
Dott. Renato PERCONTE LICATESE - Consigliere -
Dott. Mario FINOCCHIARO - Consigliere -
Dott. Donato CALABRESE - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
GA NA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell'avvocato ENRICO ROMANELLI, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato ALBERTO BORELLA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
LA SMIT SPA, corrente in Treviso, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA V.LE MAZZINI 41, presso lo studio dell'avvocato LUIGI MERLINI, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato ANTONIO VIARO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

nonché contro
EL LL;

- intimato -

avverso la sentenza n. 1076/95 della Corte d'Appello di VENEZIA, emessa il 03/07/95 e depositata il 02/10/95 (R.G. 549/91);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/98 dal Consigliere Dott. Ugo FAVARA;

udito l'Avvocato Giovanni Maria BARCATI (per delega Avv. A. BORELLA);

udito l'Avvocato Luigi MERLINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo GAMBARDELLA che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi del ricorso l'accoglimento del III motivo e l'assorbimento del quarto e quinto motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 15.11.1985 GA NA conveniva dinanzi al Tribunale di Treviso la soc. SM e TE LL per sentire condannare la prima al risarcimento degli ulteriori danni subiti rispetto a quelli accertati e dichiarati con l'atto transattivo del 7.3.1983. Esponeva in citazione l'attrice che la SM aveva eseguito nel sottosuolo dell'immobile sito in Treviso alla Via Martiri della Libertà lavori di scavo che avevano provocato danni alle proprietà individuali ed alle strutture condominiali ed in detto atto transattivo erano rimasti impregiudicati gli eventuali ulteriori e successivi danni provocati dai lavori della soc. SM. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva la sola soc. SM contestando la sussistenza del nesso causale tra le lesioni dell'immobile della GA ed i lavori a suo tempo eseguiti. All'esito della istruttoria, il Tribunale di Treviso con sentenza del 19.12.1989 condannava la SM al pagamento di L. 139.664.000, oltre interessi.
A seguito di impugnazione della soc. SM, la Corte d'Appello di Venezia con sentenza del 2.10.1995 accoglieva il proposto gravame rigettando tutte le domande della GA che condannava al pagamento delle spese del doppio grado. Rigettava, altresì l'appello incidentale della GA volto al riconoscimento dei danni da deprezzamento dell'immobile.
Osservava, tra l'altro, la Corte che la GA non aveva provato il danno, la quantificazione dello stesso e la riferibilità del danno alla attività della SM. In particolare, la Corte evidenziava la erroneità dei conteggi operati dal consulente che aveva valutato in 102 milioni il costo delle opere di restauro necessarie per i danni accertati quali successivi alla transazione nella quale vennero invece accertati danni per sole lire 12.400.000. Quanto alla riferibilità alla SM delle lesioni successive alla transazione, i secondi giudici ritenevano di non potere condividere la operata applicazione, nella specie, della

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