Cass. pen., sez. VI, sentenza 19/07/2019, n. 32399
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a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. F G, nato a Palermo il 15/05/1959 nonché dai terzi interessati 2. F G, nato a Palermo il 14/10/1985 3. F F, nata a Palermo 11 18/06/1982 avverso il decreto del 13/02/2019 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimenti denunziato e i ricorsi;udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F, che ha concluso chiedendo che il decreto sia annullato limitatamente alla confisca disposta nei confronti di G F sulle somme depositate sul conto presso la Banca Nuova di Capaci, e che i restanti ricorsi siano dichiarati inammissibili. RITENUTO IN FATTO 1. Con il decreto in epigrafe indicato, la Corte di appello di Palermo confermava parzialmente il decreto del Tribunale di Palermo del 15 novembre 2017, che aveva disposto la misura di prevenzione della confisca di beni di proprietà del proposto G F, nonché dei figli di quest'ultimo, F e G F, beni già sottoposti a sequestro in data 15 febbraio 2011. In particolare, la Corte di appello revocava la confisca di un motociclo e di parte del saldo attivo di un conto corrente, rispettivamente intestati ai suddetti terzi interessati, mentre confermava per il resto la misura reale. Dai provvedimenti di merito si evince che G F era stato ritenuto socialmente pericoloso, in quanto appartenente dal 2004 ad un'associazione mafiosa, come emergente dalla sentenza definitiva che lo aveva condannato il 28 giugno 2011 per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., e per tale motivo già sottoposto il 2 dicembre 2010 a misura di prevenzione personale. 2. Avverso il decreto suddetto hanno proposto ricorso per cassazione con un unico atto il proposto G F e i terzi interessati F Ficarra e G F, denunciando, a mezzo del difensore comune, nonché in veste anche di procuratore speciale di questi ultimi, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen., 24, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, art. 2-ter I. n. 575 del 1965, con riferimento alla confisca del conto corrente intestato a G F (punto j del decreto di primo grado) e di specifiche somme di danaro del conto intestato a F Ficarra e Riccardo Megna (punto g del decreto di primo grado) per la mancanza del requisito della illecita provenienza. Quanto al conto corrente intestato al proposto, quest'ultimo aveva fornito elementi a sostegno della provenienza lecita delle somme in esso depositate (ovvero che si trattava della pensione civile percepita dal 1994, che a far data dal sequestro del conto - con saldo zero - era rimasta giacente su esso, così consentendo l'accumulazione riscontrata dal Tribunale nel 2016). La Corte di appello, pur prendendo atto della circostanza, ha comunque confermato la confisca solo perché l'accumulazione sarebbe avvenuta in un periodo di sperequazione fiscale e quindi ingiustificata. In tal modo avrebbe finito per estendere la misura ablatoria a tutto il patrimonio in modo sproporzionato ed illegittimo. Lo stesso metodo è stato applicato per le buste paga del marito di F Ficarra veicolate sul conto corrente ad essi comune, come emerso dalla perizia in atti. In ogni caso, la Corte di appello, quanto alla confisca del suddetto conto corrente del proposto, è incorsa in un travisamento delle prove documentali in atti, in quanto al momento del sequestro il relativo saldo era pari a zero e quindi lo stesso veniva alimentato soltanto "forzatamente" e non con risparmi illeciti, considerando viepiù la detenzione del proposto dal 2010 al 2016 (che rendeva impossibile che venisse a sostenersi con proventi illeciti).
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