Cass. pen., sez. IV, sentenza 01/02/2023, n. 04170
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: I M nato a SALERNO il 06/06/1983 avverso la sentenza del 08/04/2022 della CORTE APPELLO di SALERNOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;svolta la relazione dal Consigliere G C;udito il Procuratore generale, in persona del sostituto G C, la quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Salerno, qualificata la condotta quale ipotesi di cui all'art. 624 bis, cod. pen., ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino con la quale I M e B F erano stati condannati per il reato furto semplice di attrezzatura varia, commesso introducendosi all'interno di un deposito, pertinenza di uno stabile di proprietà di una società immobiliare, equitativamente liquidati i danni in favore della costituita parte civile LAUS Vincenzo s.r.l. 2. La difesa di I M ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto errata applicazione della legge penale, per avere la Corte ritenuto il teatro del furto un luogo di privata dimora, nonostante fosse la pertinenza degli uffici della società immobiliare, della quale il denunciante è l'amministratore, facendo applicazione di principi superati dalle Sezioni unite con la sentenza n. 31345/2017. Ne discenderebbe il difetto della condizione di procedibilità (peraltro accertata dalla stessa Corte di merito, prima di accedere alla più grave definizione giuridica del fatto) e, quindi, l'assoluzione dell'imputato perché l'azione penale non poteva essere iniziata. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno a esporre. 2. La Corte d'appello ha, in via preliminare, ritenuto un errore del primo giudice, il quale aveva condannato gli imputati, dopo aver escluso che, nella specie, ricorresse un furto sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 624 bis, cod. pen., come originariamente contestata, essendo stato lo stesso consumato all'interno di un deposito di pertinenza di un'azienda e non di una abitazione come indicato nell'imputazione e dopo aver altresì escluso l'aggravante della violenza sulle cose. Così ricondotta la fattispecie all'ipotesi di cui all'art. 624, cod. pen., la Corte territoriale ha rilevato il difetto di querela, verificando il contenuto della denuncia della persona offesa, priva di riferimenti all'esercizio di tale potestà, ma, ai sensi dell'art. 597, c. 3, cod. proc. pen., ha al contempo ritenuto di dover dare al fatto una più grave definizione giuridica, fermo restando il trattamento sanzionatorio, ritornando così alla originaria imputazione di cui all'art. 624 bis, cod. pen., considerando il deposito all'interno del quale erano stati sottratti gli attrezzi e i macchinari descritti nella imputazione luogo pertinenziale non all'azienda del LAUS, bensì agli uffici della sua società immobiliare e ritenendo che, anche in tali luoghi, potessero svolgersi atti della vita privata. Pertanto, trattandosi di reato perseguibile d'ufficio, ha confermato la condanna di cui alla sentenza appellata.
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