Cass. pen., sez. VII, ordinanza 14/05/2019, n. 20730

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 14/05/2019, n. 20730
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20730
Data del deposito : 14 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: CARLONE VINCENZO nato a BARI il 14/11/1954 avverso la sentenza del 28/03/2018 della CORTE APPELLO di BARIdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere A C;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari confermava la decisione impugnata, con cui V C veniva giudicato colpevole dei reati ascrittigli e condannato alla pena di un anno, sei mesi di reclusione e 250,00 euro di multa.

2. Avverso tale sentenza V C ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente delle fonti di prova sulla base delle quali era stato espresso un giudizio di responsabilità nei confronti dell'imputato, che erano state valutate in termini assertivi e svincolate dalle risultanze processuali, risultando a tal fine prive di univocità probatoria le dichiarazioni rese dalla persona offesa M C e dal teste V S n m. Queste ragioni imponevano l'annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da V C è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati.

2. Osserva il Collegio che il ricorso in esame, pur denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche regole inferenziali, preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Bari conformemente alle risultanze processuali univocamente orientato in senso sfavorevole all'imputato. Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227;
Sez. 2, n. 9242 dell'08/02/2013, Reggio, Rv. 254988). La Corte di appello di Bari, invero, effettuava un vaglio ineccepibile della piattaforma probatoria indispensabile alla formulazione del giudizio di responsabilità censurato, evidenziare che l'individuazione di Ogbeide Dorcas quale autore dell'ipotesi di reato contestatagli al capo 1 discendeva dalle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa Michele Carlone e dal teste Vito Santamato, ritenute credibili, coerenti e convergenti nel loro nucleo probatorio essenziale. Le dichiarazioni del teste Santamato, peraltro, assumono un peculiare rilievo probatorio, risultando pienamente corroborative dell'ipotesi accusatoria, avendo il propalante riferito che i fratelli Carlone avevano cominciato a litigare quando ancora si trovavano all'interno del suo studio professionale, dapprima limitandosi a spintonarsi reciprocamente e successivamente arrivando a colpirsi. In questa cornice, non può non rilevarsi che le dichiarazioni della persona offesa dal reato M C, anche alla luce della loro sovrapponibilità con la deposizione del teste Vito Santamato, pur dovendo essere valutate con le opportune cautele processuali, dovute al suo interesse all'esito del procedimento penale e alla situazione di tensione che caratterizzava i suoi rapporti con il ricorrente, rappresentavano un elemento probatorio idoneo e sufficiente a consentire di formulare un giudizio di responsabilità nei confronti di V C. In questa cornice, occorre richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte che esclude l'applicazione della regola generale dell'art. 192 cod. proc. pen. alle dichiarazioni delle persone offese dal reato, affermando: «Le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Sez. U, n. 4161 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214).
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