Cass. civ., sez. I, sentenza 26/03/2010, n. 7282
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In tema di adozione, l'art.10, comma secondo, della legge 4 maggio 1983 n.184, come novellato dalla legge 28 marzo 2001 n.149, il quale dispone che i genitori e in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore possano partecipare a "tutti" gli accertamenti disposti dal tribunale, si riferisce non solo ai tradizionali mezzi d'istruzione probatoria disciplinati dalla sezione III del capo II, titolo I del libro II del codice di procedura civile, ma a qualunque atto d'indagine che il giudice ritiene di eseguire per iniziativa propria o delle parti al fine di verificare se sussista lo stato di abbandono, comprendendo esemplificativamente anche le indagini e le relazioni affidate ad istituti o altri operatori specializzati; esso non è tuttavia applicabile all'audizione del minore, la quale, non rappresentando una testimonianza o un altro atto istruttorio rivolto ad acquisire una risultanza favorevole all'una o all'altra soluzione, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, deve svolgersi in modo tale da garantire l'esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione, e quindi con tutte le cautele e le modalità atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, ivi compresa la facoltà di vietare l'interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonché di sentire il minore da solo, o ancora quella di delegare l'audizione ad un organo più appropriato e professionalmente più attrezzato.
In tema di adozione, l'art.10, comma secondo, della legge 4 maggio 1983, n.184, come novellato dalla legge 28 marzo 2001, n.149, che stabilisce la facoltà per i genitori e, in mancanza, per i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore di "partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale", deve essere interpretato in coerenza con la finalità della novella di traghettare il processo di adozione da processo del giudice in un processo delle parti, nel senso che: a) ai difensori delle parti va data preventiva comunicazione di qualsiasi accertamento disposto dal giudice; b) le parti possono intervenire alla sua assunzione personalmente e a mezzo dei propri consulenti tecnici e difensori; c) le parti devono essere poste in grado di conoscerne comunque le risultanze, nonchè di dedurre in ordine ad esso e di presentare le proprie difese. Ne consegue l'inutilizzabilità dell'atto di indagine acquisito senza rispettare le forme descritte, sempre che sia dimostrato dalla parte lo specifico pregiudizio al diritto di difesa e l'influenza determinante sulla decisione.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. S S - rel. Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso 14428/2009 proposto da:
G.G. (C.F. (OMISSIS)), D.M.S.,
domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato G A, e giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
S.M., nella qualità di tutrice di G.M.,
S., SE., F., elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso l'avvocato M M F, rappresentata e difesa dall'avvocato R P, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA, A.G., C.P.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 513/2009 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 16/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del),111/02/2010 dal Consigliere Dott. S SLVAGO;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato MASSIMO FILIPPO MARZI che ha chiesto il rigetto del ricorsO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale per i minorenni di Catania con sentenza del 18 settembre 2009 dichiarava lo stato di adottabilità dei minori M. (già collocata presso la famiglia Sc.),
S., Se. (collocati presso una casa famiglia) e
G.F. (collocata presso la famiglia dello zio D.M.
V.), figli di G.G. e di D.M.S.,
confermandone l'affidamento al servizio sociale di Catania;ed imponendo il divieto assoluto di visita e di consegna ai genitori, nonché a familiari ed a terzi non autorizzati dal giudice. L'impugnazione sia dei genitori,che dei coniugi A.G. e C.P., zii del G., è stata respinta dalla Corte di appello di Catania con sentenza del 16 aprile 2009 che ha osservato (per quanto qui ancora interessa): a) che non era stato violato il diritto di difesa dei genitori perché all'udienza del 13 febbraio 2008 non erano stati ascoltati i soggetti affidatari dei minori senza comunicazione ai loro difensori,posto che la disposizione della L. n.149 del 2001, art. 10, nel disporne il diritto di partecipare a tutti
gli accertamenti, si riferisce solo a quelli finalizzati a verificare lo stato di abbandono del minore,e quindi non all'esame di operatori ed affidatari rivolto al mero controllo dell'andamento del suo collocamento temporaneo;b) che neppure costituiva motivo di nullità il fatto che i minori fossero stati ascoltati senza la presenza dei genitori e dei loro rappresentanti, spettando al giudice minorile la facoltà di disporre particolari modalità di audizione onde tutelarne la serenità ed evitare condizionamenti;senza considerare che era stato assegnato alle parti un termine per depositare memorie,proporre temi e domande da sottoporre ai minori e formulare istanze;c) che non erano stati ascoltati altri parenti entro il quarto grado non risultando che nessuno di essi avesse rapporti di un qualche rilievo con i minori.
Per la cassazione della sentenza il G. e la D.M. hanno
proposto ricorso per 3 motivi, cui resiste l'avv. S.M., n.q. di tutore dei minori.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Con i primi due motivi, G.G. e la D.M.,
deducendo violazione della L. n. 149 del 2001, art. 10, censurano la sentenza impugnata per non avere dichiarato la nullità del procedimento malgrado il Tribunale: a) non abbia comunicato il decreto di audizione per l'udienza del 13 febbraio 2008 degli affidatari delle minori, degli operatori del servizio affidi e del servizio NPI, nonché della minore G.M.;b) in detta
udienza abbia provveduto ad ascoltarli senza la presenza di essi genitori e dei loro difensori. Assumono che la sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla prima parte della doglianza (assenza di comunicazione) ed ha respinto la seconda senza considerare che la nuova norma prevede il coinvolgimento e la difesa tecnica dei genitori in tutti gli atti del procedimento: nel caso non osservata neppure in occasione dell'audizione dei minori S. e
Se. posto che l'avviso era stato dato soltanto 24 ore prima dell'udienza e che in occasione della loro audizione e di quella di G.M. non era stato consentito di essere presenti ne' ad essi genitori, ne' tanto meno ai difensori.
Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate, pur se va integrata e parzialmente corretta ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ.., la motivazione con cui la Corte territoriale ha respinto
analoghe doglianze.
È noto che la novella 149/2001 ha modificato profondamente l'originario schema del procedimento di adottabilità che si articolava sostanzialmente su di una fase a carattere sommario ed urgente, rimessa quasi totalmente alla discrezionalità del giudice,che nel corso di essa individuava già l'interesse del minore, realizzandolo talvolta mediante l'allontanamento dalla famiglia di origine. E su una fase successiva,meramente eventuale e significativamente denominata "opposizione" dall'art. 17, di natura contenziosa;che in realtà il più delle volte si esauriva nell'aggiornamento delle indagini già svolte nonché nell'audizione dei genitori del minore. Ha infatti cancellato l'iniziativa officiosa del Tribunale per ribadirne il ruolo di terzietà, eliminato la fase eventuale di autonoma dell'opposizione al decreto dichiarativo dello stato di adottabilità, e previsto un procedimento contenzioso fin dall'inizio a cognizione piena che si conclude con una sentenza, con predeterminazione legale delle forme e dei termini, nonché dei poteri, doveri, e facoltà processuali delle parti e del giudice. Nella nuova ottica, in cui qualificati studiosi hanno ravvisato l'intendimento di traghettare il processo di adozione da processo del giudice in un processo delle parti, il legislatore ha attribuito anzitutto al minore la qualità di parte processuale distinta ed autonoma da quella dei genitori ed ha predisposto in chiave normativa una serie di strumenti idonei a garantire la partecipazione diretta dell'uno e degli altri, titolari del rapporto di filiazione, ad ogni fase del giudizio, anche in vista della diretta ed immediata propagazione degli effetti della decisione costitutiva che lo conclude principalmente nei loro confronti. Il che dimostrano in modo palese le disposizioni dell'art. 8 (nel nuovo testo), il cui comma 4 stabilisce che "Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell'art. 10";e quella dell'art. 10, comma 2, per la quale "All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice".
In coerenza con la finalità della novella,sia in merito alla razionalizzazione del contraddittorio, sia in ordine al risultato di assicurare ai soggetti suddetti l'effettività della difesa tecnica fin dall'inizio del procedimento, il Collegio deve interpretare la prevista loro "partecipazione a tutti gli accertamenti..." (che significativamente si diversifica dall'istruzione mediante "informazioni" di cui all'art. 738 cod. proc. civ., comma 3), nel senso più pieno e rigoroso delineato dal sistema processuale civile, e cioè: a) che ai difensori delle parti va data preventiva comunicazione di qualsiasi accertamento disposto dal giudice;b) che le parti possono intervenire alla sua assunzione personalmente e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori;c) che le parti devono essere poste in grado di conoscerne comunque le risultanze, nonché di dedurre in ordine ad esso e di presentare le proprie difese.
E deve altresì valorizzare il tenore letterale della disposizione laddove, invece di individuare a quale tipologia di accertamenti è estesa la partecipazione, li accomuna con l'aggettivo "tutti" indistintamente, perciò inducendo a ritenere che con l'espressione in esame il legislatore non abbia inteso riferirsi ai tradizionali mezzi dell'istruzione probatoria disciplinati dalla sezione 3^ del capo 2^, titolo 1^ del libro 2^ del codice di procedura, bensì a qualsiasi atto di indagine che il giudice ritiene di eseguire per iniziativa propria o delle parti, al fine "di verificare se sussiste lo stato di abbandono" e di pervenire a dichiarare lo stato di adottabilità di cui al successivo art. 15, ovvero ad escluderlo:
perciò in essi comprendendo esemplificativamente anche le indagini e le relazioni affidate ad istituti o altri operatori specializzati (fermo restando il limite della non ingerenza sulle modalità di svolgimento dell'attività amministrativa devolutala quale non può che svolgersi in conformità alle disposizioni legislative e regolamentari che la riguardano), ed escludendo invece quelle che periodicamente questi ultimi sono tenuti ad inviare all'autorità giudiziaria per renderla edotta delle condizioni fisiche e psichiche del minore anche in seguito ai provvedimenti urgenti assunti ai sensi dei commi 3 e 4, dell'art. 10.
Ne consegue la conferma del principio enunciato dalla precedente Cass. 20625/2009 che il giudice non può utilizzare l'atto di indagine acquisito senza aver consentito alla parte o al suo difensore di prendervi parte nei sensi appena descritti;e che la sua utilizzazione in violazione della menzionata disposizione del comma 2 al fine di ritenere o escludere lo stato di abbandono costituisce indubbiamente vizio della decisione fondata sull'accertamento in questione. Ma, nel contempo, deve rilevare che per invocare detta inutilizzabilità (e non quindi una nullità generale idonea ad estendersi a tutti gli atti del procedimento, fino alla sentenza definitiva), non è sufficiente invocare la sussistenza di un qualsiasi atto di disposizione del giudice non comunicato alla parte in relazione al quale quest'ultima intendeva (o aveva espresso l'intendimento di) partecipare: essendo invece necessario che si sia trattato di un atto rientrante nella categoria indicata dalla norma cui la parte aveva diritto di partecipare,ricevendo uno specifico pregiudizio al diritto di difesa;e che lo stesso sia stato ciò malgrado utilizzato dalla decisione,o comunque su di essa abbia esercitato una influenza determinante, altrimenti restando privo di effetti sostanziali nonché di rilevanza su di essa.
Al lume di questi principi la statuizione di appello si sottrae alle censure del ricorrente, essendosi quest'ultimo limitato a dolersi che non era stato dato avviso alle parti del provvedimento con cui il Tribunale aveva disposto l'audizione degli affidatari provvisori dei minori, nonché degli operatori incaricati di monitorare ciascun affidamento, per cui alle relative audizioni i difensori non avevano potuto partecipare. Laddove la Corte di appello ha accertato,senza alcuna contestazione del G., che nell'udienza indicata detta audizione non solo aveva interessato i soli soggetti preposti all'esecuzione dei provvedimenti temporanei sui minori adottati dal Tribunale, ma era rivolta soltanto al doveroso controllo del comportamento di questi ultimi, ed a valutare nel contempo lo stato di salute anche psichico dei minori e quindi l'esito fino a quella data delle rispettive collocazioni;per cui è stata correttamente esclusa sia pure implicitamente la necessità di comunicazione per un atto non rientrante sotto alcun profilo fra quelli di indagine rivolti alla finalità individuata dal menzionato art. 10. E la cui risultanza neppure il ricorrente ha dedotto essere stata menzionata dalla decisione impugnata o comunque aver influito sull'iter logico che l'ha indotta a confermare la dichiarazione di adottabilità dei minori.