Cass. civ., SS.UU., ordinanza 27/02/2023, n. 05862

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 27/02/2023, n. 05862
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05862
Data del deposito : 27 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

e - ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 10308-2022 proposto da: SYNERGIE ITALIA AGENZIA PER IL LAVORO S.P.A., in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con E-Work s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EMILIA

88, presso lo studio dell'avvocato S V, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ADOLFO MARIO BALESTRERI e PAOLA CIRULLI;
-ricorrente -

contro

RANDSTAD ITALIA S.P.A., in proprio e quale mandataria del RTI composto da Randstad Italia s.p.a., GI Group s.p.a. e Manpower s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

BERTOLONI

26-B, presso lo studio dell'avvocato M B, che la rappresenta e difende;
-controricorrente - nonché

contro

AZIENDA REGIONALE PER L'INNOVAZIONE E GLI ACQUISTI S.P.A., GI GROUP S.P.A., ADECCO ITALIA S.P.A., MANPOWER S.P.A.;
-intimati - avverso la sentenza n. 2409/2022 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 01/04/2022. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/01/2023 dal Consigliere L N.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 1° aprile 2022, n. 2409, il Consiglio di Stato, in riforma della decisione del T.a.r. Lombardia-Milano del 18 ottobre 2021, n. 2266, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Synergie Italia Agenzia per il Lavoro s.p.a., volto all’annullamento del bando di gara del valore complessivo di € 133.543.406,97, ed atti conseguenti di aggiudicazione al R.T.I., capeggiato dalla Randstad Italia s.p.a., di tre dei quattro lotti dell’appalto, concernente la stipula di una convenzione-quadro triennale avente ad oggetto la somministrazione di lavoro temporaneo per le necessità delle aziende sanitarie lombarde. Il Consiglio di Stato ha ritenuto, per quanto ancora rileva in questa sede, che la Synergie Italia Agenzia per il Lavoro s.p.a. non avesse legittimazione attiva a denunziare come arbitrari ed illegittimi l’articolazione e il dimensionamento dei lotti a gara. Posto che l’art. 51 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, «al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese» impone, per il caso di suddivisione dell’appalto in lotti, che il valore sia «adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese», ha ritenuto, richiamando i proprî precedenti giurisprudenziali, che anche un soggetto non PMI abbia la possibilità di dolersi dell’assetto organizzativo di gara contrario al principio della concorrenza, purché, tuttavia, dimostri la concreta incidenza lesiva che la misura organizzativa avversata abbia cagionato alla sua sfera giuridica: in particolare, un tale soggetto può contestare l’articolazione e il dimensionamento dei lotti, a condizione che dimostri l’effetto pregiudizievole risentito come conseguenza della restrizione concorrenziale, modulandosi l’onere della prova in modo proporzionalmente maggiore, quanto più l’impresa si allontani dai parametri della PMI. Nella specie, ha ritenuto non assolto tale onere in modo proporzionale a quello gravante sulla Synergie Italia Agenzia per il Lavoro s.p.a.: questa, infatti, non ha dedotto difficoltà progettuali a formulare l’offerta tecnica o impedimenti a sostenerne il peso economico, ed, anzi, essa ha validamente concorso per tutti i lotti e se n’è aggiudicato uno, contraddicendo l’assunto. Né può darsi automatico sillogismo tra esito avverso della gara e vizio lamentato, mentre ai dati dedotti dalla società si contrappongono elementi di segno opposto circa la piena capacità competitiva degli undici concorrenti;
la stessa Synergie Italia Agenzia per il Lavoro s.p.a. è incontestabilmente un grande operatore del settore, dalla ingente struttura organizzativa. Sulla base di tali elementi di fatto, era onere della medesima dimostrare in modo esaustivo che l’assetto di gara le abbia effettivamente, non solo potenzialmente, impedito di essere realmente competitiva;
al contrario, è rimasta indimostrata la sproporzione dei primi tre lotti, pur imponenti, rispetto alla capacità operativa delle imprese di settore e di quelle in gara, come pure in che modo la gara, così come configurata, abbia impedito alla società di avvalersi di una chance di aggiudicazione o come una maggiore suddivisione dei lotti avrebbe potuto agevolarla. Ha accolto anche il motivo di appello, con il quale il R.T.I. Randstad rilevava la carenza di interesse di controparte a dolersi dell’assenza del c.d. vincolo di aggiudicazione, dal momento che, essendosi classificata terza per i primi tre lotti, non ne avrebbe in nessun caso tratto beneficio;
ed ha aggiunto che, in ogni caso, la previsione del vincolo è meramente discrezionale, onde la sua assenza non determina in sé la violazione delle norme sulla concorrenza. Infine, ha accolto altresì il motivo sulla carenza di interesse della Synergie a far valere la mancata effettuazione di verifiche sulla c.d. ATI sovrabbondante;
nel merito, ha aggiunto che la stazione appaltante non ha, sul punto, violato le regole. Avverso questa sentenza è proposto ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione, sulla base di un motivo. Ha depositato il controricorso la Randstad Italia s.p.a., in proprio e quale mandataria del R.T.I. da essa capeggiato, mentre non svolgono difese gli altri intimati. Le parti hanno depositato la memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo deduce la v iolazione degli artt. 103 e 111, commi 1 e 8, Cost., 360, comma 1, n. 1 e 362, comma 1, cod. proc. civ., 1, 2 e 110 c.p.a., nonché dell’art. 47 Cdfue e dell’art. 1, par. 1 e 3, dir. 21 dicembre 1989, n. 665, in ragione del diniego di giurisdizione, per avere il Consiglio di Stato ritenuto la Synergie Italia Agenzia per il Lavoro s.p.a. carente di legittimazione ad ottenere l’annullamento della gara de qua, non esaminando il merito dei motivi. Il T.a.r. Lombardia aveva ritenuto, invece, esistenti i vizi della procedura di gara, per l’illegittima articolazione dei lotti e la mancata apposizione del c.d. vincolo di aggiudicazione, altresì reputando illegittima la mancata attivazione del sub-procedimento di verifica del carattere sovrabbondante del R.T.I. aggiudicatario. La diversa conclusione, cui è giunto il Consiglio di Stato, deriva dall’avere erroneamente ritenuto il singolo operatore onerato della concreta incidenza lesiva dell’organizzazione di gara sulla propria sfera giuridica: al contrario, l’interesse può essere anche “mediano” e ricollegato al nuovo esercizio del potere, con la chancedi un esito più favorevole, quale interesse strumentale al rinnovo dell’intera gara;
del resto, proprio nell’ammissione di controparte, contenuta nella sua offerta tecnica, circa la possibile ottimale gestione del servizio solo ad opera di un aggiudicatario plurisoggettivo stava la dimostrazione della concreta incidenza lesiva per Synergie. In tal modo, il Consiglio di Stato ha compiuto un manifesto diniego di giurisdizione, contrastando il rifiuto di tutela giudiziaria con la nozione di giusto processo, nonché con la dir. CE 21 dicembre 1989, n. 665, che impone di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, cui si correla strettamente il riconoscimento dell’interesse e della legittimazione a ricorrere. La Corte di giustizia dell’Unione europea interpreta la nozione di interesse al ricorso in modo assai più lato, radicandolo la mera probabilità di un vantaggio per la chancedi aggiudicazione all’esito della nuova gara e nello stesso interesse generale al rispetto delle regole di concorrenza. Invoca, infine, anche gli artt. 19, par. 1, Tfue, 6 e 13 Cedu, concludendo per l’accoglimento del ricorso, o, ove occorra, per la rimessione della questione pregiudiziale aisensi dell’art. 267 TFUE alla Corte UE. 2. –Il motivo è inammissibile. 2.1. – Secondo il principio, consolidato presso le Sezioni Unite, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile con il ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione – che si verifica quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in assoluto di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento) – nonché di difetto relativo di giurisdizione, riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negandola sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici, senza che tale ambito possa estendersi, di per sé, ai casi di sentenze “abnormi”, “anomale” ovvero di uno “stravolgimento” radicale delle norme di riferimento (tra le altre, v. Cass., sez. un., n. 8311/2019;
Cass., sez. un., n. 19675/2020;
Cass., sez. un., n. 15573/2021;
Cass., sez. un., n. 11549/2022;
Cass., sez. un., n. 14301/2022). Quindi, è stato da tempo affermato il principio di diritto, secondo cui il ricorso, con il quale venga denunciato un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo, rientra fra i motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., soltanto se il rifiuto sia stato determinato dall’affermata estraneità alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda, che non possa essere da lui conosciuta (cfr. Cass., sez. un., 6 giugno 2017, n. 13976;
in precedenza, già Cass., sez. un., n. 3037/2013 e n. 14211/2005;
in séguito, v. Cass., sez. un., n. 37522/2021;
n. 19675/2020;
n. 8842/2020, non massimata;
n. 20169/2018;
n. 16973/2018). 2.2. – Al contrario, non p uò essere sindacato innanzi alle Sezioni unite l’errore che non si risolva nel rifiuto di esercitare la giurisdizione, bensì nel suo cattivo esercizio. Invero, il cattivo esercizio della propria giurisdizione da parte del giudice, che provveda perché investito di essa e, dunque, ritenendo esistente la propria giurisdizione, e tuttavia nell’esercitarla applichi regole di giudizio che lo portino a negare tutela alla situazione giuridica azionata, si risolve soltanto nell’ipotetica commissione di un errore interno e, se tale errore porti a negare tutela alla situazione fatta valere, ciò costituisce mera valutazione di infondatezza –in senso lato, occorre precisare, quindi comprendente anche la pronuncia in rito – della richiesta di tutela;
e ciò, ancorché la statuizione, in quanto proveniente dal giudice di ultimo grado della giurisdizione adìta, comporti che la situazione rimanga priva di tutela giurisdizionale. Ciascuna giurisdizione si esercita, infatti, con l’attribuzione, all’organo di vertice interno alplesso giurisdizionale, del controllo e della statuizione finale sulla correttezza in facto ed in iure di tutte le valutazioni necessarie a decidere sulla controversia, onde non è possibile prospettare che il modo in cui tale controllo viene esercitato dall’organo di vertice della giurisdizione speciale – ove pure si sia risolto nel negare tutela alla situazione giuridica azionata –sia suscettibile del controllo da parte delle Sezioni unite, assumendosi quindi che la negazione di tutela in concreto, con l’applicazione da parte del giudice speciale delle regole sostanziali e processuali interne alle controversie devolute alla sua giurisdizione, si sia risolta in un vizio di violazione delle regole di giurisdizione. 2.3. –Né può assumere rilievo la circostanza che la declaratoria d’inammissibilità del ricorso sia stata determinata da una non condivisa qualificazione giuridica del provvedimento amministrativo impugnato o da una ricostruzione asseritamente inesatta della vicenda sottoposta all’esame del giudice amministrativo, se non si traduca nell’esclusione dell’astratta tutelabilità della situazione soggettiva fatta valere con la domanda, bensì nell’accertamento del difetto di un presupposto processuale, la cui insussistenza fa venir meno il dovere del giudice adìto di pronunciarsi sul merito della controversia sottoposta al suo esame (così Cass., sez. un.,30 agosto 2022, n. 25505;
16 febbraio 2022, n. 5121;
nonché le non massimate Cass. 13 maggio 2020, n. 8842, 31 ottobre 2018, n. 27755 e 21 febbraio 2018, n. 4231). L’esclusione del predetto presupposto comporta la negazione della tutela non già in astratto, ma in concreto, e non può quindi integrare un motivo inerente alla giurisdizione, neppure nel caso in cui, come nella specie, si affermi che la stessa costituisce il risultato di una censurabile interpretazione della legge sostanziale o processuale: tale prospettazione implica infatti la deduzione, rispettivamente, di un error in iudicando o in procedendo , i quali esulano dall’ambito del sindacato spettante alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, avendo quest’ultimo ad oggetto esclusivamente la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, e non anche le scelte ermeneutiche del giudice adìto, lacui eventuale erroneità resta confinata nei limiti interni, indipendentemente dalla sua gravità, dal momento che l’interpretazione delle norme costituisce il proprium dell’attività giurisdizionale. La dichiarazione d’inammissibilità del ricorso non incide infine sull’effettività della tutela giurisdizionale, né si traduce in una violazione dei principî del giusto processo, i quali ammettono tale esito. 2.4. – In particolare, la negazione, in concreto, di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme o dei principî del diritto europeo da parte del giudice amministrativo o contabile, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma 8, Cost., atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce, appunto, il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione. E la non sindacabilità, da parte della Corte di cassazione, ex art. 111, comma 8, Cost., delle violazioni del diritto dell’Unione europea ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali risulta compatibile con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione. Va, invero, rammentato come, all’esito della rimessione pregiudiziale di Cass., sez. un., n. 19598 del 2020, la Corte di giustizia con sentenza del 21 dicembre 2021, C-497, Randstad Italia s.p.a., ha affermato che il diritto europeo non osta a che «i singoli (…) non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro». A tal riguardo, la Corte di giustizia UE ha disatteso l’argomento del giudice del rinvio, secondo cui, quando il Consiglio di Stato effettua un’applicazione o un’interpretazione di disposizioni nazionali che risulti incompatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla Corte, esso eserciterebbe un potere giurisdizionale di cui è privo o un potere di produzione normativa che non rientrerebbe nemmeno nella competenza del legislatore nazionale;
e che, di conseguenza, ciò costituirebbe un difetto di giurisdizione, che dovrebbe poter essere impugnabile innanzi alle Sezioni unite della Cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 8, Cost. Al contrario, la Corte di giustizia ha reputato come non sia ammissibile equiparare un motivo vertente su una violazione del diritto dell’Unione ad un motivo inerente alla «giurisdizione», ai sensi del citato art. 111, comma 8, Cost., secondo la linea di pensiero esposta dalla sentenza della Corte costituzionale del 18 gennaio 2018, n.
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