Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/02/2019, n. 04799
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te SENTENZA sul ricorso 21655-2014 proposto da: C)--\ I.R.C.C.S. ISTITUT ORTPEDICO GALEAllI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio dell'avvocato N P, che la rappresenta e difende unitamen:le all'avvocato F R D T;- ricorrente -contro DINI D'AREZZO MLI VERA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CORSO 160, presso lo studio dell'avvocato R A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C S;- controricorrente - avverso la sentenza n. 316/2014 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 01/04/2014 R.G.N. 341/2011;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2018 dal Consigliere Dott. G M;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. I P che ha concluso per il rigetto del ricorso;udito l'Avvocato F R D T;udito l'Avvocato C S e l'Avvocato R A. PROC. nr. 21655/2014 FATTI DI CAUSA La Corte di appello di Milano, con sentenza nr. 316 del 2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano ( nr. 4886 del 2010) condannava l'Istituto Ortopedico Galeazzi S.p.A. al pagamento, in favore di Vera Dini d'Arezzo Meneghini, di euro 100.231,50 a titolo di compenso «monte partecipazione». La Corte territoriale osservava come, in virtù del contratto di collaborazione, avente ad oggetto l'espletamento di prestazioni professionali come responsabile del reparto/servizio SMEL, le parti avessero stabilito un compenso variabile, costituito dalla percentuale del 33% del fatturato relativo a prestazioni offerte dall'istituto che richiedessero l'utilizzo delle sue tecnologie, da calcolarsi sulla base delle tariffe in vigore, riconosciute e remunerate dalla regione Lombardia o da altre istituzioni pubbliche o private in regime di convenzione, e che venissero prodotte «direttamente» dalla professionista, nella qualità di coordinatrice di un'equipe di lavoro. Per quanto più di rilievo, la Corte di appello interpretava il testo contrattuale nel senso che la clausola b) di disciplina del compenso andasse a chiarire esclusivamente le modalità di pagamento del «monte partecipazione» (id est: percentuale di partecipazione) -ovvero che il pagamento dovesse avvenire tramite acconti ed il saldo solo dopo il pagamento della regione Lombardia- e non anche che la percentuale del 33% spettasse all'intera equipe piuttosto che alla sola responsabile, odierna controricorrente. Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione l'Istituto Ortopedico Galeazzi spa, affidato a dodici motivi. Ha proposto controricorso Vera Dini D'Arezzo M. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo - ai sensi degli artt. 360 nn 3 e 4 cod.proc. civ. - è dedotta violazione o falsa applicazione degli articoli 1340 e 1374 cod.civ. nonché dell'art.115 cod.proc.civ. per violazione dell'obbligo di utilizzare la prassi aziendale quale mezzo di interpretazione del contratto di lavoro e di integrazione della volontà dei suoi contraenti .PROC. nr. 21655/2014 La censura afferisce, in particolare, all'interpretazione del contratto resa dalla Corte territoriale secondo cui l'espressione di cui alla lettera b) del testo contrattuale «monte compartecipazione spettante all'intera equipe» avrebbe costituito un «elemento esterno» al regolamento economico delle parti, sganciato sia dalle previsioni della clausola a) che della clausola c). Secondo la parte ricorrente, la Corte di appello avrebbe dovuto indagare in merito alla prassi aziendale, come sollecitato sin dalla memoria di costituzione in primo grado, così da pervenire all'esatta esegesi del testo contrattuale (ovvero a quella secondo cui la percentuale del 33% andava distribuita all'intera equipe). Con il secondo motivo -ai sensi dell'articolo 360 nr.3 cod.proc.civ. - è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 1368 cod.civ. per mancata interpretazione della clausola di cui alla lett. b) dell'allegato A secondo ciò che si praticava nel luogo in cui il contratto era stato concluso ed aveva sede l'Istituto ortopedico. Con il terzo motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. - è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod.civ. che impongono all'interprete di ricercare la comune intenzione dei contraenti in base al senso letterale delle espressioni ed al complesso delle pattuizioni. La censura afferisce all'omessa considerazione, da parte della Corte di Appello, del dato testuale rappresentato appunto dalla espressione contenuta nella lettera b): «il monte compartecipazione spettant(e) all'intera equipe del reparto servizio di SMEL». Si imputa alla sentenza di aver reso un'interpretazione dell'accordo che prescinde del tutto dal tenore letterale delle parole utilizzate. La Corte avrebbe anche omesso di valutare il comportamento delle parti quale risultante dal processo, in ragione delle relative risultanze. Con il quarto motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc. civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'articolo 1366 cod.civ. che impone l'obbligo di interpretazione del contratto secondo buona fede. Con il quinto motivo -ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod. proc. civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'articolo 1371 cod.civ. che impone all'interprete, quando il contratto rimanga oscuro, un'interpretazione idonea a realizzare l'equo contemperamento degli interessi. Con il sesto motivo - ai sensi del 360 nr.5 cod.proc.civ. - è dedotto l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;il riferimento è alla prassi generalizzata di attribuzione, all'interno di tutti reparti PROC. nr. 21655/2014 dell' IOG e dello stesso reparto SMEL, del monte compartecipazione fra tutti membri dell'équipe. Con il settimo motivo - ai sensi dell'articolo 360 nr.3 e nr. 4 cod.proc.civ. - è dedotta violazione dell'art. 2697 cod.civ., in relazione all'art. 416 ed all'art. 115 cod.proc.civ. per avere, erroneamente, la Corte territoriale posto a carico dello IOG l'onere di provare la deducibilità, dal monte compartecipazione, dei compensi erogati ai membri dell'équipe. La censura afferisce alla statuizione di infondatezza della tesi dell'Istituto secondo cui il fatturato del 33% era da attribuire all'intera equipe del servizio SMEL e che dunque «dalla suddetta percentuale del 33% (andavano) decurta(ti) i costi relativi agli stipendi dei collaboratori che ne facevano parte». Secondo la parte ricorrente, con tale affermazione, la Corte di merito avrebbe invertito l'onere probatorio, incombendo alla lavoratrice la prova dei fatti costitutivi del diritto alla percentuale del 33% del fatturato. Con l'ottavo motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1374 cod.civ. nonché dell'art. 1418 cod.civ. per avere la Corte territoriale ritenuto la nullità della clausola b) per mancanza di un indice di distribuzione e di un'indicazione numerica dei partecipanti nonché dell'art. 115 cod.proc.civ. per essere stato il numero dei partecipanti all'équipe del reparto SMEL, nel periodo di causa, determinato nella sentenza del Tribunale con pronuncia non impugnata ( anche ai sensi dell'art. 360 nr. 4 e nr. 5 cod.proc.civ.) . La censura riguarda la statuizione della Corte di merito che, ai fini della prescelta interpretazione delle clausole contrattuali, avrebbe attribuito significato alla mancata indicazione di un sistema di distribuzione della percentuale all'interno del reparto e rilievo all'omessa precisazione del numero dei partecipanti alla predetta percentuale del 33%. Con il nono motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 1346 cod.civ. (determinabilità dell'oggetto del contratto) in relazione agli artt. 1101 cod.civ.(quote dei partecipanti) e 1418 cod.civ. (nullità del contratto), per avere la gravata pronuncia erroneamente ritenuto l'indeterminabilità del compenso per effetto della mancata indicazione del numero dei partecipanti;è dedotta, inoltre, violazione o falsa applicazione dei principi in materia di forma del contratto stabiliti dall'art. 1350 cod.civ. Con il decimo motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 1339 cod.civ. (inserzione automatica di PROC. nr. 21655/2014 clausole), per avere la Corte territoriale inserito nella clausola di cui alla lett. b) una disposizione in essa non contenuta. Con l'undicesimo motivo -ai sensi dell'art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2733 e 2735 cod.civ., per avere la Corte territoriale ritenuto non provata l'esistenza di contratti analoghi a quelli della ricorrente all'interno del reparto SMEL. Con il dodicesimo motivo - ai sensi dell'art. 360 nr. 3 e 4 cod.proc.civ.- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 32 Cost. nonché dell'art. 2697 cod.civ., per aver la Corte territoriale omesso di ammettere, quanto meno, le prove per testi richieste, senza inversione dell'onere probatorio, dall'Istituto Ortopedico Galeazzi S.p.A.
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