Cass. civ., sez. II, sentenza 20/04/2006, n. 9254
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In tema di contratto d'opera intellettuale,il professionista che agisce per ottenere il soddisfacimento di crediti inerenti ad attività asseritamente prestata a favore del cliente ha l'onere di provare sia l'"an" del credito vantato, sia l'entità delle prestazioni eseguite, al fine di consentire la determinazione quantitativa del suo compenso, cosicché la parcella predisposta dal medesimo è priva di rilevanza probatoria nell'ordinario giudizio di cognizione.
In tema di impugnazioni, il precetto enunciato dall'art. 347, secondo comma, cod. proc. civ. - secondo cui l'appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata - mira a garantire soltanto la possibilità dell'esame della sentenza impugnata da parte del giudice d'appello, sicchè l'improcedibilità dell'appello per mancato deposito di copia della sentenza impugnata non trova applicazione se, al momento della decisione, se ne trovi comunque allegata agli atti una copia, e il giudice della impugnazione sia posto in grado di avere piena conoscenza, sia pure con modalità diverse da quelle prescritte, del contenuto della sentenza. Ne consegue che è corretto l'operato del giudice il quale, ai fini della decisione sulla impugnazione,esamini la copia conforme all'originale della sentenza di primo grado depositata dall'appellante contestualmente al deposito della comparsa conclusionale.
In tema di interrogatorio formale, l'art. 232 cod. proc. civ. non ricollega alla mancata risposta, per quanto ingiustificata, l'effetto automatico della "ficta confessio", ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova, ossia di considerare la circostanza alla luce del complessivo quadro probatorio emergente dagli atti
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MENSITIERI Alfredo - Presidente -
Dott. COLARUSSO Vincenzo - Consigliere -
Dott. ODDO Massimo - Consigliere -
Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TO EB, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VIGLIENA 2, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO FALCONI AMORELLI, difeso dagli avvocati PESCA DONATO, CARMINE GIANNATTASIO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
D'LL IO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 349/02 del Tribunale di VALLO DELLA LUCANIA, depositata il 27/05/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 30/06/05 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE;
udito l'Avvocato PESCA Donato, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso per la cassazione senza rinvio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 13.10.1999 D'IO AN proponeva appello presso il Tribunale di Vallo della Lucania avverso la sentenza del 15.7.1998 con la quale il Giudice di Pace di Pisciotta, in accoglimento della domanda proposta da TO EB, lo aveva condannato al pagamento in favore di quest'ultimo della somma di L.
2.314.000 a titolo di compenso dell'attività professionale svolta e consistente nella cura della contabilità dell'agenzia di mediazione immobiliare di cui il D'IO era titolare in Ascea Marina, Via Elea 34, e di ogni ulteriore attività fiscale ed amministrativa all'uopo necessaria.
Alla prima udienza di comparizione delle parti del 9.2.2000 il Giudice Istruttore, rilevata la violazione, da parte dell'appellante, dei termini a comparire di cui all'art. 163 bis. c.p.c. per essere stato l'atto di citazione notificato il 13.10.1999 a fronte di una udienza di comparizione fissata in citazione per il 1.12.1999, disponeva il rinnovo della notifica della citazione. Successivamente si costituiva in giudizio il TO eccependo l'improcedibilità del gravame e comunque la sua infondatezza nel merito, proponendo altresì appello incidentale.
Con sentenza del 27.5.2002 il Tribunale di Vallo della Lucania, in accoglimento dell'appello principale, ha rigettato la domanda proposta dal TO nei confronti del D'IO e l'appello incidentale nei limiti di cui in motivazione.
Il Giudice preliminarmente ha ritenuto infondata l'eccezione del TO di inammissibilità dell'appello principale per mancato deposito in atti della procura "ad litem" rilasciata al difensore, atteso che la produzione di tale procura (apposta nella comparsa di costituzione del giudizio di primo grado e conferita dal D'IO all'avvocato Gaetano Maiuri per essere difeso nei primi due gradi di giudizio) era comunque avvenuta nel corso del giudizio, consentendo al Giudice di verificarne l'esistenza, e considerato che ai fini della validità della procura rilevava la tempestività non della sua produzione ma del suo rilascio.
Il Tribunale di Vallo della Lucania ha pure ritenuto priva di pregio l'eccezione dell'appellato di nullità dell'atto di appello per violazione del termine a comparire di cui all'art. 163 bis c.p.c., posto che a seguito della nuova notificazione dell'atto di appello disposta dal Giudice il suddetto vizio di nullità era stato sanato ai sensi dell'art. 164 c.p.c. applicabile anche al giudizio di appello per effetto del richiamo operato dall'art. 359 c.p.c.;
nemmeno l'appello poteva essere dichiarato improcedibile per la mancata produzione da parte dell'appellante di copia conforme all'originale della sentenza impugnata: infatti, dopo l'avvenuto deposito all'atto della costituzione in giudizio di una copia semplice della sentenza contestata nella sua conformità all'originale da parte dell'appellato, il D'IO unitamente al deposito della comparsa conclusionale aveva depositato una copia conforme all'originale della sentenza impugnata, consentendo così al giudicante di verificarne la corrispondenza alla copia informe già prodotta all'atto della costituzione in giudizio e quindi di conoscere il contenuto della suddetta sentenza al momento della decisione sul gravame.
Il Tribunale adito ha rilevato poi nel merito che, pur avendo il TO provato di aver instaurato un rapporto professionale con il D'IO relativo alla cura della contabilità dell'agenzia di mediazione immobiliare di cui quest'ultimo era titolare, tuttavia il suddetto professionista non aveva fornito nel corso del giudizio di primo grado alcuna prova della tipologia degli atti e delle attività espletate dal suo inizio fino alla data di rinuncia all'incarico;
a tal riguardo non poteva essere rilevante ne' l'elencazione delle attività svolte con il corrispondente importo sul conto prodotto in giudizio dal TO in quanto documento proveniente dalla parte e fermamente contestato dal D'IO ne' la deposizione di NA TO, sorella del TO, attesa la sua inattendibilità in considerazione sia del vincolo di parentela con quest'ultimo sia dai dubbi su come la teste avesse potuto riferire con precisione i tempi e la tipologia dell'attività espletata dal fratello, posto che secondo le sue stesse dichiarazioni all'epoca dei fatti di causa aiutava il fratello nel suo studio senza precisare in che cosa consistesse tale collaborazione.
Per la cassazione di tale sentenza il TO ha proposto un ricorso articolato in sei motivi;
il D'IO non ha svolto attività difensiva in questa sede. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli articoli 24, 111 Cost., artt. 101, 190, 352 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., censura la sentenza impugnata in quanto emessa e depositata il 27.5.2002, giorno in cui scadeva il termine concesso dal Giudice di Appello all'udienza dell'8.1.2002 per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica;
pertanto la sentenza appellata è affetta da radicale nullità per violazione del principio del contraddittorio.
La censura è inammissibile per difetto di interesse. Il ricorrente, invero, limitandosi ad evidenziare l'avvenuto deposito della sentenza impugnata il 27.5.2002, ovvero in data coincidente con la scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, non ha dedotto di aver subito alcuna concreta ed effettiva lesione nell'esercizio del proprio