Cass. civ., SS.UU., ordinanza 15/01/2021, n. 00614

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 15/01/2021, n. 00614
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00614
Data del deposito : 15 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 13794/2019 R.G. proposto da D N, rappresentato e difeso dall'Avv. M S, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 7;

- ricorrente -

contro

PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DEI CONTI

- controricorrente -

e COMUNE DI TARQUINIA, RENZI ALBERTO, ROSSI CINZIA e COSTA ISA- BELLA;

- intimati -

avverso la sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale centrale di appello, n. 409/18, depositata il 23 ottobre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 ottobre 2020 dal Consigliere G M;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L C, che ha chiesto la dichiarazione d'inam- missibilità del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 4 dicembre 2017, la Corte dei conti, Sezione giuri- sdizionale regionale per il Lazio, condannò N D, in qualità di presi- dente del consiglio di amministrazione della Tarquinia Multiservizi S.p.a., so- cietà in house partecipata dal Comune di Tarquinia, al pagamento della somma di Euro 33.480,01, oltre accessori, a titolo di risarcimento del danno erariale cagionato dalla deliberazione con cui il consiglio di amministrazione della società aveva deciso una spesa di Euro 76.960,02 per l'allestimento di addobbi natalizi, a fronte di una spesa di Euro 10.000,00 autorizzata dal Co- mune.

2. L'impugnazione proposta dal Dili è stata rigettata dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale centrale d'appello, con sentenza del 23 ottobre 2018. A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso il difetto di giurisdizione del Giudice contabile, osservando che la natura della società escludeva la possibilità di distinguere il danno causato alla stessa da quello causato all'ente partecipante, in quanto il patrimonio della prima, pur essendo separato, era comunque riconducibile al secondo. Ha ritenuto ammissibile il concorso dell'azione erariale con quella di responsabilità proposta dinanzi al Giudice ordinario nei confronti degli amministratori della società, precisando che, in caso di duplice condanna, l'amministrazione danneggiata deve tener conto, in sede esecutiva, di quanto già recuperato a carico del responsabile. Ha infine escluso la prescrizione dell'azione, affermando che la volontà mani- festata dall'amministrazione attraverso l'azione proposta in sede civile era equiparabile ad un atto di costituzione in mora, idoneo ad interrompere la prescrizione anche in riferimento all'azione di responsabilità amministrativa. Nel merito, la Corte ha ritenuto provato il danno, rilevando che la somma stanziata dal Comune costituiva un chiaro limite di spesa imposto dal socio pubblico alla società in house, mentre il riconoscimento del debito da parte degli organi dell'ente costituiva un atto dovuto in conseguenza della delibe- razione della spesa in questione. Ha precisato che l'insindacabilità delle scelte discrezionali dell'amministrazione non esclude la possibilità di verificarne la compatibilità con i fini pubblici dell'ente, nonché la conformità ai criteri di economicità, congruità e razionalità dell'azione amministrativa, affermando che nella specie tali criteri risultavano violati, in considerazione del vincolo di spesa posto dal socio pubblico e della situazione finanziaria della società. Ha ritenuto altresì sussistente la colpa grave dell'amministratore, il quale, pur essendo a conoscenza del predetto vincolo e della situazione finanziaria della società, aveva contribuito ad una decisione che già ex ante poteva ritenersi dannosa per quest'ultima. La Corte ha ritenuto infine corretto l'addebito al Dili di una maggior quota del danno, in ragione del suo ruolo di presidente del consiglio di amministra- zione, escludendo invece la possibilità di tener conto dei vantaggi conseguiti dall'amministrazione, in quanto tale circostanza non era stata eccepita in primo grado, e risultava comunque non provata.

3. Avverso la predetta sentenza il Dili ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. Il Procuratore ge- nerale della Corte dei conti ha resistito con controricorso. Gli atri intimati non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 12, comma secondo, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente la giurisdizione contabile, nonostante la mancanza di un danno erariale. Premesso che tale danno sus- siste esclusivamente nel caso in cui l'agente abbia tradito la finalità d'inte- resse pubblico perseguita attraverso l'investimento di denaro pubblico, af- ferma che nella specie tale tradimento non era configurabile, in quanto i fondi messi a disposizione dal Comune erano stati spesi proprio per lo scopo pro- grammato, mentre l'utilizzazione di ulteriori somme stanziate dal consiglio di amministrazione della società non era qualificabile come danno erariale.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente insiste sulla violazione dell'art. 1, comma secondo, del d.lgs. n. 175 del 2016, ribadendo che la sentenza impu- gnata non si è limitata a verificare l'esistenza del danno erariale conseguente all'esborso del denaro messo a disposizione dal Comune, ma ha esteso la giurisdizione contabile alla spesa di una somma facente parte del patrimonio della società.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2392 e ss., 2448, secondo comma, e 2450 cod. civ. e dell'art. 16 del d.lgs. n. 175 del 2016, rilevando che, nel ritenere sussistente la giurisdizione contabile, la sentenza impugnata non ha tenuto conto del carattere eccezionale della stessa, i cui confini sono tipizzati dal legislatore. Premesso che le società in house sono riconducibili al modello societario di diritto comune, e precisato che eventuali deroghe vanno interpretate restrittivamente, trattandosi di norme che fanno eccezione a regole generali, osserva che la predetta disci- plina attribuisce la gestione dell'impresa esclusivamente agli amministratori, le cui decisioni nella specie non potevano essere eterodirette da parte del Comune, in assenza di una norma statutaria che riconoscesse a quest'ultimo un potere di ingerenza nell'amministrazione della partecipata. Limitare alla amministrazione ordinaria i poteri di gestione degli amministratori comporte- rebbe infatti una violazione dei principi inderogabili su cui si fonda la respon- sabilità degli stessi nei confronti della società e dei creditori sociali, impe- dendo inoltre di individuare con certezza i casi nei quali essi sono tenuti a rispondere per mala gestio, in relazione ad atti ordinati dal superiore gerar- chico. Aggiunge che le società di capitali costituite o partecipate da enti pub- blici per il perseguimento delle proprie finalità restano società di diritto pri- vato, la cui disciplina, in mancanza di diverse disposizioni, dev'essere desunta dalle norme del codice civile;
queste ultime configurano le predette società come soggetti di diritto pienamente autonomi e distinti, sia rispetto alle per- sone che rivestono la qualità di organi, sia rispetto ai soci ed al patrimonio, con la conseguenza che alle predette persone non è imputabile il rapporto di servizio intercorrente tra l'ente pubblico e la società partecipata, e che il danno cagionato dagli amministratori di quest'ultima al patrimonio della so- cietà non può ritenersi arrecato all'ente partecipante.
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