Cass. pen., sez. V trib., sentenza 13/01/2021, n. 01184

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 13/01/2021, n. 01184
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01184
Data del deposito : 13 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M MO nato a GIFFONE il 29/01/1953 avverso la sentenza del 11/11/2019 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta .dal Consigliere A C. Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137. Letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione L B, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata in data 11/11/2019, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del 04/12/2017 con la quale il Tribunale di Como aveva dichiarato M M responsabile del reato di cui all'art. 483 cod. pen. (per avere falsamente attestato, in una segnalazione certificata di inizio attività, con dichiarazione sostitutiva di certificazione, di essere in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, mentre a suo carico risultava una sentenza di condanna per associazione di stampo mafioso) e lo aveva condannato alla pena di giustizia.

2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione M M, attraverso il difensore Avv. R R, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione. La sentenza di appello non ha risposto al motivo di gravame che invocava il riconoscimento dell'errore incolpevole o colposo alla luce delle dichiarazioni del commercialista dell'imputato A G. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo, violazione del principio del ragionevole dubbio e inversione dell'onere probatorio richiesto alle parti. A fronte della piena consapevolezza in capo al commercialista Gatto sulla natura e la consistenza della condanna a suo tempo riportata dal ricorrente, che proprio a causa di essa si era rivolto a lui per superare lo stato di dubbio in cui si trovava, è illogica l'affermazione della consapevolezza in capo al ricorrente dell'illiceità del proprio agire, laddove l'essersi rivolto ad un soggetto competente al disbrigo delle pratiche formali necessarie all'apertura di un'impresa è sintomatico del dubbio in cui si trovava il ricorrente. Diversamente da quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, il modulo prestampato peccava di chiarezza logica e normativa, come confermato dalla stessa testimonianza del commercialista, che ha dichiarato che il modulo faceva riferimento ad una disposizione legislativa abrogata, ossia all'art. 10 della legge n. 575 del 1969. 3. Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione L B ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO1. Il ricorso deve essere rigettato.
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