Cass. pen., sez. IV, sentenza 07/07/2021, n. 25758

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 07/07/2021, n. 25758
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25758
Data del deposito : 7 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: A A nato a FIRENZE il 19/05/1983 avverso la sentenza del 28/01/2019 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA P;
all'esito della trattazione ex art. 23 del d.l. n. 137 del 2020.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato A A, per i reati commessi in data 27 luglio 2014, alla pena di mesi 6 di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda, con conseguente sospensione della patente di guida, per la contravvenzione di cui al capo a (ex art. 186, lett c, cod.strada - per aver guidato in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico 1,97 e 1,93 g/l) ed alla pena di anni 1 di reclusione per il reato di cui al capo b (ex artt. 336 e 99 cod.pen., per aver minacciato - di denuncia, di morte e violenza anche nei confronti della figlia di uno dei due operanti- i carabinieri che lo avevano fermato per eseguire il controllo, al fine di costringerli a omettere l'atto dovuto).

2. Avverso la sentenza di cui in epigrafe ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore, l'imputato, che ha dedotto la violazione dell'art. 92 cod.pen., in relazione agli artt. 85 e 91 cod.pen., e la mancanza di motivazione sul punto, non essendosi soffermati i giudici di merito sull'incidenza dell'ubriachezza sul dolo specifico del delitto di cui all'art. 336 cod.pen., contestato al capo b. In particolare i giudici di merito avrebbero dovuto verificare se, al momento in cui l'imputato si è ubriacato, sussisteva il dolo specifico richiesto dall'art. 336 cod.pen. e, comunque, accertare se le frasi pronunciate in occasione del controllo costituissero lo sproloquio di un ubriaco, più che delle vere e proprie minacce.

3. Il giudizio è stato trattato con le modalità di cui all'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020. La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può essere accolto.

2.In primo luogo va chiarito che la presunzione assoluta di imputabilità, posta dall'art.92 cod. pen. nei confronti del reo ubriaco (nel caso di ubriachezza non accidentale), non esime il giudice dall'obbligo di accertare in concreto la sussistenza della colpevolezza, sia pure come mero atteggiamento psichico di una coscienza obnubilata e di una volizione affievolita naturalisticamente dall'ebbrezza, con riferimento al momento in cui il fatto è stato commesso (Sez. 2, n. 4935 del 21/11/1973 ud.- dep. 12/07/1974, Rv. 127539 - 01). Invero, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali criteri d'individuazione dell'elemento psicologico del reato, poiché l'art. 92 cod. pen., nel disciplinarne l'imputabilità, nulla dice in ordine alla sua colpevolezza, che va, pertanto, apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod. pen. (v., tra le tante, Sez. V, n. 45997, del 2/11/ 2016 ud. - 14/07/2016 dep., Rv. 268482 - 01, che ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva confermato la responsabilità a titolo di dolo eventuale, nonostante l'ubriachezza, dell'imputato che, dopo aver percorso per più chilometri un tratto di autostrada contromano, si era reso responsabile di omicidio plurimo e lesioni, valorizzando elementi quali il comportamento poco prima tenuto all'uscita da un locale, la corretta condotta di guida nella prima parte del percorso autostradale, il comportamento tenuto durante un diverbio occorso nella serata ed il fatto che, nell'immediatezza dell'incidente, l'imputato non era apparso affatto in stato confusionale agli automobilisti ed agenti intervenuti). Da tali premesse deriva, dunque, che l'elemento soggettivo deve essere verificato - contrariamente alla impostazione difensiva, che aderisce ad una ricostruzione ormai superata, proposta da una parte della dottrina - con riferimento al momento della commissione del fatto e non con riferimento a quello della procurata ubriachezza, posto che gli artt. 91,92,94 e 95 cod.pen. si limitano a disciplinare i limiti della compatibilità dell'ubriachezza con l'imputabilità, senza, tuttavia, introdurre alcuna deroga rispetto alla regola generale di cui all'art. 42 cod.pen., che esige la sussistenza del dolo o della colpa al momento della commissione del fatto e non in un lasso temporale anteriore. Tale conclusione è, peraltro, confermata dall'art. 91, secondo comma, cod.pen., che, nel configurare l'ubriachezza, se preordinata al fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa, come una mera circostanza aggravante, esclude che la rappresentazione e volizione della commissione del reato debba necessariamente sussistere all'epoca dell'ingerenza della bevanda alcolica. Tale disciplina, sebbene abbia suscitato le perplessità della dottrina, che si interroga sulla effettiva possibilità di configurare il dolo o la colpa in capo a chi agisce in preda all'alcool e che evidenzia il pericolo di una responsabilità penale di tipo oggettivo, è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Consulta nella sentenza n. 33 del 1970. Ad avviso della Corte costituzionale, la differenza normativa tra ubriachezza derivata o ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore è giustificata dall'intenzione del legislatore di reprimere l'ubriachezza come male sociale, visto che, nella seconda ipotesi, l'ubriaco, che ha commesso un reato, si è posto volontariamente o colposamente in condizione di commetterlo e deve, dunque, rispondere di una condotta anti-doverosa. Si è, pertanto, esclusa l'irragionevolezza ed il conseguente contrasto con l'art. 3 Cost. dell'art. 92 cod.pen. in relazione al fine perseguito dal legislatore. Parimenti si è negata la violazione dell'art. 27Cost., sia perché chi si ubriaca (per sua volontà o per sua colpa) e commette un reato, risponde del proprio comportamento, sia perché la pena irrogata, oltre a non differire da quella a cui soggiace ogni autore di reato, non può ritenersi non emendativa, essendo diretta ad attivare, nel condannato, una controspinta all'abuso dell'alcool (ubriachezza volontaria) o a provocare un energico richiamo alla temperanza e alla moderazione (ubriachezza colposa).
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