Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/03/2015, n. 5682

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Ai fini della sussistenza dell'illecito disciplinare del magistrato che ometta di comunicare al Cons. Sup. Magistratura una situazione di incompatibilità, la convivenza tra il magistrato della Procura della Repubblica e l'ufficiale di polizia giudiziaria stabilmente assegnato alla relativa sezione determina incompatibilità, ai sensi dell'art. 42 della circolare del Cons. Sup. Magistratura n. P-12940 del 25 maggio 2007, e successive modificazioni, a prescindere dalle forme burocratiche dell'assegnazione (nella specie, brigadiere "aggregato" e non "addetto" alla sezione), atteso che la previsione dell'incompatibilità è diretta a tutelare la correttezza e l'imparzialità dell'attività giudiziaria, il cui esercizio, anche solo a livello di immagine, potrebbe essere leso dall'esistenza di legami affettivi e di convivenza tra il magistrato investito del compito di dirigere le indagini e il personale di polizia giudiziaria chiamato ad eseguirle, sì da dare luogo a sodalizi percepibili dall'esterno come centri di potere, anziché come strutture operative a fini di giustizia.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/03/2015, n. 5682
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5682
Data del deposito : 20 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

SENTENZA
sul ricorso 21182-2014 proposto da:
M.D. , elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II

284, presso lo studio 60 dell'avvocato M C, che la rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la sentenza n. 101/2014 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 01/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2015 dal Consigliere Dott. A A;

udito l'Avvocato C M;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. A U che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo ed il sesto, rigettati gli altri. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.D. , attualmente Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano, ha impugnato la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura in data 26 marzo 2014. Detta pronuncia l'ha dichiarata responsabile della incolpazione di cui al Capo A) della rubrica, qualificato il fatto a norma del 719-11723b3a8f88::LR48680521BEDB743FECAF::2011-12-22" href="/norms/laws/itatextw3kztczen02t1s/articles/itaartmzc9akjoy4ab8i?version=6909c6b1-40a3-52e8-8719-11723b3a8f88::LR48680521BEDB743FECAF::2011-12-22">D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. b, nonché di quelle di cui ai Capi D)
ed F), conseguentemente condannandola alla sanzione della perdita della anzianità di mesi tre, mentre l'ha assolta dagli altri addebiti ascrittile.
Con riferimento all'illecito di cui al Capo A), relativo alla mancata segnalazione e, comunque, alla mancata rimozione della situazione d'incompatibilità derivante dal rapporto di convivenza more uxorio intrattenuto con il brigadiere della Guardia di Finanza Mi. .Mi. , la Sezione disciplinare ha anzitutto ritenuto infondata l'eccezione di estinzione dell'azione, argomentata dalla difesa della M. con il rilievo che il fatto ivi previsto, pur essendo noto al Procuratore generale sin dall'avvio del procedimento, avvenuto il 13 dicembre 2011, le era stato formalmente contestato per la prima volta in data 11 aprile 2013, dopo il decorso del termine annuale di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15 per l'inizio dell'azione disciplinare.
Ha osservato in proposito il decidente che alla lett. A) della originaria incolpazione, formulata in data 13 dicembre 2011, con la comunicazione di avvio del procedimento, era stato espressamente contestato alla dott.sa M. di essersi avvalsa della
collaborazione, quale ufficiale di polizia giudiziaria, del brigadiere della Guardia di finanza Mi.Mi. , nonostante convivesse con lo stesso more uxorio e che l'incolpata, nella memoria in data 8 maggio 2012, aveva esercitato in pieno, sul punto, il proprio diritto di difesa. Nè poteva attribuirsi rilievo alcuno alla circostanza che quella prima contestazione non conteneva alcun riferimento alla circolare ministeriale che disciplina le situazioni di incompatibilità tra magistrati addetti a uffici di procura e ufficiali di polizia giudiziaria, oggetto di contestazione essendo solo il fatto, non anche il dato di normazione secondaria che impone al magistrato specifici obblighi di comunicazione. E tanto a prescindere dal rilievo che la completa notizia dei profili di rilevanza disciplinare, costituiti dalla mancata ottemperanza a siffatti obblighi, ben poteva essere stata acquisita solo dopo la segnalazione di inopportunità fatta dal Procuratore della Repubblica di Como, rendendo così necessaria una puntualizzazione dell'illecito.
Ha poi aggiunto il decidente che l'esistenza di un rapporto affettivo e di stabile convivenza tra la M. e il Mi. - che era
diventato di pubblico dominio e che, secondo i testi escussi, aveva determinato uno stato di disagio all'interno dell'ufficio, a causa del comportamento alquanto disinvolto del Mi. - rientrava tra i casi di incompatibilità previsti al punto 42 della circolare consiliare n. P-12940 del 25 maggio 2007, modificata in data 14 aprile 2009, stante l'anomala assegnazione del Mi. allo stesso gruppo di lavoro della M. .
Nel contesto così determinatosi, del tutto irrilevante era che il brigadiere fosse solo aggregato e non addetto alla sezione di polizia giudiziaria, considerato che di fatto lo stesso vi aveva svolto in via continuativa e per ben nove anni la sua attività, di talché la M. si era trovata a esercitare il singolare ruolo di direzione e di controllo del convivente. La mancata segnalazione al C.S.M. del rapporto con l'ufficiale di polizia giudiziaria assegnatole integrava dunque l'illecito di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 2, lett. b).
Quanto alla contestazione di cui al Capo D) della rubrica, con la quale era stato addebitato alla dottoressa M. di non essersi astenuta dalla prosecuzione delle indagini in un procedimento a carico di tale S.D. , pur dopo avere presentato,
unitamente al Mi. , querela per diffamazione nei confronti dello stesso, in relazione a un articolo pubblicato su un sito internet, il decidente ha ritenuto irrilevante la circostanza che la querela fosse stata proposta dalla M. dopo che nel
procedimento contro lo S. era stato emesso l'avviso di chiusura delle indagini, vero essendo che le indagini preliminari non si concludono affatto con detto avviso, ma con la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio, nella specie intervenuta alcuni mesi dopo e che in ogni caso il P.M. anche dopo l'adozione dell'avviso, ben può compiere ulteriori indagini, come in concreto, peraltro, si era verificato.
Infine, con riferimento agli addebiti di cui al Capo F) dell'incolpazione, ha osservato il giudice disciplinare che la M. avrebbe dovuto astenersi dall'indagare sul colonnello Me. , che, in quanto superiore del suo convivente, aveva sollecitato un intervento del Procuratore volto a rimuovere il Mi. dalla sezione di polizia giudiziaria dell'ufficio da lui diretto, e tanto in un contesto in cui, da un lato, era di palmare evidenza l'assoluta inconsistenza delle accuse formulate nei confronti dello stesso e, dall'altro, il magistrato aveva assunto iniziative chiaramente indicative del suo personale interesse al trattenimento del brigadiere. Avverso detta pronuncia M. .D. ha proposto ricorso alle sezioni unite di questa Corte, affidando le sue doglianze a sei motivi illustrati anche da memoria. L'intimato Ministero non ha svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE


1.1 Dopo aver ricordato che il procedimento di cui al presente giudizio era stato originato da una nota in data 12 luglio 2011 del dott. B.M. , Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Como, il quale aveva segnalato al Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione e al Comitato di Presidenza del C.S.M. comportamenti della dott.sa M. ritenuti suscettibili di valutazione in sede disciplinare, l'esponente denuncia, con il primo motivo di ricorso, violazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, commi 1 e 7, e dell'art. 6 della C.E.D.U.;
nullità per erronea
configurazione del fatto nuovo e difetto di tempestiva comunicazione, ex artt. 423, 516, 521 e 522 cod. proc. pen.;
mancanza, contraddittorietà, illogicità della motivazione e travisamento dei fatti.
Premesso che il termine annuale per l'avvio dell'azione disciplinare è, pacificamente, un termine decadenziale, evidenzia la ricorrente che i fatti a lei contestati in data 11 aprile 2013, al Capo A) della rubrica, erano nuovi e diversi rispetto a quelli che in precedenza le erano stati addebitati. Con la contestazione in data 11 aprile 2013, peraltro dichiaratamente volta a integrare e sostituire la precedente in data 23 marzo 2012, ella era invero stata chiamata a rispondere davanti alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura per aver omesso di segnalare, e, comunque, di rimuovere, l'incompatibilità derivante dal rapporto di convivenza more uxorio, risalente all'anno 2007, con il brigadiere della Guardia di Finanza Mi.Mi. , omettendo altresì di vigilare sul corretto
adempimento dei propri doveri da parte dello stesso, laddove nella comunicazione di avvio del procedimento del 13 dicembre 2001 e nel successivo invito a discolparsi del 23 marzo 2012 le era stato ascritto l'illecito di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, agli art. 1, comma 1, e art. 2, lett. a), c) ed n), per avere violato i doveri di correttezza e imparzialità, ponendo in essere comportamenti idonei ad arrecare ingiusto danno o indebito vantaggio ad alcuni indagati o persone offese, altresì violando norme regolamentari e disposizioni sul servizio giudiziario adottate dal Procuratore della Repubblica. In sostanza, mentre la prima incolpazione concerneva anzitutto la violazione delle disposizioni impartite dal Procuratore della Repubblica di Como per ragioni di opportunità, accennandosi solo, come profilo dell'opportunità dell'esercizio della facoltà di astensione del P.M., alla relazione sentimentale con il Mi. , da un lato, e al coinvolgimento di quest'ultimo nella conduzione di una specifica indagine, dall'altro, nella contestazione in data 11 aprile 2013 l'incolpazione centrale era la violazione dell'art. 42 della circolare del C.S.M., e cioè la mancata segnalazione e la mancata rimozione della situazione di incompatibilità. Ora, la contestazione di siffatto addebito era chiaramente tardiva, rispetto alla conoscenza che ne aveva avuto il titolare dell'azione disciplinare, la quale doveva farsi risalire all'acquisizione della denuncia circostanziata del dott. B.M. , avvenuta
nell'ottobre - novembre 2011. L'impugnante contesta infine sia che il titolare dell'azione disciplinare avesse avuto cognizione postuma di fatti nuovi, diversi da quelli oggetto della comunicazione di avvio del procedimento dell'anno 2011 e del primo invito a discolparsi del marzo 2012, sia la correttezza, sul piano giuridico, della ritenuta idoneità dell'esercizio del diritto di difesa a surrogare il rispetto di un termine di decadenza.

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