Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/08/2004, n. 14875

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Ai fini della indennizzabilità di un evento dannoso che abbia portato alla morte di un lavoratore come infortunio sul lavoro, non è sufficiente che il fatto si sia verificato in coincidenza di tempo e di luogo con l'attività lavorativa, o con il percorso abituale per raggiungerla, essendo necessario anche un nesso di derivazione eziologia tra l'attività lavorativa e l'infortunio, nel senso che la concreta attività del soggetto protetto deve averne determinato l'esposizione a un rischio specifico o generico aggravato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di questo principio non ritenendo provata la occasione di lavoro per la morte di un allevatore colpito da colpi di arma da fuoco mentre si recava presso la propria azienda).

La mancata riproduzione, in seno al nuovo codice di procedura penale, della disposizione di cui all'art. 3, dell'abrogato cod. proc. pen., comporta il venir meno del principio della cosiddetta pregiudiziale penale, per cui il processo civile, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dall'art. 75, terzo comma, cod. proc. pen., prosegue il suo corso, senza essere condizionato dal processo penale nel caso in cui l'azione penale sia stata effettivamente esercitata, ed il giudice civile è tenuto a compiere un autonomo accertamento dei fatti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 03/08/2004, n. 14875
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14875
Data del deposito : 3 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. D L M - rel. Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. M F A - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M G, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA BALDO DEGLI UBALDI

66, presso lo studio dell'avvocato V R, che lo difende unitamente all'avvocato M T S, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE

CONTRO

GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA IV NOVEMBRE

144, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, R R, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 25.02.02 REP N. 594 93;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 38/01 della Sezione distaccata di corte d'Appello di SASSARI, depositata il 07/02/01 - R.G.N. 127/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/03/04 dal Consigliere Dott. M D L;

udito l'Avvocato P per delega RASPANTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE

Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora denunciata, la Corte d'appello di Cagliari - Sezione distaccata di Sassari confermava la sentenza del Tribunale di Sassari in data 28 luglio 1999, che aveva rigettato la domanda proposta da Giovannina Mara, vedova di G B, contro l'INAIL - per ottenere la rendita ai superstiti, in dipendenza della morte del coniuge per infortunio sul lavoro - essenzialmente in base ai rilievi seguenti:
la morte dei coniuge dell'attrice è stata, bensì, causata dalle ferite da arma da fuoco - che gli erano state inferte mentre si recava nella propria azienda, ove svolgeva attività di allevatore - ma non è risultato, tuttavia, alcun nesso tra la stessa attività lavorativa e l'omicidio, in quanto,- essendone rimasti ignoti gli autori - non era possibile identificarli con ladri di bestiame (pur avendone la stessa vittima, precedentemente, denunciato dei furti);

peraltro non può disporsi la sospensione dei processo - siccome richiesto in subordine - non essendo stata esercitata azione penale per l'omicidio.
Avverso la sentenza d'appello, Giovannina Mara propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi. L'intimato INAIL resiste con controricorso.
MOTIVO DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di ricorso - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di
diritto (art. 2 DPR 30 giugno 1965, n. 1124, e 115 c.p.c.) - Giovannina Mara censura la sentenza impugnata - per avere negato qualsiasi nesso tra l'attività lavorativa svolta e l'omicidio subito dal proprio coniuge - sebbene questi sia stato raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre si recava nella sua azienda agricola, per accudire il bestiame, ed avesse in precedenza subito diversi furti di bestiame.
Con il secondo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 295 c.p.c.) - la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere
disposto la sospensione del presente processo civile, sebbene pendesse procedimento penale per lo stesso fatto (procedimento penale n. 1195/00, dinanzi alla Procura della repubblica presso il Tribunale di Sassari, per l'omicidio di G B).
Il ricorso non è fondato.
2.1 .Ancora prima della definizione legale (art. 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, Disposizioni in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'art. 55 comma 1, legge 17 maggio 1999, n. 144) - che ha sostanzialmente recepito i "principi giurisprudenziali
consolidati in materia", in ossequio allo specifico principio direttivo della delega al Governo (art. 55, comma 1, lettera u, legge 17 maggio 1999, n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al
Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali) - infortunio in itinere è l'infortunio occorso durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenza n. 12072/2003, 11792, 7222, 6511/2002, 10162 2001) - anche nel caso di utilizzazione di mezzi di trasporto privati, purché tale utilizzazione sia necessitata, cioè funzionalizzata, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo in cui avviene, ad un corretto e puntuale adempimento dei compiti lavorativi.
Tuttavia la coincidenza di tempo e di luogo non è necessaria e, per quel che qui particolarmente interessa, non è da sola sufficiente ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio - sia che questo avvenga in itinere, sia che avvenga nel luogo e durante l'orario di lavoro - ove non integri la occasione di lavoro - componente essenziale, appunto, dell'infortunio indennizzabile (art. 2 DPR n. 1124 del 1965) - che, in ogni caso, postula - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 16216/2003, 5357/2002, 15691, 1109/2000, 932/99, 10815, 4646, 3752, 3747, 455/98, 8538/97, 4298/96, 6531/95, 106/94 3744/93, 10961/92, 4374/89, 7541, 6382/87, 7652/86, 2050/85, 2088/75) - un nesso di derivazione eziologica tra l'attività lavorativa e l'infortunio - per essere la prima, se non la causa, almeno la occasione del secondo - nel senso che, proprio, la concreta attività del soggetto protetto ne determini - anche indirettamente - l'esposizione al rischio specifico o generico aggravato - comunque, diverso da quello comune e generico - dell'infortunio, che gli sia in concreto occorso.
In altri termini, la prospettata coincidenza di tempo e di luogo non è da sola idonea ad integrare, in ogni caso, la occasione di lavoro, ancorché possa costituire, comunque, quantomeno un indizio - e, come tale, possa fondare la presunzione (art. 2727 ss. c.c.) - circa la sussistenza dello stesso rapporto occasionale (vedi, per tutte, Cass. n. 10815, 3747/98, cit.).
Coerentemente, la sussistenza della occasione di lavoro risulta negata - nonostante la coincidenza prospettata - in dipendenza, appunto, del difetto di un rapporto occasionale tra attività lavorativa ed infortunio, sia che questo avvenga in itinere, sia che avvenga nel luogo e durante l'orario di lavoro (vedi, ad esempio, Cass. n. 6382/87, cit., con riferimento a fattispecie non dissimile da quella dedotta nel presente giudizio;
Cass. n. 10815, 3752/98, cit., con riferimento ad omicidio volontario consumato nel luogo e durante l'orario di lavoro).
L'accertamento in concreto, poi, del prospettato rapporto occasionale tra attività lavorativa ed infortunio - in ossequio dei principi di diritto enunciati - è accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine per tutte, le sentenze n. 447, 6449/98, 15311/2001, 11885/2003) - e sindacabile, in sede di legittimità, soltanto per vizio di motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), che non può consistere, tuttavia, in una diversa ricostruzione dei medesimi fatti (vedi, per tutte, Cass. n. 16213/2003). La sentenza impugnata non si discosta dai principi di diritto enunciati e non merita, quindi, le censure che le vengono mosse con il primo motivo di ricorso.

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