Cass. pen., sez. IV, sentenza 08/03/2018, n. 10561
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Testo completo
la seguente S L A sul ricorso proposto da: B M nato il 08/03/1967 a AVERSA avverso l'ordinanza del 29/09/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA PICARDI;
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.M B, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha impugnato in data 7 dicembre 2016 l'ordinanza della Corte di Appello di Napoli, notificata in data 24 novembre 2016, con cui è stata rigettata la sua richiesta di riparazione per ingiusta detenzione patita dal 27 aprile 2009 al 10 agosto 2010, denunciando la illogicità e mancanza della motivazione in relazione agli artt. 314, 315, terzo comma, 646, terzo comma, 127, settimo comma, cod. proc. pen.
2. Il ricorrente, al quale è stata applicata misura cautelare della custodia cautelare in quanto gravemente indiziato per il delitto di cui all'art. 416-bis cod.pen., è stato condannato all'esito del giudizio abbreviato per l'ipotesi associativa semplice, mentre è stato assolto per le residue imputazioni (artt. 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992 e 7 I. n. 203 del 1991;
artt. 648-bis cod.pen.);
in appello si è pervenuti all'assoluzione per non aver commesso il fatto anche per il reato associativo.
3.La Corte di Appello di Napoli ha rigettato l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione ritenendo, in base agli esiti delle intercettazioni ed alle stesse dichiarazioni dell'istante, che lo stesso "abbia dato concretamente l'impressione di volere fortemente (e per questo si attivava concretamente) creare una situazione di cointeressenza nella gestione di imprese unitamente al G R, già nel passato condannato per partecipazione a diverse organizzazioni camorristiche (e nel procedimento specifico condannato per la partecipazione al clan dei casalesi) per essere imprenditore disponibile a mettersi a disposizione delle organizzazioni camorristiche imperanti sui vari territori pur di aumentare il proprio volume di affari" e che "obiettivamente, agli occhi del giudice della cautela una condotta di tale fatta, tutt'altro che limpida in quanto chiaramente denotante l'esistenza di un rapporto di natura ambigua (finalizzato a sempre maggiori margini di profitto) intrattenuto con figure imprenditoriali legate a stretto filo alla camorra locale, è apparsa, sia pure erroneamente, attesi gli esiti assolutori del processo, gravemente allarmante e necessitante del pronto intervento dell'Autorità in funzione preventiva e repressiva". Ha, inoltre, aggiunto che "Brusciano Massimiliano nel corso dell'interrogatorio di garanzia innanzi al Giudice della cautela abbia anche corroborato l'ipotesi accusatoria, confermando la conoscenza della fama criminale di G R".
4.11 ricorrente, con l'odierna impugnazione e nella successiva memoria depositata, ha lamentato la mera apparenza della motivazione ancorata a condotte non riconducibili al capo di imputazione per cui è stata emessa la misura cautelare e, comunque, non fondata su elementi concreti e idonei a dimostrare la tesi sostenute, sottolineando che il giudice della riparazione può rivalutare i fatti che il giudice del merito abbia ritenuto accertati e non quelli la cui esistenza abbia escluso - la sentenza definitiva ha, difatti, escluso "sia che R G fosse sempre interessato all'acquisizione di sale bingo insieme ai coimputati Pellegrino e Brusciano;
sia l'ipotesi ricostruttiva del giudice di prime
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.M B, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha impugnato in data 7 dicembre 2016 l'ordinanza della Corte di Appello di Napoli, notificata in data 24 novembre 2016, con cui è stata rigettata la sua richiesta di riparazione per ingiusta detenzione patita dal 27 aprile 2009 al 10 agosto 2010, denunciando la illogicità e mancanza della motivazione in relazione agli artt. 314, 315, terzo comma, 646, terzo comma, 127, settimo comma, cod. proc. pen.
2. Il ricorrente, al quale è stata applicata misura cautelare della custodia cautelare in quanto gravemente indiziato per il delitto di cui all'art. 416-bis cod.pen., è stato condannato all'esito del giudizio abbreviato per l'ipotesi associativa semplice, mentre è stato assolto per le residue imputazioni (artt. 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992 e 7 I. n. 203 del 1991;
artt. 648-bis cod.pen.);
in appello si è pervenuti all'assoluzione per non aver commesso il fatto anche per il reato associativo.
3.La Corte di Appello di Napoli ha rigettato l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione ritenendo, in base agli esiti delle intercettazioni ed alle stesse dichiarazioni dell'istante, che lo stesso "abbia dato concretamente l'impressione di volere fortemente (e per questo si attivava concretamente) creare una situazione di cointeressenza nella gestione di imprese unitamente al G R, già nel passato condannato per partecipazione a diverse organizzazioni camorristiche (e nel procedimento specifico condannato per la partecipazione al clan dei casalesi) per essere imprenditore disponibile a mettersi a disposizione delle organizzazioni camorristiche imperanti sui vari territori pur di aumentare il proprio volume di affari" e che "obiettivamente, agli occhi del giudice della cautela una condotta di tale fatta, tutt'altro che limpida in quanto chiaramente denotante l'esistenza di un rapporto di natura ambigua (finalizzato a sempre maggiori margini di profitto) intrattenuto con figure imprenditoriali legate a stretto filo alla camorra locale, è apparsa, sia pure erroneamente, attesi gli esiti assolutori del processo, gravemente allarmante e necessitante del pronto intervento dell'Autorità in funzione preventiva e repressiva". Ha, inoltre, aggiunto che "Brusciano Massimiliano nel corso dell'interrogatorio di garanzia innanzi al Giudice della cautela abbia anche corroborato l'ipotesi accusatoria, confermando la conoscenza della fama criminale di G R".
4.11 ricorrente, con l'odierna impugnazione e nella successiva memoria depositata, ha lamentato la mera apparenza della motivazione ancorata a condotte non riconducibili al capo di imputazione per cui è stata emessa la misura cautelare e, comunque, non fondata su elementi concreti e idonei a dimostrare la tesi sostenute, sottolineando che il giudice della riparazione può rivalutare i fatti che il giudice del merito abbia ritenuto accertati e non quelli la cui esistenza abbia escluso - la sentenza definitiva ha, difatti, escluso "sia che R G fosse sempre interessato all'acquisizione di sale bingo insieme ai coimputati Pellegrino e Brusciano;
sia l'ipotesi ricostruttiva del giudice di prime
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