Cass. civ., sez. I, sentenza 07/07/2004, n. 12417
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Le nuove eccezioni, al pari delle nuove domande, non possono trovare ingresso in appello (art. 345 cod. proc. civ. novellato); se prospettate, la relativa preclusione è rilevabile d'ufficio, anche per la prima volta in sede di legittimità, in considerazione della natura pubblicistica del divieto, a meno che non si sia formato il giudicato sul punto.
I distinti elementi che caratterizzano sul piano fattuale, prima ancora che giuridico, il contratto di apertura di credito regolato in conto corrente, da un lato, e quello di sconto con cessione di credito, dall'altro (concretizzandosi, il primo, in un affidamento della banca al cliente ed il secondo in un'anticipazione previa cessione "pro solvendo" del credito), comportano che l'ulteriore prospettazione, da parte del convenuto, del primo dei due contratti, in un momento successivo del processo (nella specie, da parte della banca convenuta, onde far escludere, ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria, il carattere solutorio delle rimesse eseguite dal cliente, poi dichiarato fallito), configura una eccezione nuova, non deducibile tardivamente in primo grado (nel caso, con la comparsa conclusionale), ne', tanto meno, per la prima volta avanti al giudice d'appello (in un giudizio nel quale trovano applicazione, "ratione temporis", le disposizioni novellate degli artt. 180, secondo comma, e 345, secondo comma, cod. proc. civ.). Nè la tardiva deduzione è evitata dalla tempestiva produzione documentale idonea, in ipotesi, ad evidenziare gli elementi della distinta fattispecie contrattuale successivamente fatta valere, atteso che la posizione delle parti nel processo civile viene desunta unicamente dal contenuto della domanda o delle eccezioni nonché dalle rispettive tesi dedotte a sostegno e non già dalla documentazione prodotta, la quale può svolgere solo la funzione di prova relativamente alle circostanze di fatto indicate a supporto del quadro giuridico prospettato.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L G - Presidente -
Dott. P U R - rel. Consigliere -
Dott. C W - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROLO BANCA 1473 S.P.A., in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ZANARDELLI 20, presso l'avvocato L A, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO FASHION CLAN 77 S.P.A., in persona del Curatore Dott. C T, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 28, presso l'avvocato G N, che lo difende unitamente all'avvocato M C, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 89/01 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 25/01/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2004 dal Consigliere Dott. U R P;
udito per il ricorrente l'Avvocato A che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente l'Avvocato C che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 22.12.1995 il Fallimento Fashion Clan 77 s.p.a. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Modena la Carimonte Banca s.p.a., ora Rolo Banca 1473 s.p.a., esponendo che:
- la società fallita era titolare presso la Cassa di Risparmio di Modena, cui era succeduta la Carimonte Banca s.p.a., del conto corrente n. 32312/5/11;
- la stessa aveva manifestato il proprio stato d'insolvenza dall'Ottobre 1990 ed era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Modena con sentenza del 15-18.1.1991;
durante lo stato d'insolvenza erano confluite sul conto rimesse per L. 83.066.899, utilizzate dall'Istituto di credito per azzerare il saldo passivo del conto;
- ogni singola rimessa si configurava come atto solutorio autonomo, revocabile ai sensi dell'art. 67 comma 2^ L.F..
Chiedeva pertanto che le rimesse confluite sul conto corrente dopo il manifestarsi dello stato d'insolvenza fossero dichiarate inefficaci e che la Banca fosse condannata a restituire alla curatela la somma di L. 83.066.899, oltre agli interessi ed alla svalutazione monetaria. La Rolo Banca 1473 s.p.a., succeduta alla Carimonte, si costituiva e contestava la domanda, deducendo che, essendo stata concessa alla Fashion nel Giugno 1990 un'apertura di credito regolata sul conto corrente menzionato nell'atto di citazione, le rimesse pervenute su detto conto non costituivano atti solutori revocabili ed inoltre che non aveva avuto alcuna conoscenza dello stato di insolvenza della propria cliente.
Con sentenza del 21.7.1998 il Tribunale accoglieva la domanda, revocando le rimesse effettuate nei mesi di Ottobre, Novembre e Dicenbre 1990 per complessive L. 83.066.899 e condannando la Rolo Banca a restituire detta somma, oltre alla rivalutazione monetaria, se superiore al tasso degli interessi legali, dalla data dei singoli versamenti.
Proponeva impugnazione la Rolo Banca ed all'esito del giudizio, nel quale si costituiva il Fallimento, la Corte d'Appello di Bologna con sentenza del 21.11.2000 - 25.1.2001, in parziale riforma della gravata decisione, disponeva la decorrenza della rivalutazione monetaria, se superiore al tasso degli interessi legali, dalla data della domanda a quella della deliberazione della sentenza stessa e la decorrenza degli interessi legali dalla data di detta deliberazione. Riteneva in primo luogo la Corte d'Appello del tutto nuova ed inammissibile ai sensi del novellato art. 345 comma 2^ C.P.C., confermando sul punto la decisione del Tribunale, l'eccezione, proposta per la prima volta in primo grado con la comparsa conclusionale, con cui la Rolo Banca aveva sostenuto che i versamenti derivavano in realtà da un negozio di cessione di credito, vale a dire da un negozio di anticipazione di credito contro documenti con cessione in garanzia dei crediti anticipati, con conseguente revocabilità del solo atto di cessione e non già anche dei pagamenti che ne costituiscono l'effetto differito nel tempo. Osservava al riguardo che il contratto di sconto bancario disciplinato dagli artt. 1858 e segg. C.C. ha natura diversa da quello di apertura di credito regolato dagli artt. 1842 e segg. C.C. fatto valere dalla Banca con la comparsa di costituzione e richiede la prova rigorosa di tutti gli elementi costitutivi, con la conseguenza che, comportando l'esame di una pretesa diversa da quella originaria, altera il regolare svolgimento del contraddittorio. Ribadiva poi che era risultata sfornita di prova la dedotta esistenza del contratto di apertura di credito che avrebbe consentito, mancando in tal caso un debito esigibile, di non attribuire carattere solutorio, ma solo ripristinatorio, alle rimesse confluite nei limiti dell'affidamento. Al riguardo precisava che i testi avevano fatto generico riferimento al rapporto di fido senza evidenziare alcuno degli elementi tipici del contratto disciplinato dagli artt. 1842 e segg. C.C. e che l'annotazione degli estremi dell'affidamento nel
libro fidi è atto interno della banca che non dimostra ne' l'assunzione di un obbligo da parte dell'Istituto di tenere quella determinata somma a disposizione del cliente ne' la conclusione di un accordo in tal senso fra le parti, potendo, oltre tutto, lo scoperto di conto essere tollerato dalla banca, il cui spontaneo adempimento agli ordini trasmessi dal cliente rientra normalmente nell'ambito di un rapporto di mandato di volta in volta adempiuto attraverso l'anticipazione di somme che vengono poi richiesti in restituzione "ad nutum".
Riteneva infine che sussistesse il requisito della "scientia decoctionis", avendo il curatore provato che alla società, poi fallita, erano stati protestati il 3.10.1990 cambiali per oltre 100.000.000 di lire, cui erano