Cass. civ., sez. V trib., sentenza 10/12/2019, n. 32185
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Testo completo
A seguito di verifica fiscale effettuata dalla G.d.F. di Tolmezzo nei confronti di P. s.r.l., venne emesso un p.v.c. notificato il 28.2.2008, ed un successivo avviso di accertamento per l'anno 2005 notificato il 19.5.2009, con cui vennero individuati costi indeducibili per l'importo di Euro 411.742,47, con recupero a tassazione dei conseguenti importi a fini IRES, IRAP e IVA. In sede di verifica, secondo la prospettazione dell'Ufficio, si era accertato che la società aveva impiegato lavoratori - formalmente dipendenti delle società K. I. d.o.o., K. d.o.o. e T. d.o.o., di diritto sloveno e serbo - illecitamente ad essa somministrati mediante l'utilizzo di fittizi contratti di appalto e subfornitura. Proposto ricorso dalla società, la C.T.P. di Napoli lo respinse con sentenza del 31.7.2012, confermata dalla C.T.R. della Campania con decisione del 1.7.2013, ove si ribadì la natura fittizia dei contratti di appalto, mascheranti l'irregolare somministrazione di manodopera, e la correttezza del recupero fiscale.
P. s.r.l. (ora in liq.) ricorre ora per cassazione, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
1.1 - Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
3. La ricorrente si duole del fatto che la C.T.R. abbia ritenuto raggiunta la prova dei fatti contestati dall'Agenzia mediante le dichiarazioni di terzi assunte dalla G.d.F. e le intercettazioni telefoniche ed ambientali, che assume inutilizzabili perchè formate in sede di indagine penale, mai sfociate in un processo e quindi selezionate esclusivamente dagli accertatori, con conseguente alterazione del giusto processo e del principio di parità delle armi.
1.2 - Con il secondo motivo, si denuncia la nullità della sentenza per motivazione contraddittoria ed insufficiente, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
4. Secondo la società ricorrente, la C.T.R. è incorsa nel vizio di motivazione per aver ritenuto sussistenti circostanze non provate e per aver fatto un erroneo governo delle presunzioni semplici.
1.3 - Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 29 e 85, lett. c), in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
3. La ricorrente si duole del fatto che la C.T.R., nel ritenere illecita la somministrazione di manodopera, ha inteso riferirsi ad una norma - quella dettata dalla L. n. 1369 del 1960, art.
1 - ormai abrogata dall'art. 85, lett. c), e sostituita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, non determinandosi più l'automatica conversione del rapporto in lavoro subordinato, ma occorrendo invece una esplicita volontà del lavoratore in tal senso, nella specie assente.
1.4 - Con il quarto motivo, si denuncia la nullità della sentenza per motivazione contraddittoria ed insufficiente, per aver ritenuto sussistenti circostanze non provate e per aver fatto un erroneo governo delle presunzioni semplici, avuto riguardo all'intervenuta abrogazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
4. In particolare, il giudice d'appello non avrebbe fornito una motivazione adeguata, non avendo valutato tutti gli elementi indiziari rilevanti per la qualificazione della fattispecie, ed in particolare le seguenti circostanze: a) i lavoratori stranieri erano in regola col permesso di soggiorno;
b) essi non seguivano gli stessi orari di lavoro dei dipendenti della ricorrente;
c) non v'è prova dell'esercizio del potere disciplinare nè del potere di direttiva nei confronti di detti lavoratori stranieri da parte della ricorrente;
d) le squadre di lavoratori erano composte e selezionate direttamente dalle ditte subappaltatrici.
1.5 - Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis, come sostituito dal D.L. n. 16 del 2012, art. 8, conv. in L. n. 44 del 2012, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
3. Ha errato ulteriormente la C.T.R., secondo la ricorrente, laddove - pur rilevando che la normativa in rubrica ha sancito la deducibilità dei costi e delle spese riconducibili ad attività che costituiscono reato contravvenzionale (come nella specie) - ne ha tuttavia negato l'applicabilità al caso che occupa, in cui non si verte in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, bensì di simulazione del contenuto del contratto. Sostiene invece la società che la norma, nell'escludere l'applicabilità della regola ai soli delitti non colposi, ne postula invece la riferibilità a qualsiasi ipotesi di reato contravvenzionale.
1.6 - Con il sesto motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza per extrapetizione o ultrapetizione, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.
4. In particolare, il giudice d'appello avrebbe statuito su questioni mai contestate dall'Ufficio circa l'esistenza delle prestazioni, l'inerenza e la quantificazione dei relativi costi.
2.1 - Il primo motivo - a parte la circostanza che dalla lettura del ricorso non è dato comprendere se la dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche sia stata sollevata già in primo grado - è comunque infondato.
E' noto, infatti, che "Un atto legittimamente assunto in sede penale - nella specie, sommarie informazioni testimoniali della Guardia di Finanza ed intercettazioni telefoniche - e trasmesso all'amministrazione tributaria entra a far parte, a pieno titolo, del materiale probatorio che il giudice tributario di merito deve valutare, così come previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 63;
tale norma, infatti, non contrasta nè con il principio di segretezza delle comunicazioni di cui all'art. 15 Cost., perchè le intercettazioni che hanno permesso il reperimento dell'atto sono autorizzate da un giudice, nè con il diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., perchè, se è vero che il difensore non partecipa alla formazione della prova, è anche vero che nel processo tributario l'atto acquisito ha un minor valore probatorio rispetto a quello riconosciutogli nel processo penale" (Cass. n. 2916/2013) e che "In tema di violazioni IVA oggetto di accertamento nell'ambito dell'attività di polizia tributaria, le dichiarazioni rilasciate da terzi, le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società, gli atti trasmessi dalla guardia di finanza, risultanti dall'attività di polizia giudiziaria, senza esclusione dei verbali redatti a seguito d'intercettazioni telefoniche disposte in sede penale, se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all'avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza" (Cass. n. 4306/2010).
Nella specie, la ricorrente non ha neanche dedotto che tali intercettazioni telefoniche - utilizzate dalla C.T.R. quale "collante", nonchè chiave di lettura rispetto agli ulteriori elementi indiziari valorizzati nella sentenza d'appello - siano state acquisite illegittimamente. Ma se anche lo fossero state, sarebbero state parimenti utilizzabili quali elementi indiziari, giacchè è stato condivisibilmente affermato che "In materia tributaria, gli elementi raccolti a carico del contribuente dai