Cass. civ., sez. I, sentenza 22/07/2004, n. 13652
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Segnala un errore nella sintesiIl giudice ha accolto parzialmente il ricorso, rigettando il primo motivo e accogliendo il secondo, ritenendo che la nullità della prima citazione, dovuta alla mancanza di indicazione del termine di costituzione, non potesse essere sanata dalla successiva citazione. Tuttavia, ha stabilito che la rinnovazione della citazione, pur non disposta d'ufficio, avrebbe dovuto essere considerata come sanatoria ex tunc della nullità. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando la questione alla Corte di Appello di Napoli per un nuovo esame, evidenziando l'importanza della corretta applicazione delle norme processuali.
Massime • 2
Il novellato art.164 c.p.c. - a mente del quale la citazione è nulla (tra l'altro) "se manca" (come nella specie) "l'avvertimento previsto dal n.7 dell'art.163", sicché "se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione" - deve essere interpretato nel senso che la sanatoria da esso prevista si realizza con effetto retroattivo, e non soltanto con efficacia "ex nunc".
In tema di nullità della citazione, la mancata, completa indicazione, da parte dell'attore, del giorno dell'udienza di comparizione con il contestuale invito al convenuto a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell'udienza ed a comparire dinanzi al giudice designato ex art.168 bis con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini comporta le decadenze di cui all'art.167, implica la nullità della citazione medesima, non potendosi ritenere sufficiente, all'esito della nuova formulazione del ricordato art.163 c.p.c., il mero, generico rinvio ai termini di cui all'art.166, necessario essendo, per converso, al fine di non depotenziare sensibilmente la funzione garantistica della norma, l'esplicita quantificazione di tali termini, onde, per potersi ritenere adempiuto l'onere corrispondente, l'avvertimento dovrà contenere anche la sostanza, se non la forma, dell'invito.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. G P - rel. Consigliere -
Dott. R V - Consigliere -
Dott. B S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AMMINISTRAZIONE della DIFESA, legalmente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso gli uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ex lege;
- ricorrente -
contro
A C, B C, C C, A C;
- intimati -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, pronunciata nelle cause civili iscritte ai nn. 2352 e 3172 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 1996, pubblicata il 31.3.2000. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12.11.2003 dal Consigliere Dott. P G;
Udito il difensore della ricorrente;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C A, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e per l'accoglimento del secondo, assorbito il terzo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 21/23.9.1996, il Ministero della Difesa conveniva davanti alla Corte di Appello di Napoli A, A, B e C C, premettendo:
a) che con decreto del 15.7.1996, il Prefetto di Caserta aveva pronunciato in suo favore l'espropriazione di due fondi, di proprietà dei convenuti, siti nel Comune di Grazzanise;
b) che l'indennità definitiva era stata determinata in lire 314.625.000;
c) che tale indennità era eccessiva ed errata, dal momento che i fondi avevano natura non edificatoria ma agricola e che la valutazione di lire 25.000/mq. compiuta dall'UTE di Caserta non aveva fatto applicazione dell'art. 5 bis della legge n.3 59 del 1992. Tanto premesso, l'attore chiedeva che l'indennità di esproprio fosse determinata in lire 69.846.750, in essa compresa l'indennità aggiuntiva, o che venisse accertato e dichiarato l'esatto valore dei beni espropriati, secondo la destinazione urbanistica del vigente piano regolatore generale del Comune sopra menzionato, ovvero, in via subordinata, secondo i criteri di cui al richiamato art. 5 bis. I convenuti non si costituivano in giudizio.
Con successivo atto notificato il 12.12.1996, il Ministero anzidetto proponeva identica domanda, deducendo identica situazione. I medesimi convenuti si costituivano, eccependo la tardività dell'opposizione e l'incompetenza del giudice adito, laddove, nel merito, contestavano quanto ex adverso prospettato, lamentando che l'indennità di esproprio non fosse corrispondente all'effettivo valore dei fondi e chiedendo, quindi, il rigetto della pretesa avanzata nei loro confronti, nonché, in via riconvenzionale, la condanna dell'attore al deposito della maggior somma loro spettante, da determinarsi in corso di causa, oltre gli accessori. Disposta la riunione dei due giudizi, la Corte territoriale, con sentenza del 16/31.3.2000, dichiarava nullo l'atto di citazione di cui procedimento incardinato precedentemente, dichiarava inammissibile l'opposizione di cui al procedimento incardinato successivamente e rigettava le domande riconvenzionali. Assumeva detto giudice:
a) che il primo atto di citazione, pur recando l'avvertenza che la mancata o tardiva costituzione avrebbe comportato le decadenze e preclusioni stabilite dalla legge, fosse privo dell'indicazione del termine di costituzione, onde la nullità della citazione anzidetta per effetto della sopra indicata omissione, senza che tale nullità potesse ritenersi sanata dalla citazione successiva, essendo una sanatoria del genere da ammettere nell'ipotesi di rinotifica dell'atto, con indicazione del prescritto termine, nell'ambito dello stesso giudizio, ma non nell'ipotesi di proposizione di un nuovo giudizio con la notifica di un distinto atto di citazione, attesa l'autonomia dei due giudizi che non veniva meno neppure nell'ipotesi di riunione;
b) che, quanto alla domanda proposta con la seconda citazione, fosse infondata l'eccezione di incompetenza sollevata dagli opposti, sussistendo la competenza della Corte territoriale;
c) che siffatta domanda fosse, tuttavia" tardiva, dovendo, nel caso di specie, in cui l'indennità definitiva era stata determinata prima del decreto di esproprio e l'opposizione era stata proposta non dagli espropriati, ma dall'espropriante (senza che quest'ultimo cumulasse in sè anche la veste di autorità competente ad emanare il decreto medesimo), il dies a quo del termine di impugnazione essere individuato nella data in cui tale decreto era stato rilasciato in copia autentica amministrativa per la notificazione all'espropriato;
d) che fosse parimenti intempestiva altresì l'analoga domanda spiegata dai Caianiello in via riconvenzionale, mentre non risultava fondata l'ulteriore pretesa avanzata da questi ultimi relativamente al pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma che si assumeva versata in ritardo presso la Cassa Depositi e Prestiti.
Avverso la sentenza anzidetta, propone ricorso per cassazione l'Amministrazione della Difesa, deducendo tre motivi di gravame ai quali non resistono le parti private.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo degli indicati motivi, lamenta la ricorrente violazione e falsa applicazione dell'art. 164 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, stesso codice, assumendo:
a) che, come rilevato dalla sentenza impugnata, il meno recente atto di citazione, notificato il 21/23.9.1996, conteneva, di seguito all'invito a costituirsi "nei modi e termini di legge", l'espressa avvertenza che la mancata o tardiva costituzione avrebbe comportato le decadenze e preclusioni di legge;
b) che, ai sensi dell'art. 164 c.p.c., la citazione è nulla "se manca l'avvertimento previsto dal numero 7) dell'articolo 163", il quale particolarmente menziona, quali requisiti dell'atto, l'indicazione dell'udienza di comparizione, l'invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata e l'avvertimento circa gli effetti della costituzione oltre i suddetti termini;
c) che ha dunque errato la Corte napoletana nel ritenere che la mancanza di indicazione del termine di costituzione comportasse la nullità della citazione, comminata invece dal richiamato art. 164 c.p.c. per il (solo) caso di mancanza dell'avvertenza circa il
verificarsi di possibili decadenze e preclusioni come per legge. Il motivo non è fondato.
Giova premettere che, secondo l'incensurato apprezzamento di fatto della Corte territoriale, il primo atto di citazione, notificato il 21 ed il 23 settembre 1996, pur recando l'avvertenza che la mancata o tardiva costituzione avrebbe comportato le decadenze e preclusioni stabilite dalla legge, è privo dell'indicazione del termine di costituzione, onde la conclusione che, attesa l'omissione evidenziata, detta citazione deve essere dichiarata nulla, avendo il giudice a quo ritenuto che la nullità prevista dall'art. 164 c.p.c. nel caso in cui difetti "l'avvertimento previsto dal numero 7) dell'art. 163" non riguardi la sola mancanza di questo avvertimento, ma comprenda anche l'indicazione del termine ultimo entro il quale deve avvenire la costituzione tempestiva.
In proposito, si osserva che, nel quadro delle novità apportate dal legislatore del 1990 alla disciplina relativa alla fase introduttiva del processo civile ordinario, particolare rilievo assume, circa le modalità della vocatio in ius, la norma di cui al n. 7 dell'art. 163 c.p.c., la quale (là dove, sulla base del disposto dell'art. 7 della legge 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 30 aprile 1995, ai
sensi dell'art. 92, secondo comma, della stessa legge, come modificato dall'art. 6 del decreto legge 7 ottobre 1994, n. 571, convertito, con modificazioni, nella legge 6 dicembre 1994, n. 673, prevede, tra i requisiti dell'atto di citazione, l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione, l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'articolo 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'articolo 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all'articolo 167) figura introdotta, allo scopo di favorire l'effettiva conoscenza, da parte del convenuto sprovvisto di cognizioni processuali, delle conseguenze negative che gli deriverebbero, in relazione al regime di preclusioni dettato per il nuovo rito, da una sua mancata o intempestiva costituzione in giudizio, ovvero di far comprendere al destinatario della citazione che, per evitare conseguenze pregiudizievoli, la sua difesa deve essere approntata ben prima della data dell'udienza indicata nella citazione medesima, così da ridurre il rischio, evidenziato anche in dottrina, che tale convenuto si rivolga al proprio difensore solo nell'imminenza dell'udienza anzidetta, ovvero quando non sarebbero più possibili le attività (come la proposizione delle domande riconvenzionali e la chiamata in causa di un terzo) di cui al secondo ed al terzo comma dell'art. 67 c.p.c.. Alla luce, quindi, della "novellata" disciplina sopra riportata, l'attore, oltre ad indicare il giorno dell'udienza di comparizione, sarà tenuto a specificare, nel formale invito rivolto al convenuto affinché si costituisca e comparisca all'udienza dinanzi al giudice designato ai sensi del richiamato art. l68-bis, il termine che è a lui concesso dall'art. 166 per la rituale costituzione in cancelleria, avvertendolo, nel contempo, che il superamento del menzionato termine implicherebbe il verificarsi delle decadenze stabilite dall'art. 167.
La ratio di siffatta innovazione, come sopra evidenziata, unitamente alla circostanza che nella prima parte del testo novellato del n. 7 dell'art. 163 c.p.c., a differenza che in quello anteriore, vengono
ora specificamente richiamati i termini di costituzione del convenuto, inducono a ritenere, secondo quanto trovasi affermato dalla prevalente dottrina, condivisa dal Collegio, che, sebbene il successivo art. 164, primo comma, preveda la nullità della citazione per la sola mancanza dell'"avvertimento" contemplato nella parte finale del medesimo art. 163, n. 7, agli effetti della validità dell'atto introduttivo non sia sufficiente il mero, generico rinvio ai termini di cui all'art. 166 c.p.c., ma sia necessaria, invece, al fine di non depotenziare sensibilmente la funzione garantistica della norma, l'esplicita quantificazione di tali termini, onde, affinché possa ritenersi adempiuto l'onere corrispondente, l'avvertimento dovrà contenere anche la sostanza, se non la forma, dell'invito. In questi termini, quindi, l'apprezzamento della Corte territoriale va esente da censura, avendo detto giudice fatto corretta applicazione del principio sopra enunciato.
Con il secondo motivo di impugnazione, lamenta la ricorrente violazione e falsa applicazione dell'art. 164 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, stesso codice, deducendo che, in via gradata, la sentenza deve essere censurata per inosservanza, sotto altro profilo, del medesimo art. 164, il quale, al secondo comma, prevede la rinnovazione della citazione nulla ai sensi del precedente comma primo, cosicché la Corte territoriale, la quale, una volta constatata la mancata costituzione dei convenuti, era tenuta a disporre ex officio (e non lo ha fatto) la rinnovazione della citazione, avrebbe dovuto considerare l'equipollenza della seconda citazione ad una rinnovazione, per iniziativa della stessa parte istante, dell'atto (in ipotesi nullo) con i conseguenti effetti di sanatoria ex tunc previsti dal secondo comma dell'articolo sopra citato.
Il motivo è fondato.
Vale preliminarmente osservare come il giudice del merito abbia ritenuto che la nullità del primo atto di citazione, legata (come si è visto) alla mancata indicazione del termine di costituzione, non può ritenersi sanata dalla successiva citazione, atteso che, mentre tale sanatoria si verifica nell'ipotesi di rinotifica dell'atto, con indicazione del prescritto termine, nell'ambito dello stesso giudizio, altrettanto non può dirsi nell'ipotesi che venga proposto nuovo giudizio con la notifica di un distinto atto di citazione, in ragione dell'autonomia dei due giudizi, che non viene meno neppure nel caso, come quello in esame, di riunione.
Un simile assunto non può essere condiviso.
Il novellato art. 164 c.p.c., infatti, dopo aver stabilito al primo comma che la citazione è nulla, tra l'altro, "se manca l'avvertimento previsto dal numero 7) dell'articolo 163" (secondo l'interpretazione che ne è stata fornita in sede di esame del precedente motivo di impugnazione), dispone al secondo comma che "Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione", risultando così indubitabile che tale sanatoria si realizzi con efficacia retroattiva (ex tunc).
Peraltro, già con riferimento alla normativa anteriormente vigente, dottrina e giurisprudenza (Cass. 27 febbraio 1969, n. 640;Cass. 11 gennaio 1974, n. 79;Cass. 24 gennaio 1977, n. 341;Cass. 26 maggio 1978, n. 2670;Cass. 15 marzo 1995, n. 3036;Cass. 14 febbraio 1997, n. 1413;Cass. 29 gennaio 1999, n. 809) avevano ammesso che, in analogia rispetto all'efficacia sanante, ancorché (all'epoca) ex nunc, che veniva correntemente attribuita, sulla falsariga della disposizione generale contenuta nell'art. 162 c.p.c., alla rinnovazione dell'atto introduttivo del quale il giudice avesse riscontrato una nullità, identica efficacia dovesse venire riconosciuta (ex nunc appunto) alla rinnovazione della citazione nulla effettuata spontaneamente dalla parte, onde l'affermazione che l'attore potesse sempre proporre, senza che si rendesse neppure necessaria una seconda iscrizione a ruolo, una nuova citazione e rimediare così ai vizi della precedente, confidando nel disposto dell'art. 273 c.p.c. il quale prevede la riunione di più procedimenti, relativi alla medesima causa, pendenti davanti allo stesso organo giudiziario, così da ritenere che proprio la suindicata riunione, diversamente dall'ipotesi di riunione di cause semplicemente connesse, fosse capace, data l'unicità della causa anzidetta, di produrre la sanatoria della nullità della citazione del processo che si era svolto in precedenza, ovvero di far sì che quest'ultimo finisse per risultare retto, e regolarmente retto, dalla citazione valida, ovvero da quella successivamente effettuata. Un'identica conclusione è da accogliere anche sotto il vigore del novellato art. 164 c.p.c., tanto vero che, con specifico riguardo a quest'ultimo testo, e fermo il rilievo circa l'efficacia ex tunc (e non più soltanto ex nunc) della relativa sanatoria che la norma sopra richiamata ora prevede per il principio di conservazione degli atti processuali, la dottrina ha ribadito che, indipendentemente dall'ordine di rinnovazione, l'attore può sempre proporre una nuova citazione, la cui validità sarà idonea ad ovviare ai vizi della precedente, previa riunione dei due procedimenti in applicazione del già citato art. 273 c.p.c.. Appare così palese come la Corte territoriale, pur non avendo disposto d'ufficio, ex art. 164, secondo comma, c.p.c., la rinnovazione della citazione (la prima) nulla ai sensi del primo comma del medesimo art. 164, dovesse tuttavia ritenere, alternativamente, sanata ex tunc la nullità stessa per effetto della instaurazione, mediante altra, e valida, citazione, del secondo procedimento, poi riunito al precedente.
Pertanto, il primo motivo del ricorso va rigettato, laddove il secondo merita accoglimento, onde la sentenza impugnata, restando assorbito il terzo, il quale attiene ad un profilo, quello cioè riguardante la tempestività della proposta opposizione, che verrà nuovamente considerato dal giudice di merito alla stregua dei principi sopra illustrati, deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche ai fini delle spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.