Cass. pen., sez. V, sentenza 19/05/2023, n. 21640

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 19/05/2023, n. 21640
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21640
Data del deposito : 19 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: ROSSI MATTEO nato a SERAVEZZA il 09/07/1947 MIMMA & CO SRL IN PERS. DEL RAPPR. PROC. LIUZZI MASSIMO avverso la sentenza del 08/09/2021 della CORTE APPELLO di GENOVAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;
udito il Sostituto Procuratore Generale PASQUALE SERRAO D'AQUINO che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi. uditi i difensori: L'avvocato G L, difensore delle parti civili, deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta;
chiede rigetto dei ricorsi. L'avvocato D M, quale sostituto processuale dell'avvocato E M difensore di R M, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento dello stesso. L'avvocato T V, difensore di R M, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento dello stesso;
nelle more eccepisce l'intervenuta prescrizione. L'avvocato L G V, difensore di Lzzi M, legale rappresentante della Mimma & Co srl, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l'accoglimento dello stesso. u)g)

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'Appello di Genova, in riforma della sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Massa il 14.6.2019, ha condannato M R alla pena di anni uno di reclusione e 7000 euro di multa in relazione ai reati di contraffazione di alcuni rotoli di nastri da bomboniere e da confezione, tra quelli contestati e sequestrati, riproducenti marchi figurativi dei brand di lusso "Gucci" e "Burberry ltd" (attraverso la ditta individuale tessile denominata "Mimma", di cui era titolare), e di commercializzazione sistematica di tali prodotti contraffatti (attraverso la "Mimma & co. s.r.l.", di cui era amministratore unico);
sono state riconosciute, nei confronti dell'imputato, le circostanze attenuanti generiche equivalenti rispetto all'aggravante di cui all'art. 474-ter cod. pen.;
la sentenza d'appello ha anche dichiarato, ai sensi del d.lgs. n. 231/01, la responsabilità amministrativa della società "Mimma & co. s.r.l.", applicando all'ente la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 200 quote del valore di euro 300 ciascuna, nonché la sanzione interdittiva prevista dagli artt. 5, 25-bis e 9, comma primo, n. 2, dello stesso decreto legislativo per la durata di mesi sei, ordinando la pubblicazione della sentenza per estratto, ai sensi dell'art. 18 d.lgs. n. 231/01. 1.1. L'assoluzione era stata fondata dal giudice di primo grado su alcuni argomenti principali: a) i disegni impressi sui nastri sequestrati erano diversi rispetto a quelli oggetto di registrazione da parte delle due case di moda GUCCI e Burberry e non era rinvenibile nemmeno la presenza di segni distintivi delle predette griffe che permettessero di confondere i rispettivi prodotti (cfr. pag. 4 e ss della sentenza di primo grado) con ciò escludendosi la contraffazione laddove i marchi venissero considerati di tipo "debole";
b) qualora i marchi fossero ritenuti di tipo "forte" non ricorrevano comunque quei requisiti enunciati dalla giurisprudenza di legittimità per determinare la tutela penale ed identificabili nel riferimento al nucleo ideologico caratterizzante il messaggio proveniente dal marchio;
nell'affinità tra prodotti e nel "rischio di associazione" ai prodotti originali, che determinerebbero un vulnus al segno oggetto di tutela, tenuto conto della destinazione merceologica dei prodotti della ditta individuale "Mimma" esclusivamente al settore delle bomboniere, assai diverso da quello oggetto interesse delle case di moda coinvolte;
c) il marchio "Burberry check" non sarebbe oggetto di tutela in qualsivoglia colore declinato, ma solo per quella combinazione di colori oggetto di registrazione nella domanda specificamente depositata (ovvero marrone chiaro, beige, rosso, bianco e nero);
d) quanto al nastro ricondotto a GUCCI, l'aspetto del nastro sarebbe talmente comune da non potersi collegare univocamente alla nota griffe fiorentina, stante anche l'assenza di elementi ulteriori che vanno a comporre il marchio nell'insieme, quali, ad esempio, il *2 monogramma o la staffa. E questo dato è confortato dalla documentazione prodotta dalla difesa dell'imputato all'udienza del 14 giugno 2019 volta ad evidenziare come l'impiego dei colori del nastro, tra loro accostati nella medesima sequenza "verde-rosso-verde", sia proprio, ad esempio, di altra identità, quale l'ordine cavalleresco al merito del lavoro ovvero sia addirittura presente in opere d'arte figurativa del XV secolo, che riproducono personaggi abbigliati con tessuti a strisce "verde-rosso-verde" (vedi pagina 5 della sentenza). Infine, ad avviso del Tribunale, nessun significato penale di ammissione del reato poteva essere ricondotto all'atto di transazione sottoscritto nel 2010 da R con la "Burberry ltd".

1.2. La sentenza d'appello ha ribaltato, sostanzialmente, le affermazioni della pronuncia assolutoria, complessivamente ritenendo provato il reato sulla base principalmente dei seguenti argomenti: a) il marchio "Burberry Check" sarebbe registrato anche come marchio "figurativo" in bianco e nero, con copertura della tutela per tutte le declinazioni di colori;
b) sono stati sequestrati alla ditta Mimma anche nastri pedissequamente riproduttivi del disegno grafico e della colorazione "Check classico" di Burberry (nastro cod.35) o estremamente somigliante (nastri cod. 80 e 701;
F,G,H);
c) la tutela penale investe il marchio e non il prodotto, sicchè non ha rilievo il settore merceologico delle bomboniere cui si dedicava l'attività d'impresa dell'imputato, tanto più che i nastri potevano avere anche altre destinazioni;
d) il diritto di preuso riconosciuto in qualche modo all'imputato dal primo giudice si riferisce, al più, solo alle colorazioni del check diverse da quella classica, poiché quest'ultima avrebbe avuto già una sua notorietà al momento dell'utilizzo da parte della "Mimma";
e) non sarebbe credibile la tesi difensiva secondo cui il nastro contraffatto riproduttivo del marchio GUCCI con colorazione verde-rosso-verde era solo un prodotto semilavorato e da completare con caratteri che ne avrebbero impedito l'assimilazione al marchio figurativo più famoso oggetto di tutela.

2. Avverso la citata sentenza ricorrono sia l'imputato che l'ente, tramite distinti ricorsi.

3. Il ricorso di M R, proposto dal difensore di fiducia, eccepisce sette diversi motivi.

3.1. Il primo argomento di censura evidenzia il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata, in relazione alla sussistenza del reato di contraffazione ex art. 473 cod. pen. in capo all'imputato. La tesi difensiva è, in sintesi, basata sulla constatazione che i giudici d'appello hanno solo apoditticamente affermato la notorietà e la natura di "marchio di fatto" del figurativo "check classico" di Burberry già in epoca precedente al preuso da parte dell'imputato, superando il difetto di qualsiasi registrazione del marchio in esame che fondasse il diritto di privativa formalmente e, quindi, determinando una violazione della disposizione penale incriminatrice che esplicitamente prevede - dopo la novella del 1999 - l'inciso "potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale", a significare la necessità, per la proprietà industriale e per la tutela penale, della brevettazione e registrazione del marchio. La sentenza d'appello, con l'interpretazione "estensiva" della tutela penale ad un "marchio di fatto", avrebbe violato i principi di tassatività della norma penale che, come riconosciuto anche in dottrina, ritiene la registrazione del marchio l'elemento essenziale ed il presupposto dell'integrazione del reato.

3.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, ancora una volta stigmatizzando il concetto di marchio "notorio" antecedente alla registrazione formale del figurativo "check classico" di Burberry, sotto il profilo del difetto argomentativo ex art. 606, comma primo, lett. e, cod. proc. pen.: nel processo ed in sentenza non vi sono tracce di prova di tale notorietà in epoca antecedente all'uso da parte del ricorrente dei nastri incriminati, dedicati, peraltro, ad un settore merceologico ben preciso, quello delle bomboniere, completamente estraneo all'interesse della casa di moda inglese, che ha registrato il marchio "classico" (cammello, nero, bianco e rosso) nel 1986 solo per le classi merceologiche "pelletteria, tessuti e abbigliamento" (classi 18, 24 e 25;
mentre i nastri per confezioni appartengono alla classe 16);
il disegno "check classico", peraltro, ancora nella giurisprudenza civile della Cassazione del 1999, non era univocamente ritenuto espressivo di marchio piuttosto che di decoro figurativo. Inoltre, il ricorrente propone la seguente questione in tema di interpretazione dell'art.473 cod. pen.: il marchio registrato riconoscerebbe un'esclusiva limitata ai prodotti e servizi rivendicati nella domanda, ovvero circoscritta al settore merceologico di riferimento;
di conseguenza la sua tutela penale deve essere limitata alla classe merceologica rispetto alla quale viene registrato il marchio o segno distintivo (tanto è vero che il marchio "Ferrari" può essere registrato per due aziende completamente differenti: auto e spumanti): ecco perché la stessa Burberry ha registrato numerosi marchi per lo stesso segno "classico" in relazione a diversi prodotti. Nel caso di specie, quindi, la registrazione non afferisce al settore "nastri per confezioni".

3.3. La terza censura attiene al travisamento delle prove in relazione alla parte della condotta di contraffazione riferita al nastro per bomboniere ritenuto pedissequa copia del segno GUCCI (nastro verde-rosso-verde): la sentenza impugnata ha ignorato le emergenze istruttorie dalle quali era evidente che il prodotto sequestrato non era ancora ultimato né destinato alla vendita. La polizia giudiziaria ha attestato di aver trovato i nastri "pseudo-GUCCI" solo presso la ditta individuale del ricorrente e non presso la società che avrebbe dovuto commercializzarli, a riprova che il nastro fosse una produzione ancora da elaborare, come sostenuto dall'imputato e dal commercialista aziendale;
la Corte d'Appello ha equivocato il luogo del ritrovamento del nastro, abbinandolo alla società Mimma & co. s.r.l. e le dichiarazioni del teste Banchieri.

3.4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 473 cod. pen. avente ad oggetto il nastro riproduttivo dei colori di GUCCI, facendo leva sull'argomento della riconducibilità del disegno a bande "verde-rosso-verde" anche alla decorazione per l'onoreficenza dell'ordine dei Cavalieri del Lavoro, disciplinata espressamente dalle leggi n. 199 del 1952 e n. 194 del 1986, che prevedono una croce d'oro piena sorretta da un nastro listato da una banda proprio identica a quella utilizzata dalla griffe, specificando che il nastro può essere portato senza la decorazione, a riprova della sua qualità di nastro-emblema di Stato. La difesa evidenzia che, pur senza voler sindacare la possibile nullità del marchio riproduttivo di un emblema di Stato (ai sensi della Convenzione di Parigi del 20.3.1883 e successive modifiche, che sancisce la nullità di marchi industriali che riproducono stemmi, bandiere e altri emblemi di Stato, nonché del Regolamento UE 2017/1001 del Parlamento Europeo e del Consiglio), non è stato provato che l'imputato non avesse intenzione di destinare la produzione di nastri all'impiego nell'investitura dei Cavalieri del Lavoro, perfettamente sovrapponibile tanto più per il settore merceologico di utilizzo del nastro, vale a dire bomboniere per cerimonie.

3.5. La quinta ragione di ricorso eccepisce vizio di motivazione del provvedimento di riforma, che non ha corrisposto ai canoni argomentativi giurisprudenziali della cd. "motivazione rafforzata", in particolare omettendo di confrontarsi con le considerazioni del primo giudice circa l'assenza di un effettivo rischio di confondibilità tra i prodotti, sia per il settore merceologico di riferimento, sia per le caratteristiche intrinseche del nastro e le divergenze rispetto al marchio GUCCI (una "tramatura" giudicata molto "comune").

3.6. Si denuncia anche, in punto di dosimetria sanzionatoria, la mancata attestazione della pena nel minimo edittale, nonostante la valutazione di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche sull'aggravante ex art. 474 -ter cod. pen., ritenuta sussistente pur se i marchi contraffatti costituivano solo una minima parte della produzione della ditta individuale ed ancorchè la disciplina aggravatrice sia stata voluta per reprimere fenomeni di attività di contraffazione organizzata, certamente estranei al ricorrente.

3.6. Un ultimo motivo di ricorso impugna l'ordinanza del 17.11.2020 della Corte d'Appello ed eccepisce vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione: i giudici hanno rinnovato solo parzialmente la prova dichiarativa, riascoltando un solo teste tra i tredici dipendenti e tecnici tessili presenti nella lista difensiva, nonché uno solo dei tre agenti di rappresentanza indicati in lista, senza neppure farsi carico di spiegare le ragioni dell'operata selezione, con ciò ledendo il diritto di difesa del ricorrente.

4. Il ricorso proposto per conto dell'ente - la "Mimma & co. s.r.l.", in persona del suo procuratore speciale M Lzzi, evidenzia diversi profili di censura, raccolti in due macroaree: la prima, dedicata a contestare l'an della responsabilità dell'ente;
la seconda, incentrata sui vizi determinativi delle sanzioni inflitte all'ente.

4.1. Quanto alle censure che afferiscono alla stessa affermazione di responsabilità della persona giuridica, un primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del reato presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente, richiamandosi la difesa alla motivazione della pronuncia di primo grado, che non sarebbe stata superata adeguatamente da quella d'appello. La Corte territoriale ha riconosciuto la notorietà del marchio di fatto "Burberry check", ritenendo che i prodotti in relazione ai quali è intervenuta condanna lo riproducessero pedissequamente, senza tener in conto del diritto di preuso, sin dagli anni ottanta (ex art. 2571 cod. civ.) riconoscibile al ricorrente, e della mancanza dei presupposti su cui ritenere operante, in assenza di registrazione formale del marchio in epoca precedente al diritto di preuso, un diritto di privativa della società londinese derivante dalla asserita rinomanza del suo logo. Inoltre, si sottolinea come il primo marchio vantato come "classico" da Burberry (con i colori cammello, nero, bianco e rosso), registrato il 6.1.1986 era riferito alle classi merceologiche "pelletteria", "tessuti", "abbigliamento", con esclusione, quindi, dei "nastri per confezione", non ricompresi sino all'anno 1992. La circostanza, evocata dai giudici d'appello, che la tutela penale si accorderebbe al "segno" e non al "prodotto" prova troppo, visto che, se fosse possibile ritenere un marchio
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