Cass. pen., sez. VI, sentenza 04/04/2023, n. 14229
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Testo completo
'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno con sentenza del 29 aprile 2022 ha parzialmente riformato (riqualificando il fatto contestato ai tre imputati al capo n. 11 - originariamente rubricato come corruzione in atti giudiziari - in concorso in traffico di influenze illecite) quella di primo grado emessa con il rito abbreviato dal Gip di Benevento. In particolare, gli imputati sono stati condannati alle pene - principali ed accessorie - ritenute di giustizia, con la concessione della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della riparazione pecuniaria ex art. art. 322 quater cod. pen., oltre alla confisca disposta nei confronti degli imputati in riferimento alle diverse contestazioni per cui è intervenuta condanna.
2. Avverso la indicata sentenza di appello gli imputati, per il tramite dei propri difensori, hanno presentato ricorso nei quali si deducono i motivi che di seguito vengono sintetizzati.
2.1. De C: con un primo motivo, si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 192 co. 3 cod. proc. pen. In particolare, i giudici di merito hanno configurato il reato di cui al capo n. 11 - originariamente contestato come corruzione in atti giudiziari - quale traffico di influenze illecite ex art. 346 bis cod. pen. sulla base delle sole dichiarazioni del correo N in assenza di idonei riscontri, in tal modo violando i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla valutazione delle dichiarazioni rese da soggetto coimputato;
con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge in ordine all'art. 521 cod. proc. pen. - sempre in riferimento alla operata "riqualificazione" del reato di cui all'art. 319 ter cod. pen. in quello di cui all'art. 346 bis cod. pen. - in quanto la Corte di appello ha ritenuto un fatto ontologicamente diverso rispetto a quello contestato;
con il terzo motivo, si deduce vizio di motivazione, in ordine alla posizione del De C per l'imputazione di cui al capo 6 (corruzione in atti giudiziari), sulla sussistenza del pactum sceleris, la cui integrazione è stata anche qui fondata sulle dichiarazioni - non munite di adeguato riscontro - rese dal coimputato e sulla non corretta interpretazione delle intercettazioni di conversazioni telefoniche;
con il quarto motivo, si deduce violazione della legge penale e carenza di motivazione per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante dell'art. 323 bis cod. pen. nella massima estensione: sul punto, la sentenza impugnata ha in modo contraddittorio e apodittico respinto il gravame sulla base dell'argomentazione secondo cui "l'imputato ha inteso minimizzare le proprie responsabilità e le sue dichiarazioni non risultano credibili nei punti di divergenza di divergenza con quella degli altri imputati".
2.2. N: con un unico motivo di ricorso, denuncia violazione di legge nel calcolo della riparazione pecuniaria ai sensi dell'art. 322 quater cod. pen., la cui entità è stata determinata in modo errato e non corrispondente all'effettivo provento illecito percepito dall'imputato.
2.3. Samnnartino: con il primo motivo di ricorso, deduce violazione di legge penale e mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla qualificazione del fatto oggetto del capo n. 11 - unico contestato all'imputato che, si precisa, non rivestiva la qualità di "funzionario amministrativo" ma solo quella di "addetto ai servizi ausiliari e di anticamera" - in induzione indebita, anzichè in truffa ai danni di P P alla quale era stata falsamente rappresentata una possibilità di "avvicinamento" del giudice tributario relatore di un ricorso alla quale la stessa era interessata, possibilità in realtà inesistente;
ciò in quanto, difettando ogni rapporto o relazione tra il S e il giudice tributario, la condotta è caratterizzata in realtà dall'induzione in errore in ordine alla remunerazione di un pubblico ufficiale (fatto questo dal S mai neppure ipotizzato);
con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge nell'applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici e della sua durata;
infatti, nonostante sia stata irrogata la pena di mesi otto di reclusione la Corte di appello ha mantenuto l'interdizione dai pubblici uffici imposta dal primo giudice, senza concedere in ordine ad essa la sospensione condizionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno con sentenza del 29 aprile 2022 ha parzialmente riformato (riqualificando il fatto contestato ai tre imputati al capo n. 11 - originariamente rubricato come corruzione in atti giudiziari - in concorso in traffico di influenze illecite) quella di primo grado emessa con il rito abbreviato dal Gip di Benevento. In particolare, gli imputati sono stati condannati alle pene - principali ed accessorie - ritenute di giustizia, con la concessione della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della riparazione pecuniaria ex art. art. 322 quater cod. pen., oltre alla confisca disposta nei confronti degli imputati in riferimento alle diverse contestazioni per cui è intervenuta condanna.
2. Avverso la indicata sentenza di appello gli imputati, per il tramite dei propri difensori, hanno presentato ricorso nei quali si deducono i motivi che di seguito vengono sintetizzati.
2.1. De C: con un primo motivo, si deduce violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all'art. 192 co. 3 cod. proc. pen. In particolare, i giudici di merito hanno configurato il reato di cui al capo n. 11 - originariamente contestato come corruzione in atti giudiziari - quale traffico di influenze illecite ex art. 346 bis cod. pen. sulla base delle sole dichiarazioni del correo N in assenza di idonei riscontri, in tal modo violando i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla valutazione delle dichiarazioni rese da soggetto coimputato;
con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge in ordine all'art. 521 cod. proc. pen. - sempre in riferimento alla operata "riqualificazione" del reato di cui all'art. 319 ter cod. pen. in quello di cui all'art. 346 bis cod. pen. - in quanto la Corte di appello ha ritenuto un fatto ontologicamente diverso rispetto a quello contestato;
con il terzo motivo, si deduce vizio di motivazione, in ordine alla posizione del De C per l'imputazione di cui al capo 6 (corruzione in atti giudiziari), sulla sussistenza del pactum sceleris, la cui integrazione è stata anche qui fondata sulle dichiarazioni - non munite di adeguato riscontro - rese dal coimputato e sulla non corretta interpretazione delle intercettazioni di conversazioni telefoniche;
con il quarto motivo, si deduce violazione della legge penale e carenza di motivazione per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante dell'art. 323 bis cod. pen. nella massima estensione: sul punto, la sentenza impugnata ha in modo contraddittorio e apodittico respinto il gravame sulla base dell'argomentazione secondo cui "l'imputato ha inteso minimizzare le proprie responsabilità e le sue dichiarazioni non risultano credibili nei punti di divergenza di divergenza con quella degli altri imputati".
2.2. N: con un unico motivo di ricorso, denuncia violazione di legge nel calcolo della riparazione pecuniaria ai sensi dell'art. 322 quater cod. pen., la cui entità è stata determinata in modo errato e non corrispondente all'effettivo provento illecito percepito dall'imputato.
2.3. Samnnartino: con il primo motivo di ricorso, deduce violazione di legge penale e mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla qualificazione del fatto oggetto del capo n. 11 - unico contestato all'imputato che, si precisa, non rivestiva la qualità di "funzionario amministrativo" ma solo quella di "addetto ai servizi ausiliari e di anticamera" - in induzione indebita, anzichè in truffa ai danni di P P alla quale era stata falsamente rappresentata una possibilità di "avvicinamento" del giudice tributario relatore di un ricorso alla quale la stessa era interessata, possibilità in realtà inesistente;
ciò in quanto, difettando ogni rapporto o relazione tra il S e il giudice tributario, la condotta è caratterizzata in realtà dall'induzione in errore in ordine alla remunerazione di un pubblico ufficiale (fatto questo dal S mai neppure ipotizzato);
con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge nell'applicazione della sanzione accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici e della sua durata;
infatti, nonostante sia stata irrogata la pena di mesi otto di reclusione la Corte di appello ha mantenuto l'interdizione dai pubblici uffici imposta dal primo giudice, senza concedere in ordine ad essa la sospensione condizionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi
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