Cass. civ., sez. V trib., sentenza 25/03/2005, n. 6500
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C O F - Presidente -
Dott. M S - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - rel. Consigliere -
Dott. F G - Consigliere -
Dott. C M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
1) MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore;
2) AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;
entrambi elettivamente domiciliati in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che li difende ope legis;
- ricorrenti -
contro
la s.p.a. FUNDUS (Società fiduciaria per l'investimento azionario), con sede in Torino alla Via Marenco n. 25, in liquidazione coatta amministrativa, in persona dei commissari liquidatori A N e C R, elettivamente domiciliata in Roma al Viale Mazzini n. 11 insieme con gli avv. G F e L S, dai quali è rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, in forza di procura speciale apposta in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1121 depositata il 14 febbraio 2001 dalla Commissione Tributaria Centrale. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 8 febbraio 2005 dal Cons. Dr. Michele D'ALONZO;
sentite le difese delle amministrazioni ricorrenti svolte, per l'Avvocatura Generale dello Stato, dal Dr. P G e quelle della società resistente svolte dall'avv. L S;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. GAMBARDELLA Vincenzo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato alla s.p.a. FUNDUS (Società fiduciaria per l'investimento azionario) il 5 giugno 2001 (depositato il 25 giugno 2001) il MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE e l'AGENZIA DELLE ENTRATE;
- premesso che: (1) la Guardia di Finanza di Torino (verbale n. 243 del primo maggio 1988) aveva accertato (a) che la predetta società, "pur avendo svolto una intensa attività di amministrazione di valori per conto di terzi", non aveva operato "le ritenute sui redditi erogati ai suoi fiducianti come frutto dei capitali investiti" e (b) che detta attività era stata esercitata "in modo cumulativo ('in montè)", "in sostanza come un fondo comune di investimento abusivo in quanto privo dell'autorizzazione ai sensi della legge n. 77/83";
(2) "la differenza positiva tra quanto versato alla società e quanto da questa corrisposto ai singoli risparmiatori che chiedevano di disinvestire i versamenti" costituiva il frutto del capitale conferito dai fiducianti e, quindi, un "reddito di capitale su cui la società avrebbe avuto V obbligo, ai sensi degli artt. 26 ult. c. DPR 600/73 e 41 lett. a) ed i) DPR 597/73, di operare all'atto della
corresponsione una ritenuta a titolo di acconto" -, in forza di un solo complesso motivo chiedevano di cassare la sentenza n. 1121, depositata il 14 febbraio 2001, con la quale la Commissione Tributaria Centrale aveva respinto il gravame proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato avverso la decisione n. 3687/10/1995 con cui la Commissione Tributaria di secondo grado di Torino aveva rigettato l'appello spiegato dalla medesima amministrazione contro la sentenza (543/93) della Commissione Tributaria di primo grado di Torino di accoglimento del ricorso della contribuente avverso l'avviso di accertamento con cui l'Ufficio distrettuale delle Imposte Dirette di quella città, recepite le risultanze del richiamato processo verbale della Guardia di Finanza, aveva recuperato "le ritenute non effettuate per il 1987" (L. 9.740.391.000) ed applicato le sanzioni (2) per "omessa dichiarazione di sostituto di imposta" (L. 33.350.000.000) e (2) per "omessi effettuazione e versamento delle ritenute" (L. 6.818.273.000). Nel controricorso notificato il 12 luglio 2001 (depositato il 20 luglio 2001) la società intimata, richiamato il precedente "in terminis" (sentenza 27 febbraio 1998 n. 2245) di questa Corte (relativa agli anni dal 1983 al 1986), chiedeva, con la refusione delle spese processuali, (2) di rigettare il ricorso avverso e, in subordine, (2) di ritenere "comunque illegittima ed infondata la pretesa erariale".
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Commissione Tributaria Centrale - dopo aver ricordato (2) che con l'impugnazione l'Ufficio aveva sostenuto (a) l'assoggettabilità a ritenuta alla fonte ex art. 26 DPR n. 600 del 1973 dell'"attività esercitata dalla FUNDUS" in quanto "assimilabile a quella di un fondo comune" per cui gli utili ed i proventi degli investitori dovevano "subire l'imposizione di cui alla lett. a) e della lett. i) dell'art, 41" del DPR n. 597 del 1973 e (b) l'inesistenza, in ordine alla pena
pecu-niaria, di qualsiasi "incertezza obiettiva circa l'applicazione della legge prevista come esimente dall'art. 39 bis del DPR 636/72" nonché (2) che la contribuente aveva lamentato (a) il mancato accertamento dei redditi "direttamente nei confronti dei fiducianti, unici beneficiari dell'investimento" e (b) l'omesso accoglimento della sua richiesta di declaratoria di nullità dell'avviso di accertamento "mancando, in modo assoluto, nello stesso, l'indicazione dei criteri seguiti per la quantificazione del preteso reddito" - ha rigettato il gravame dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato ritenendo attagliarsi "perfettamente ... al caso" le considerazioni contenute nella sentenza n. 2245 depositata il 27 febbraio 1998 da questa Corte (sez. 1^) - resa inter partes ma avente ad oggetto "anni diversi da quelli ... in contestazione" - secondo cui "è ... incontestabile che l'impiego di capitale attuato per il tramite di forme di gestioni collettive di valori mobiliari si realizza secondo uno schema che si riconduce alla struttura dell'investimento a fini di partecipazione, anziché a quelle del prestito e che, conseguentemente, il frutto che ne deriva assume natura di utile e non può essere quindi assimilato ai redditi di capitale 'in forma definita', dal momento che non solo il suo ammontare, ma la sua stessa esistenza è legata agli esiti della gestione, posto che essa si svolge (non solo nell'interesse, ma anche) a rischio dei partecipanti" e "questo spiega perché l'art. 41 del vigente testo unico delle imposte sui redditi, già ricordato, nello annoverare tra i redditi di capitale quelli corrisposti 'ai .... fiducianti .... dalle societa' o dagli enti che hanno per oggetto la gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimonialì, li qualifichi come 'utili', al pari dei redditi derivanti dalla partecipazione in società".
2. Con l'unico complesso motivo di ricorso le amministrazioni finanziarie lamentano, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., "violazione e falsa applicazione" degli artt. 3 e 53 della Costituzione nonché degli artt. 26 DPR 29 settembre 1973 n. 600, 41 lett. a) ed i) DPR 29 settembre 1973 n. 597 e 41 lett. g) DPR 22 dicembre 1986 n. 917, adducendo che l'interpretazione della
espressione "in misura definita" (contenuta nelle lettere a ed i del DPR n. 597 del 1973) adottata dalla Commissione Tributaria Centrale è "errata ed addirittura puerile" in quanto "definito" non significa "contrattualmente predeterminato" ben potendosi corrispondere "una somma a titolo di