Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/04/2022, n. 13096

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/04/2022, n. 13096
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13096
Data del deposito : 27 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 15953/201v R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

- ricorrente -

contro

Fallimento della I.G.M. of Italy s.p.a. in liquidazione, in persona del curatore pro tempore

- intimato -

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 49, depositata il 9 maggio 2011. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24 febbraio 2022, tenutasi nelle forme previste dall'art. 23, comma 8 bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., nella I. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere P C;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G L, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 9 maggio 2011, di reiezione dell'appello dalla medesima proposte avverso la sentenza di primo grado che, in parziale accoglimento del ricorso del Fallimento della I.G.M. of Italy s.p.a. in liquidazione, aveva annullato l'avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa per l'anno 2003 limitatamente ai rilievi nn. 1, 5 e 6, relativamente alle imposte sul reddito, e nn. 3, 4 e, con riferimento alle sole fatture per le quali era stata prodotta la bolla doganale di esportazione, 6, relativamente all'i.v.a., dichiarando, per il resto, la legittimità dell'atto impositivo.

2. Il ricorso è affidato a quattro motivi.

3. Il Fallimento della I.G.M. of Italy s.p.a. non spiega alcuna attività difensiva.

4. La causa è stata rimessa all'odierna pubblica udienza all'esito dell'adunanza del 17 gennaio 2020.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 47, primo comma, lett. c bis), 62, terzo comma, e 95, secondo comma, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, per aver la sentenza impugnata,, con riferimento al rilievo n. 1, riconosciuto la deducibilità del costo per compenso agli amministratori, benché pagato mediante cessione di un credito che non risultava essere stato incassato dagli aventi diritto nel corso del periodo di imposta in oggetto.

1.1. Il motivo è fondato. In tema di reddito di impresa, l'art. 62, terzo comma, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, nella formulazione pro tempore vigente, stabilisce che «I compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti», aggiungendo che sono deducibili negli stessi termini anche i compensi erogati sotto forma di partecipazione agli utili anche se non imputati al conto dei profitti e delle perdite. Tale disposizione trova applicazione anche ai compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali per effetto della espressa estensione riconosciuta dal successivo art. 95. Da ciò deriva che sono ammessi in deduzione dal reddito d'impresa, in base al criterio di cassa, sia i compensi determinati in misura fissa, sia quelli commisurati agli utili di esercizio, in deroga al generale principio della competenza sancito dal (previgente) art. 75, primo comma, T.U. n. 917 del 1986 (cfr., in tema, Cass. 11 agosto 2017, n. 20033;
Cass. 20 novembre 2015, n. 23763).

1.2. Ciò posto, non è revocabile in dubbio che il pagamento del compenso dell'amministratore - e, dunque, l'estinzione della relativa obbligazione gravante sulla società - possa avvenire non già mediante la consegna della somma di denaro stabilita, bensì mediante cessione di un credito che l'obbligata vanta nei confronti di terzi avente ad oggetto la medesima somma di denaro. Militano in favore di una siffatta affermazione sia i principi generali in tema di estinzione delle obbligazioni, che consentono la liberazione dall'obbligazione mediante cessione di un credito (art. 1198 c.c.), sia la disciplina tributaria, che, al previgente 47, primo comma, lett. c bis), T.U. n. 917 del 1986, considera assimilati ai redditi di lavoro dipendente le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, in relazione agli uffici di amministratore di società, riconoscendo, in tal modo, sia pure in via implicita, la possibilità che il compenso per lo svolgimento di funzioni gestorie possa essere remunerato in modo diverso dall'erogazione diretta del denaro.Quanto precede, tuttavia, non fa venir meno la richiamata regola secondo la quale la deduzione dal reddito d'impresa del costo sostenuto per il compenso degli amministratori è assoggettato al principio di cassa e non di competenza. Come noto, in base al principio di cassa le componenti negative di reddito assumono rilevanza nel periodo di imposta in cui avvengono i pagamenti o, comunque, quando vi è la manifestazione finanziaria di tali componenti. In applicazione di tale principio, dunque, deve distinguersi, con riferimento al momento in cui può essere dedotto il costo rappresentato dalla cessione di un credito in pagamento (del compenso dell'amministratore), l'ipotesi, ordinaria, in cui la cessione, di per sé, è priva di effetto estintivo dell'obbligazione, essendo necessaria anche la riscossione del credito, da quella, ricorrente in presenza di apposita volontà delle parti, in cui la cessione è idonea, da sola, ad estinguere l'obbligazione. Solo in quest'ultimo caso vi è manifestazione finanziaria del costo sostenuto, resa evidente dalla definitiva soddisfazione della pretesa creditoria a seguito dell'estinzione dell'obbligazione. Pertanto, la Commissione regionale, nel ritenere sufficiente, ai fini della deducibilità del costo, il fatto che la cessione del credito aveva avuto luogo nel periodo di imposta in oggetto e che in tale periodo era a, e‘ea-alu-o stata accettata dal debitore ceduto, non ha fatto correffctrUsposti principi di diritto, avendo dovuto accertare anche che le parti avessero annesso a tale cessione l'effetto estintivo del credito dell'amministratore per compenso per l'attività svolta, ossia la natura pro soluto della cessione.
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