Cass. pen., sez. V, sentenza 14/07/2021, n. 27086
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M S nato a ROCCA DI NETO il 14/03/1965 avverso la sentenza del 18/10/2019 della CORTE APPELLO di CATANZAROvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO S S;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore V S che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza in relazione al capo A e l'annullamento della medesima, con rinvio, in relazione al trattamento sanzionatorio dei reati di cui ai capi B e C. uditi i difensori: Svolge la relazione il Cons. dott. S. Per l'imputato ricorrente, gli Avv.ti M S e S F, insistono per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 18 ottobre 2019, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Crotone, riconosciute le circostanze attenuanti generiche che riteneva equivalenti alle aggravanti contestate ed alla recidiva, rideterminava la pena inflitta a S M per i reati ascrittigli ai sensi degli artt. 624 e 625 nn. 2, 5 e 7 (capo A), 633 e 639 bis (capo C) cod. pen. e 44 lett. d) d.P.R. n. 380/2001 (capo B), nella misura indicata in dispositivo. L'imputato era accusato di avere prelevato dal letto del fiume Neto del materiale inerte, pari a 26 cumuli di circa 15 mc ciascuno, da ritenersi bene appartenente al demanio. 1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte distrettuale osservava che la protesta d'innocenza del prevenuto, per non essere stata consumata la sottrazione a suo vantaggio, era stata smentita dal fatto che il mezzo che conteneva gli inerti sottratti era stato rinvenuto proprio nel cantiere di una società dal medesimo amministrata. 2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con l'unico motivo, la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del prevenuto. Gli era stata rimproverata la sottrazione di materiali inerti, qualificando la condotta come un'ipotesi di furto aggravato, quando, invece, la stessa configurava il solo illecito amministrativo previsto dall'art. 97 R.D. n. 523 del 1904. Come aveva chiarito anche la più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 29920/2019). 3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Vincenzo Senatore, ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo A della rubrica, con rinvio per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per i capi B e C. 4. Il difensore digricorrente ha inviato una memoria in cui argomenta ancora sulla esclusiva configurabilità del ricordato illecito amministrativo.CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso promosso nell'interesse di S M non merita accoglimento. 1. Deve innanzitutto prendersi atto che, nel medesimo, non si contesta altro che la dichiarata colpevolezza dell'imputato in ordine al capo A, il delitto di furto aggravato, nulla argomentandosi in ordine agli ulteriori reati contestati al prevenuto ai capi B e C della rubrica. 2. In ordine al delitto di furto aggravato - di "materiale inerte" prelevato dal "letto del fiume Neto", come si legge in rubrica e come è stato ritenuto dai giudici del merito - si contesta, come detto, la configurabilità del medesimo, concretando, si afferma, la consumata condotta, il solo illecito amministrativo previsto dall'art. 97, lett. M, R.d. n. 523 del 25 luglio 1904. Una questione che, invero, non era stata posta con l'atto di appello (in cui si era solo discussa la riconducibilità della condotta di sottrazione del materiale alla responsabilità dell'imputato) ma che afferendo la qualificazione giuridica del fatto può essere sottoposta, anche per la prima volta, al vaglio di questa Corte. Si è infatti, anche di recente, ribadito che la questione sulla qualificazione giuridica del fatto rientra tra quelle su cui la Corte di cassazione può decidere ex art. 609 cod. proc. pen. e, pertanto, può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità purché l'impugnazione non sia inammissibile e per la sua soluzione non siano necessari accertamenti di fatto (Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, T, Rv. 272651). La censura poi appare proponibile in sede di legittimità anche considerando che, con la medesima, si invoca, nella sostanza, anche l'applicazione dell'art. 129 cod. proc. pen. (possibile in ogni stato e grado del processo), laddove si assume che la consumata condotta, di sottrazione del materiale inerte, non sia prevista dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo. Certo sotto entrambi i profili ricordati, non avendo la difesa proposta analoga censura nell'impugnazione di merito, non appare, invero, compiutamente risolta la questione della riconducibilità del "materiale inerte" sottratto nel novero di quei beni che la norma amministrativa contempla. Si tratta però di questione che, altrimenti definito, rispetto a quanto dedotto nel ricorso, il punto relativo alla piena sovrapponibilità della norma penale all'illecito amministrativo, non diventa dirimente.
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