Cass. pen., sez. I, sentenza 10/12/2018, n. 55049
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: SAFFIOTI MARCO nato a ROMA il 28/10/1968 avverso l'ordinanza del 16/08/2017 del TRIB. LIBERTA' di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA ANNA SARACENO;lette/sentite le conclusioni del PG FRANCESCO MAURO IACOVIELLO Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore I difensori Avv. L M e F V concludono chiedendo l'accoglimento del ricorso. Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Roma, investito ex art. 309 cod. proc. pen. della richiesta di riesame avanzata dall'indagato M S, ha confermato l'ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che, in data 27 luglio 2017, aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di tentato omicidio, aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, ai danni di N F, fatto commesso il 25 luglio 2017. 1.1 Ricordava il Tribunale che, già nei giorni antecedenti il fatto oggetto di incolpazione, il S, che aveva commissionato alla parte lesa lavori di riparazione di una sua autovettura, a suo avviso non sollecitamente eseguiti, aveva ripetutamente minacciato di dare fuoco al N e alla sua famiglia;nel pomeriggio del 25 luglio, recatosi nei pressi dell'abitazione della vittima, dapprima aveva tentato di investirla, dirigendosi a forte velocità contro la stessa che provvidamente era riuscita ad evitare l'impatto, scansandosi e gettandosi a terra;quindi, sceso dall'autovettura e afferrato N per la maglia, gli aveva versato addosso il contenuto di una bottiglia di plastica, impregnando l'indumento di benzina e tentando di appiccare il fuoco con un accendino, non riuscendo a portare a compimento l'azione sia per la pronta reazione della parte lesa che lo aveva colpito con calci e pugni, sia per il tempestivo intervento del fratello di questa, N C, e di un vicino di casa, M Vincenzo, che lo avevano allontanato. 1.2 A ragione della decisione osservava che gravi indizi di colpevolezza emergevano da quanto concordemente riferito dalla vittima, dai testi oculari, dagli accertamenti di polizia, dall'illogicità e inverosimiglianza della versione dell'indagato. Gravità del fatto e motivi che l'avevano determinato deponevano per una pericolosità non contenibile con misure attenuate. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il S, a mezzo del difensore avvocato F V, chiedendone l'annullamento. Denunzia: - mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, affermando che il Tribunale non aveva superato con idonea motivazione i plurimi rilievi critici articolati dalla difesa. In particolare, aveva obliterato la natura ambivalente dei dati fattuali evidenziati;non aveva considerato che se l'indagato avesse voluto investire la vittima, non avrebbe segnalato la sua presenza azionando il clacson, nè avrebbe frenato, arrestando il veicolo, né tampoco avrebbe agito in pieno giorno alla presenza di più persone e in particolare di N C, trasportato a bordo del proprio veicolo;che la minaccia di appiccare il fuoco alle gambe e alle braccia della vittima era perfettamente compatibile con la sola volontà di spaventare il N;che solo il fratello della vittima aveva riferito che l'indagato impugnava un accendino, non anche il teste Muccino che pure aveva assistito all'intera scena;che andava esclusa la configurazione dell'azione alla stregua del tentativo di omicidio, avendo l'indagato spontaneamente interrotto la condotta in tesi lesiva, in una fase della sua realizzazione nella quale l'agente ne aveva ancora il pieno dominio, sicché il volontario arresto del veicolo comportava l'ipotesi della desistenza volontaria, mentre, con riguardo al presunto tentativo di dare fuoco alla persona offesa, si era in presenza di una mera ipotesi rimasta priva di riscontro effettivo, stante la rilevata divergenza, quanto al possesso dell'accendino, tra le interessate dichiarazioni del fratello del N e quelle, disinteressate, dell'altro teste oculare;- violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla adeguatezza della misura applicata, sostenendo che il Tribunale non aveva adeguatamente considerato le condizioni soggettive dell'indagato, immune da precedenti specifici e dalla regolare condotta di vita familiare e lavorativa;che le concrete circostanze del fatto, prima evidenziate, dimostravano l'assenza di pericolo di recidiva;che, inoltre, non ricorreva alcun elemento che consentisse di ritenere in concreto insufficienti misure gradate.
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