Cass. civ., sez. II, sentenza 21/06/2010, n. 14927
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L'ammissione in giudizio della mancata estinzione dell'obbligazione, che a norma dell'art. 2959 cod. civ. impedisce l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva, è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il debitore affermi di aver pagato il dovuto, ma in un ammontare inferiore all'importo preteso dal creditore, giacché le contestazioni sul "quantum debeatur" ridondano per la differenza sull'"an debeatur" e implicano, quindi, il riconoscimento della sia pur parziale permanenza in essere del rapporto controverso.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O M - Presidente -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. B E - rel. Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6866/2005 proposto da:
D'A A DPPLDA30P04F595Y, MOFFA GISELDA MFL GLD 30D54 H501T, GILDA IMMOBILIARE QUARTA SRL P.IVA 00492620588 (anche quale incorporante delle soc. GILDA IMMOBILIARE e GILDA IMMBILIARE II) in persona del legale rappresentante pro tempore D'A A, GILDA IMMOBILIARE TERZA SRL P.IVA 00487740581 (anche quale incorporante delle Soc. STEMA IMMOBILIARE e STEMA IMMOBILIARE II) in persona del legale rappresentante pro tempore, REFRA SPI SRL P.IVA 02643450584 in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 14, presso lo studio dell'avvocato B C M, che li rappresenta e difende;
- ricorrenti -
contro
A M NGL MRA 30E12 E958R, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE VENTUNO APRILE 12, presso lo studio dell'avvocato P E, che lo rappresenta e difende in sostituzione del precedente difensore;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3075/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 01/07/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/2010 dal Consigliere Dott. B E;
udito l'Avvocato BARONE Carlo Maria, difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato PIZZINO Ennio, difensore del resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto 1^ motivo;accoglimento 2^ - 3^ motivi assorbito il 4^ motivo del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell'11 gennaio 2001 il Tribunale di Roma definì i giudizi, previamente riuniti, che erano stati promossi separatamente dal geometra M A nei confronti di Aldo D'Apollonio, di Giselda Moffa, della s.r.l. Gilda Immobiliare, della s.r.l. Gilda Immobiliare Seconda, della s.r.l. Gilda Immobiliare Terza, della s.r.l. Gilda Immobiliare Quarta, della s.r.l. Refra s.p.i., della s.r.l. Stema Immobiliare e della s.r.l. Stema Immobiliare Seconda: condannò i convenuti a pagare le somme che ritenne da ognuno di loro rispettivamente dovute all'attore, come compenso per l'espletamento di pratiche relative a condoni edilizi, con redazione di planimetrie e accatastamenti.
Impugnata da Aldo D'Apollonio, da Giselda Moffa, dalla s.r.l. Gilda Immobiliare Quarta (anche quale incorporante le società Gilda Immobiliare e Gilda Immobiliare Seconda), dalla s.r.l. Gilda Immobiliare Terza (anche quale incorporante le società Stema Immobiliare e Stema Immobiliare Seconda) e dalla s.r.l. Refra s.p.i., la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Roma, che con sentenza del 1 luglio 2004 ha rigettato il gravame. Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi, Aldo D'Apollonio, Giselda Moffa, la s.r.l. Gilda Immobiliare Quarta, la s.r.l. Gilda Immobiliare Terza e la s.r.l. Refra s.p.i. M A si è costituito con controricorso. Sono state presentate memorie dall'una e dall'altra parte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti si dolgono del rigetto delle eccezioni di prescrizione presuntiva, che avevano opposto alle domande fatte valere nei loro confronti da A M: sostengono che erroneamente e ingiustificatamente il giudice di secondo grado ha ritenuto che esse non fossero state utilmente sollevate, in quanto accompagnate dall'ammissione in giudizio - invece in realtà mai avvenuta - che le obbligazioni in questione non erano state estinte.
La censura va disattesa.
L'ammissione in giudizio della mancata estinzione dell'obbligazione, che a norma dell'art. 2059 c.c. impedisce l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione presuntiva, è ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il convenuto afferma bensì di aver pagato il dovuto, ma in un ammontare inferiore all'importo preteso dall'attore: le contestazioni sul quantum ridondano per la differenza sull'ai e implicano quindi il riconoscimento della sì a pur parziale permanenza in essere del rapporto controverso (v. Cass. 7 aprile 2005 n. 7277). Sono dunque inconferenti le deduzioni dei ricorrenti, relative all'arbitrarietà della soggettiva convinzione di M A, di aver ricevuto non il saldo, ma soltanto acconti delle somme spettantigli: ai fini dell'accoglibilità dell'eccezione di prescrizione presuntiva, occorre avere unicamente riguardo all'entità della somma oggetto della domanda.
D'altra parte, verificare se il debitore abbia ammesso che l'obbligazione non è stata estinta, comporta accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, insindacabili in sede di legittimità, salvo che sotto il profilo dell'omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione (v. Cass. 16 ottobre 2006 n. 22118). Ma da tali vizi la sentenza impugnata è esente, poiché la Corte d'appello ha dato adeguatamente conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle ragioni della decisione sul punto: ha spiegato che l'assunto degli appellanti - di aver già pagato fin dal 1985 a M A per intero le somme da costui poi reclamate con gli atti di citazione notificati il 27 febbraio 1989 contrastava con quanto loro stessi avevano dedotto nel costituirsi in primo grado, qualificando come "astronomica" la pretesa dell'attore e rilevando che questa era stata quantificata dal preteso creditore "per la prima volta" soltanto il 2 gennaio 1989, con una richiesta di pagamento di L. 186.287.228;dal che si è desunto che i versamenti compiuti quattro anni prima erano limitati alle minori somme che lo stesso attore presupponeva, negli atti introduttivi del giudizio, di aver ricevuto a titolo di semplici acconti. La diversa e opposta interpretazione delle suddette espressioni, propugnata dai ricorrenti come unicamente attendibile, non può costituire idonea ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte di addentrarsi in valutazioni di tal fatta.
Nè si può aderire alla tesi degli stessi ricorrenti, secondo cui il giudice di secondo grado è incorso in ultrapetizione, poiché soltanto l'affermazione dei convenuti a proposito dell'entità "astronomica" della domanda - e non anche quella relativa alla richiesta di pagamento formulata "per la prima volta" nel gennaio 1989 - era stata addotta dall'attore come motivo di rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva. In proposito, va rilevato che le difese opposte dai convenuti alle domande proposte nei loro confronti erano un dato comunque acquisito al processo, sicché di tutte sì poteva senz'altro tenere conto, ai fini del controllo della sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l'accoglibilità della contestualmente sollevata eccezione di prescrizione presuntiva.
Le ulteriori argomentazioni svolte con il motivo di ricorso in esame non sono ammissibili, poiché attengono a questioni non affrontate nella sentenza impugnata, in quanto assorbite: la data di decorrenza del termine dell'eccepita prescrizione e l'assenza di atti interruttivi.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce che la Corte d'appello ha erroneamente disconosciuto l'invalidità della sentenza di primo grado, la quale non poteva essere pronunciata nei confronti della s.r.l. Gilda Immobiliare, della s.r.l. Gilda Immobiliare Seconda, della s.r.l. Stema Immobiliare e della s.r.l. Stema Immobiliare Seconda, estintesi fin dal 21 dicembre 1989 in seguito alle fusioni delle prime due nella s.r.l. Gilda Immobiliare Quarta e delle altre nella s.r.l. Gilda Immobiliare Terza, fusioni avvenute mediante atti opponibili erga omnes, in quanto trascritti nel registro delle imprese.
Neppure questa doglianza può essere accolta.
In forza delle norme vigenti all'epoca, le fusioni intervenute nel corso del giudizio di primo grado avevano effettivamente comportato l'estinzione delle società incorporate (v. Cass. 22 marzo 2010 n. 6845). Tuttavia l'evento, per il disposto dell'art. 300 c.p.c., che non trova deroga nelle norme sulla pubblicità societaria, non aveva avuto incidenza alcuna sul piano processuale, essendo mancate la relativa dichiarazione del procuratore in udienza, o la notificazione alle altre parti, o lo spontaneo intervento in quel grado di giudizio delle incorporanti in tale loro qualità, sicché legittimamente il processo è proseguito e la sentenza è stata pronunciata nei confronti (anche) dei soggetti venuti a mancare, ma con effetto per i loro successori a titolo universale. Correttamente, quindi, la Corte d'appello ha concluso nel senso della validità della sentenza di primo grado, anche nella parte in cui si era provveduto nei confronti della s.r.l. Gilda Immobiliare, della s.r.l. Gilda Immobiliare Seconda, della s.r.l. Stema Immobiliare e della s.r.l. Stema Immobiliare Seconda: validità non inficiata dalla ininfluente circostanza, pure segnalata dai ricorrenti, che al giudizio di appello hanno poi partecipato, in luogo delle società estinte, le loro aventi causa.
Con il terzo motivo di ricorso Aldo D'Apollonio, Giselda Moffa, la s.r.l. Gilda Immobiliare Quarta, la s.r.l. Gilda Immobiliare Terza e la s.r.l. Refra s.p.i. lamentano che con la sentenza impugnata non è stata data alcuna congrua risposta alle contestazioni formulate nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, in ordine all'effettività e all'adeguatezza delle prestazioni professionali svolte dal geometra M A.
La doglianza è fondata.
Sul punto la Corte d'appello ha osservato: "Incombeva... sugli appellanti l'onere della prova del fatto impeditivo o estintivo del diritto al compenso per prestazioni pacificamente eseguite. Tale prova è rimasta carente. La perizia giurata redatta dal geometra Cianfroni - sulla base, peraltro, di verifiche solo a campione (...) - si limita a giudizi di merito, accompagnati dalla previsione di un futuro esborso a titolo di oblazione, maggiorata degli interessi di mora. Che ad essa sì a però effettivamente seguita una fase integrativa del condono con aggravio di costi non è stato in alcun modo documentato".
Come esattamente deducono i ricorrenti, è ingiustificata l'affermazione secondo cui si verteva in tema di "prestazioni pacificamente eseguite". Nella citazione in appello, invece, si era sostenuto sia che era mancata la prova "dell'effettivo espletamento... delle prestazioni professionali correlate ai compensi ritenuti conformi alla tariffa dei geometri", sia che quelle realmente compiute erano risultate "talmente inadeguate da costringere il D'Apollonio e gli altri deducenti ad effettuare ulteriori, nuovi ed ingenti esborsi di denaro". La materia del contendere devoluta alla cognizione del giudice di secondo grado, pertanto, non investiva un qualche "fatto impeditivo o estintivo", ma quelli costitutivi del diritto accampato dall'attore: era stata contestata l'effettività delle prestazioni oggetto della causa e l'adeguatezza delle altre che già erano state remunerate, con i pagamenti che M A aveva sostenuto essere semplici acconti e che invece, secondo i convenuti, erano superiori al dovuto, dati gli errori in cui il professionista era incorso. Nè la Corte d'appello, come pure lamentano i ricorrenti, ha preso in considerazione le prove testimoniali che in proposito erano state assunte (e il cui contenuto è stato testualmente trascritto nel ricorso, in ottemperanza al principio di autosufficienza). Resta assorbito il quarto motivo di impugnazione, con cui i ricorrenti, dopo aver ribadito che la loro eccezione di prescrizione presuntiva avrebbe dovuto essere accolta, lamentano di essere stati condannati in solido a rimborsare le spese di giudizio a A M, nonostante l'autonomì a che i singoli giudizi avevano conservato, anche dopo la loro riunione.
Rigettati pertanto i primi due motivi di ricorso, accolto il terzo e dichiarato assorbito il quarto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d'appello di Roma, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.