Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/02/2018, n. 03873
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 2276-2013 proposto da: PIZZOLOTTO FABIO, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Mazzini 11, presso lo studio dell'avvocato P S R, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Z F;
- ricorrente -
contro
CA' D'ORO 3 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Tevere 44, presso lo studio dell'avvocato F D G, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati A D M e G P;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1781/2012 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 09/08/2012. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2017 dal Consigliere L G L;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale F S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, p.q.r.;
Uditi gli avvocati Z F, P S R, G P, A D M e F D G.
FATTI DI CAUSA
1. - P F convenne, dinanzi al Tribunale di Belluno (Sezione distaccata di Pieve di Cadore), la società Cà D'Oro 3 s.r.l. Premettendo di essere comproprietario pro indiviso, con la società convenuta, di un terreno sito in Cortina d'Ampezzo, adiacente al fabbricato condominiale delle parti, chiese lo scioglimento della comunione delle unità immobiliari edificate dalla società Cà D'Oro sul suolo comune (costituite da un corpo edilizio interrato composto da due piani sovrapposti e da altra costruzione a livello seminterrato adibita ad autorimessa e cantina), con conseguente attribuzione delle quote di spettanza di ciascuno e con determinazione degli eventuali conguagli. La società convenuta, costituendosi e resistendo alle domande attoree, chiese dichiararsi non luogo a provvedere sulla divisione dei locali seminterrati comuni destinati ad autorimessa, cantina ed accessori, stante l'intervenuto accordo fra le parti in ordine all'attribuzione dei beni;
chiese, invece, l'attribuzione in proprietà esclusiva del corpo edilizio interrato, sul presupposto che lo stesso fosse di sua proprietà esclusiva;
in subordine, nell'ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda attorea, chiese la condanna del P a corrispondere ad essa convenuta un indennizzo per l'indebito arricchimento. L'adito Tribunale, con sentenza dell'8 aprile 2011, dichiarò che la società Cà D'Oro 3 s.r.l. era esclusiva proprietaria del corpo di fabbrica interrato edificato nel terreno comune;
dichiarò che il P e la Cà D'Oro erano proprietari esclusivi dei locali al piano seminterrato meglio descritti nella relazione del C.T.U., salva la comunione sull'area di manovra. 2. - Sul gravame proposto dal P, la Corte di Appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado. Nel rilevare la carenza dei presupposti per poter ritenere "cosa comune" il corpo di fabbrica interrato edificato dalla società convenuta (che costituisce l'immobile cui attiene la questione di diritto sottoposta a questa Corte), i giudici di appello hanno osservato che tale corpo di fabbrica: (a) risulta essenzialmente incorporato alla proprietà esclusiva della convenuta società Cà D'Oro (che vi accede per mezzo di una scala interna dall'unità abitativa di sua proprietà, situata al piano terra dell'edificio condominiale) ed è stato realizzato su progetto e con lavori eseguiti dallo stesso attore P (socio e legale rappresentante dell'omonima impresa edile), ma pagati esclusivamente dalla Cà D'Oro sul presupposto che esso sarebbe stato di proprietà esclusiva di quest'ultima e non di proprietà comune;
(b) non è incorporato né è funzionalmente legato alla proprietà del P;
(c) è privo di caratteristiche (quali un muro maestro o un tetto) tali da indurre a ritenerlo essenziale all'esistenza dei beni comuni;
(d) infine, è stato progettato e realizzato in funzione esclusiva delle preesistenti unità immobiliari di proprietà della società Cà D'Oro. Rilevando che, nella specie, vi sarebbe stato un valido accordo assunto ed osservato dalle parti, provato documentalmente, la Corte di Appello di Venezia, nell'escludere la comproprietà di quanto realizzato nel sottosuolo, ha richiamato il principio di diritto secondo cui alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari sul suolo comune non si applica la disciplina sull'accessione contenuta nell'art.934 cod. civ., ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la nuova costruzione diviene di proprietà comune ai condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità a detta disciplina, ossia nel rispetto delle norme che disciplinano l'uso della cosa comune;
altrimenti essa, quando sia stata abusivamente realizzata, non diviene comune neppure per accessione. 3. - Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso P F sulla base di dodici motivi. Ha resistito con controricorso la società Ca' D'Oro. 4. - All'esito dell'udienza pubblica del 21 marzo 2017, la Seconda sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 9316 dell'Il aprile 2017, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto diacronico nella giurisprudenza di legittimità sulla questione di diritto, sottostante al secondo motivo di ricorso, vertente sulla proprietà della costruzione realizzata da uno dei comproprietari sul suolo comune.In particolare, l'ordinanza interlocutoria ha sottolineato come, sulla questione, esistano due contrapposti orientamenti nella giurisprudenza della Corte: - un primo orientamento, più tralatizio, secondo cui, per il principio dell'accessione (art. 934 cod. civ.), la costruzione su suolo comune è anch'essa comune, mano a mano che si innalza, salvo contrario accordo scritto ad substantiam (art. 1350 cod. civ.);
pertanto, per l'attribuzione in proprietà esclusiva, ai contitolari dell'area comune, dei singoli piani che compongono la costruzione, sono inidonei sia il corrispondente possesso esclusivo del piano, sia il relativo accordo verbale, sia il proporzionale diverso contributo alle spese (Cass., Sez. 2, 11/11/1997, n. 11120;
Cass., Sez. 1, 12/05/1973, n. 1297;
Cass., Sez. 2, 11/07/1978, n. 3479;
Cass., Sez. 2, 10/11/1980, n. 6034);
- un secondo e più recente orientamento - fatto proprio dai giudici di merito - secondo cui, invece, la disciplina sull'accessione, contenuta nell'art. 934 cod. civ., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui, mentre alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applica tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia realizzata in conformità a detta disciplina, ossia con il rispetto delle norme che dettano i limiti che ciascun comproprietario deve osservare nell'uso della cosa comune, mentre le opere abusivamente realizzate non possono considerarsi beni condominiali per accessione, ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica (Cass., Sez. 2, 22/03/2001, n. 4120;
Cass., Sez. 2, 27/03/2007, n. 7523). La Seconda Sezione ha evidenziato la necessità di rimeditare il più recente orientamento, per la perplessità che desta la conclusione secondo cui l'edificazione sull'area comune da parte di uno solo dei comunisti, in violazione degli artt. 1102 e segg. cod. civ., determini l'assegnazione della proprietà esclusiva dell'opera e del suolo in favore del comproprietario costruttore, effetto giuridico - questo - difficilmente inquadrabile in uno dei modi di acquisto stabiliti dall'art.922 cod. civ.;
e prospetta l'esigenza di tracciare una linea interpretativa in grado di coniugare la disciplina dell'accessione e quella della comunione, facendo convivere l'espansione oggettiva della comproprietà in caso di inaedificatio ad opera di uno dei comunisti (salvo che non sia stato costituito, nei modi e nelle forme di legge, altro diritto reale a favore del comproprietario costruttore) con la facoltà del comproprietario non costruttore di pretendere la demolizione della costruzione ove quest'ultima sia stata realizzata dall'altro comunista in violazione dei limiti posti dall'art. 1102 cod. civ. al godimento della cosa comune. 5. - Il Primo Presidente ha disposto, ai sensi dell'art. 374 secondo comma cod. proc. civ., che sulla questione la Corte pronunci a Sezioni Unite. 6. - Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce (ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.), la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte di Appello erroneamente escluso che la sentenza di primo grado, nel dichiarare che la società convenuta aveva acquistato a titolo originario la proprietà esclusiva del corpo di fabbrica interrato, fosse incorsa in nullità per extrapetizione. Secondo il ricorrente, la società Cà D'Oro non avrebbe proposto alcuna domanda di accertamento dell'acquisto a titolo originario del corpo di fabbrica per cui è causa, avendo invece posto a fondamento della sua domanda di assegnazione del fabbricato in proprietà esclusiva la circostanza dell'assunzione per intero delle spese di costruzione con l'asserito consenso del P. Tale fatto, secondo il ricorrente, non potrebbe qualificarsi come "costitutivo" di un acquisto a titolo originario, ma (a tutto concedere) di un acquisto a titolo derivativo. Unitamente a tale mezzo va esaminato, per la sua stretta connessione, il quinto motivo di ricorso, col quale si deduce (ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto che la domanda riconvenzionale della società Cà D'Oro, relativa all'accertamento della proprietà esclusiva del fabbricato, fosse autodeterminata e per avere altresì ritenuto che la Cà D'Oro avesse fatto valere un titolo di acquisto della proprietà a titolo originario, piuttosto che un titolo di acquisto a titolo derivativo. Le censure non sono fondate. Va premesso, che, secondo la giurisprudenza di
- ricorrente -
contro
CA' D'ORO 3 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Tevere 44, presso lo studio dell'avvocato F D G, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati A D M e G P;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1781/2012 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 09/08/2012. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2017 dal Consigliere L G L;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale F S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso, p.q.r.;
Uditi gli avvocati Z F, P S R, G P, A D M e F D G.
FATTI DI CAUSA
1. - P F convenne, dinanzi al Tribunale di Belluno (Sezione distaccata di Pieve di Cadore), la società Cà D'Oro 3 s.r.l. Premettendo di essere comproprietario pro indiviso, con la società convenuta, di un terreno sito in Cortina d'Ampezzo, adiacente al fabbricato condominiale delle parti, chiese lo scioglimento della comunione delle unità immobiliari edificate dalla società Cà D'Oro sul suolo comune (costituite da un corpo edilizio interrato composto da due piani sovrapposti e da altra costruzione a livello seminterrato adibita ad autorimessa e cantina), con conseguente attribuzione delle quote di spettanza di ciascuno e con determinazione degli eventuali conguagli. La società convenuta, costituendosi e resistendo alle domande attoree, chiese dichiararsi non luogo a provvedere sulla divisione dei locali seminterrati comuni destinati ad autorimessa, cantina ed accessori, stante l'intervenuto accordo fra le parti in ordine all'attribuzione dei beni;
chiese, invece, l'attribuzione in proprietà esclusiva del corpo edilizio interrato, sul presupposto che lo stesso fosse di sua proprietà esclusiva;
in subordine, nell'ipotesi di accoglimento anche parziale della domanda attorea, chiese la condanna del P a corrispondere ad essa convenuta un indennizzo per l'indebito arricchimento. L'adito Tribunale, con sentenza dell'8 aprile 2011, dichiarò che la società Cà D'Oro 3 s.r.l. era esclusiva proprietaria del corpo di fabbrica interrato edificato nel terreno comune;
dichiarò che il P e la Cà D'Oro erano proprietari esclusivi dei locali al piano seminterrato meglio descritti nella relazione del C.T.U., salva la comunione sull'area di manovra. 2. - Sul gravame proposto dal P, la Corte di Appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado. Nel rilevare la carenza dei presupposti per poter ritenere "cosa comune" il corpo di fabbrica interrato edificato dalla società convenuta (che costituisce l'immobile cui attiene la questione di diritto sottoposta a questa Corte), i giudici di appello hanno osservato che tale corpo di fabbrica: (a) risulta essenzialmente incorporato alla proprietà esclusiva della convenuta società Cà D'Oro (che vi accede per mezzo di una scala interna dall'unità abitativa di sua proprietà, situata al piano terra dell'edificio condominiale) ed è stato realizzato su progetto e con lavori eseguiti dallo stesso attore P (socio e legale rappresentante dell'omonima impresa edile), ma pagati esclusivamente dalla Cà D'Oro sul presupposto che esso sarebbe stato di proprietà esclusiva di quest'ultima e non di proprietà comune;
(b) non è incorporato né è funzionalmente legato alla proprietà del P;
(c) è privo di caratteristiche (quali un muro maestro o un tetto) tali da indurre a ritenerlo essenziale all'esistenza dei beni comuni;
(d) infine, è stato progettato e realizzato in funzione esclusiva delle preesistenti unità immobiliari di proprietà della società Cà D'Oro. Rilevando che, nella specie, vi sarebbe stato un valido accordo assunto ed osservato dalle parti, provato documentalmente, la Corte di Appello di Venezia, nell'escludere la comproprietà di quanto realizzato nel sottosuolo, ha richiamato il principio di diritto secondo cui alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari sul suolo comune non si applica la disciplina sull'accessione contenuta nell'art.934 cod. civ., ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la nuova costruzione diviene di proprietà comune ai condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità a detta disciplina, ossia nel rispetto delle norme che disciplinano l'uso della cosa comune;
altrimenti essa, quando sia stata abusivamente realizzata, non diviene comune neppure per accessione. 3. - Per la cassazione della sentenza di appello ha proposto ricorso P F sulla base di dodici motivi. Ha resistito con controricorso la società Ca' D'Oro. 4. - All'esito dell'udienza pubblica del 21 marzo 2017, la Seconda sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 9316 dell'Il aprile 2017, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto diacronico nella giurisprudenza di legittimità sulla questione di diritto, sottostante al secondo motivo di ricorso, vertente sulla proprietà della costruzione realizzata da uno dei comproprietari sul suolo comune.In particolare, l'ordinanza interlocutoria ha sottolineato come, sulla questione, esistano due contrapposti orientamenti nella giurisprudenza della Corte: - un primo orientamento, più tralatizio, secondo cui, per il principio dell'accessione (art. 934 cod. civ.), la costruzione su suolo comune è anch'essa comune, mano a mano che si innalza, salvo contrario accordo scritto ad substantiam (art. 1350 cod. civ.);
pertanto, per l'attribuzione in proprietà esclusiva, ai contitolari dell'area comune, dei singoli piani che compongono la costruzione, sono inidonei sia il corrispondente possesso esclusivo del piano, sia il relativo accordo verbale, sia il proporzionale diverso contributo alle spese (Cass., Sez. 2, 11/11/1997, n. 11120;
Cass., Sez. 1, 12/05/1973, n. 1297;
Cass., Sez. 2, 11/07/1978, n. 3479;
Cass., Sez. 2, 10/11/1980, n. 6034);
- un secondo e più recente orientamento - fatto proprio dai giudici di merito - secondo cui, invece, la disciplina sull'accessione, contenuta nell'art. 934 cod. civ., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui, mentre alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non si applica tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia realizzata in conformità a detta disciplina, ossia con il rispetto delle norme che dettano i limiti che ciascun comproprietario deve osservare nell'uso della cosa comune, mentre le opere abusivamente realizzate non possono considerarsi beni condominiali per accessione, ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica (Cass., Sez. 2, 22/03/2001, n. 4120;
Cass., Sez. 2, 27/03/2007, n. 7523). La Seconda Sezione ha evidenziato la necessità di rimeditare il più recente orientamento, per la perplessità che desta la conclusione secondo cui l'edificazione sull'area comune da parte di uno solo dei comunisti, in violazione degli artt. 1102 e segg. cod. civ., determini l'assegnazione della proprietà esclusiva dell'opera e del suolo in favore del comproprietario costruttore, effetto giuridico - questo - difficilmente inquadrabile in uno dei modi di acquisto stabiliti dall'art.922 cod. civ.;
e prospetta l'esigenza di tracciare una linea interpretativa in grado di coniugare la disciplina dell'accessione e quella della comunione, facendo convivere l'espansione oggettiva della comproprietà in caso di inaedificatio ad opera di uno dei comunisti (salvo che non sia stato costituito, nei modi e nelle forme di legge, altro diritto reale a favore del comproprietario costruttore) con la facoltà del comproprietario non costruttore di pretendere la demolizione della costruzione ove quest'ultima sia stata realizzata dall'altro comunista in violazione dei limiti posti dall'art. 1102 cod. civ. al godimento della cosa comune. 5. - Il Primo Presidente ha disposto, ai sensi dell'art. 374 secondo comma cod. proc. civ., che sulla questione la Corte pronunci a Sezioni Unite. 6. - Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce (ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.), la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte di Appello erroneamente escluso che la sentenza di primo grado, nel dichiarare che la società convenuta aveva acquistato a titolo originario la proprietà esclusiva del corpo di fabbrica interrato, fosse incorsa in nullità per extrapetizione. Secondo il ricorrente, la società Cà D'Oro non avrebbe proposto alcuna domanda di accertamento dell'acquisto a titolo originario del corpo di fabbrica per cui è causa, avendo invece posto a fondamento della sua domanda di assegnazione del fabbricato in proprietà esclusiva la circostanza dell'assunzione per intero delle spese di costruzione con l'asserito consenso del P. Tale fatto, secondo il ricorrente, non potrebbe qualificarsi come "costitutivo" di un acquisto a titolo originario, ma (a tutto concedere) di un acquisto a titolo derivativo. Unitamente a tale mezzo va esaminato, per la sua stretta connessione, il quinto motivo di ricorso, col quale si deduce (ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.) la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto che la domanda riconvenzionale della società Cà D'Oro, relativa all'accertamento della proprietà esclusiva del fabbricato, fosse autodeterminata e per avere altresì ritenuto che la Cà D'Oro avesse fatto valere un titolo di acquisto della proprietà a titolo originario, piuttosto che un titolo di acquisto a titolo derivativo. Le censure non sono fondate. Va premesso, che, secondo la giurisprudenza di
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