Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/09/2009, n. 19161

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Massime1

Il procedimento di opposizione, ex art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato), introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che lo decide spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione. Tuttavia, qualora l'ordinanza che decide l'opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari che non determina né una questione di competenza né una nullità, ma può giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/09/2009, n. 19161
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19161
Data del deposito : 3 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. V P - Presidente di sezione -
Dott. P E - Presidente di sezione -
Dott. M M R - Presidente di sezione -
Dott. O M - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S G - rel. Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AUTOFFICINA CORRADINI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

71, presso lo studio dell'avvocato N C, rappresentata e difesa dall'avvocato P V A, giusta delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


e contro
PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA;



- intimati -


e sul ricorso n. 12963/2004 proposto da:
AUTOFFICINA CORRADINI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE

71, presso lo studio dell'avvocato N C, rappresentata e difesa dall'avvocato P V A, giusta delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


e contro
PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA;



- intimati -


avverso l'ordinanza N. 214/04 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositata il 26/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 13/01/2009 dal Consigliere Dott. S G;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

IANNELLI

Domenico, che ha concluso per cassazione senza rinvio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 13 marzo 1992, pronunciato nell'ambito di procedimento penale a carico di Fabrizio Rosi e altri la società Autofficina C a r.l. è stata nominata custode di un'autovettura dissequestrata con provvedimento, notificato soltanto all'avente diritto alla restituzione, il 26 gennaio 1993. Con decreto del 16 dicembre 2003 il tribunale di Reggio Emilia ha liquidato al custode la somma di Euro 482,16, limitando l'indennità fino alla data di notifica del provvedimento di dissequestro. Con atto d'opposizione del 29 gennaio 2004, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, il custode ha chiesto che l'indennità fosse
liquidata in Euro 6.231,00 per la custodia prestata fino al 25 luglio 2001, ma il tribunale, in composizione monocratica, con ordinanza del 26 aprile 2004, ha accolto l'opposizione solo parzialmente, liquidando la somma complessiva di Euro 623,52 poiché, in applicazione dell'art. 84 disp. att. c.p.p., in vigore alla data del provvedimento, l'indennità doveva essere liquidata per il periodo fino al trentesimo giorno successivo alla notificazione del dissequestro all'avente diritto alla restituzione, essendo irrilevante che tale provvedimento non fosse stato comunicato al custode posto che, comunque, l'onere del pagamento per il periodo successivo, fino all'effettivo ritiro o alla distruzione del bene, grava sul soggetto avente diritto alla restituzione. La stessa società, con decreto del p.m. presso il tribunale di Reggio Emilia del 10 maggio 2000, nell'ambito del procedimento penale a carico di Odeh Stanley e altri, è stata nominata custode di altra autovettura, dissequestrata con provvedimento notificato all'avente diritto alla restituzione il 26 luglio 2000. Con decreto del 6 dicembre 2003 il p.m. ha liquidato "l'indennità di Euro 244,94 per la custodia fino al trentesimo giorno successivo alla notifica del dissequestro. Con ordinanza del 26 aprile 2004 il tribunale di Reggio Emilia,, sulla base della stessa argomentazione posta a base del provvedimento di cui sopra, ha rigettato l'opposizione. Avverso le ordinanze indicate la società Autofficina C ha proposto separati ricorsi per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., affidati a un unico motivo di identico contenuto, lamentando
la violazione dell'art. 84 disp. att. c.p.p., in quanto la semplice emissione del provvedimento di dissequestro non farebbe cessare l'ufficio di custode ne', se il provvedimento non è comunicato al custode, potrebbe far venir meno l'obbligo di pagare la controprestazione a carico dell'amministrazione della giustizia con la quale il contratto di deposito è stato stipulato.
Inoltre, rileva la ricorrente, il Ministero della Giustizia con apposita circolare ha fatto riferimento alla necessità di comunicare il provvedimento di dissequestro oltre che all'avente diritto alla restituzione anche al custode e analoga soluzione è stata accolta dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 150, comma 2. Poiché nella specie il provvedimento di dissequestro non è stato comunicato al custode l'indennità avrebbe dovuto essere corrisposta per tutto il periodo di effettiva durata della custodia stessa. Con ordinanza del 28 aprile 2008 n. 10582, la terza sezione, davanti alla quale entrambi i ricorsi sono stati trattati nell'udienza in Camera di consiglio del 1 aprile 2008, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., previa riunione, ha trasmesso gli atti ai Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite civili avendo rilevato un contrasto all'interno delle stesse sezioni unite tra un prevalente orientamento che ritiene che il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento emesso da giudice civile su opposizione avverso provvedimento di liquidazione di compensi a custode nominato nell'ambito di un processo penale emesso dal giudice penale o dal p.m. debba essere esaminato dalle sezioni civili e altro orientamento secondo il quale l'opposizione al provvedimento di liquidazione di compensi al custode e ad altri ausiliari nominati nell'ambito di procedimento penale deve essere proposta davanti al giudice penale e il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza che decide tale opposizione deve essere proposta con l'osservanza delle forme e dei termina previsti dal codice di procedura penale davanti alle sezioni penali.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. I ricorsi, proposti ai sensi dell'art. 111 Cost., nei confronti di ordinanze pronunciate su opposizione del custode nominato nell'ambito di procedimenti penali avverso decreti di liquidazione dei compensi, secondo il costante orientamento di questa Corte, sono ammissibili in quanto diretti nei confronti di provvedimenti definitivi, non altrimenti impugnabili, che hanno deciso questioni relative a diritti soggettivi.


2. Deve, innanzi tutto, rilevarsi che un contrasto di orientamenti all'interno della Corte effettivamente sussiste, ma riguarda profili, diversi da quelli denunciati dalla terza sezione.
Nell'ordinanza di rimessione degli atti al primo presidente, infatti, si contrappongono un orientamento, ritenuto prevalente, secondo il quale il ricorso avverso i provvedimenti sulle opposizioni a liquidazioni di compensi di custodi nominati nell'ambito i procedimenti penali pronunciati (erroneamente) da giudici civili debbono essere proposti davanti alle sezioni civili di questa Corte (Cass. sez. unite, 28266/2005, sez. 3^, n. 23444/2006), e altro orientamento secondo cui in tali fattispecie sarebbe proponibile ricorso davanti alle penali della Corte di Cassazione, osservando i termini e le modalità previsti dal codice di procedura penale (Cass., sez. unite n. 759/2006, sez. 3^, n. 5301/2008 e, con riferimento ai compensi dei periti e traduttori, sez. unite n. 434 del 2000 e con riferimento al rigetto di istanza di ammissione al patrocinio statale dei non abbienti, sez. n. 17202/2003). Tuttavia, come la stessa ordinanza finisce per rilevare, nell'ambito del secondo orientamento è stato espressamente affermato (Cass. n. 5301/2008 cit.) che se l'opposizione avverso liquidazione effettuata in sede penale è proposta davanti al giudice civile, questi deve rilevare d'ufficio l'improponibilità della domanda e il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento che abbia omesso di rilevare tale vizio e abbia provveduto nel merito deve essere comunque proposto davanti alle sezioni civili della Corte di cassazione. Pertanto, con riferimento alla fattispecie oggetto dei ricorsi esaminati in questa sede, non è rilevabile alcun contrasto, essendo pacifico (a quelle indicate dall'ordinanza di rimessione come espressione dell'orientamento prevalente debbono aggiungersi, Cass.n. 7943/2007, 5881/2007, 2542/2005 e 12842/2005) che, avverso
provvedimenti civili, sia pure, in ipotesi, erroneamente adottati (dovendosi l'opposizione essere proposta al giudice penale, per essere stata la liquidazione effettuata dal p.m. o dal giudice penale) il ricorso per Cassazione deve essere sempre proposto davanti alle sezioni civili e nel rispetto dei termini e delle forme previste dal codice di rito civile.
In tal senso, infatti, ha deciso non solo Cass. n. 5301/2008 cit., ma anche Cass. n. 17202/2003 e n. 434/2000, indicate come espressione dell'orientamento diverso, mentre è irrilevante, ai presenti fini, Cass. n. 759/2006, la quale, in relazione a ricorso per Cassazione proposto nei confronti di sentenza pronunciata dalla sezione disciplinare del consiglio superiore della magistratura, ha esaminato la diversa questione dell'identificazione del giudice, civile o penale, davanti al quale deve proporsi l'istanza di liquidazione dei compensi e l'eventuale opposizione.


3. Un effettiva diversificazione di orientamenti si è invece verificata in ordine a due questioni: se la decisione dell'opposizione avverso provvedimento di liquidazione emesso in sede penale da parte del giudice civile (o viceversa: v. Cass. sez. un. pen. 24 novembre 1999, D D), debba essere considerarla viziata e, in caso di risposta positiva, quali siano i provvedimenti che debbono essere adottati in conseguenza del rilievo del vizio stesso. Sulla prima questione l'orientamento largamente prevalente, sia nel vigore della L. n. 319 del 1980, art. 11 recante la disciplina dei compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori - ritenuto estensibile ai custodi dalla giurisprudenza penale (Cass. 26 settembre 1989, Olivieri;
13 marzo 2003, Mingione), ma solo da una parte minoritaria della giurisprudenza civile (Cass.n. 10605/1994;
in senso contrario Cass. n. 1471/1989, 11493/1997,
7465/2004
e Corte cost. n. 38/1988, 176/1989) - che dopo l'entrata in vigore del D.P.R. n. 115 del 2002, che contiene una nuova disciplina della materia, ritiene che se la liquidazione è effettuata dal pubblico ministero o dal giudice penale, l'opposizione debba essere proposta davanti ai tribunale o alla Corte d'appello, alla quale appartiene il giudice o presso cui esercita le funzioni il pubblico ministero che ha proceduto alla liquidazione e deve essere trattata in sede penale, mentre, se la liquidazione è fatta dal giudice civile l'opposizione deve essere proposta davanti al giudice civile Cass. n. 5301/2008, 759/2006, 15527/2004, 17202/2003, 434/2000). Tale orientamento si fonda sul rilievo, inizialmente formulato dalla giurisprudenza penale di questa Corte (Cass. 11 luglio 1989, Medea;
6 dicembre 1999, D D), secondo cui trattasi di un subprocedimento collaterale e secondario rispetto allo sviluppo del rapporto processuale fondamentale di natura penalistica, onde l'individuazione del giudice del riesame postula non già un legame di tipo meramente territoriale, ma di natura organica e funzionale.
Un orientamento minoritario (Cass. 6302/1998 in fattispecie avente ad oggetto opposizione avverso liquidazione di compensi a difensore di imputato ammesso al patrocinio statale) condiviso tuttavia dalla dottrina unanime, che ha espresso critiche nei confronti dell'orientamento prevalente, ha affermato che le controversie, aventi ad oggetto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (L. n. 217 del 1990, art. 6, art. 4, comma 5, e art. 10, comma 2)
appartengono alla materia civile, per la decisiva ragione che tale oggetto è costituito, immediatamente dall'accertamento circa la sussistenza o non, in capo al cittadino, allo straniero e all'apolide residenti nello Stato, delle condizioni di reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito previste dall'art. 3 e da documentare ai sensi dell'art. 5 (oggetto assimilabile a quello tipico delle controversie tributarie) e, mediatamente, dai diritti alla tutela giurisdizionale ed alla difesa, costituzionalmente assicurati anche ai non abbienti (art. 24 Cost., comma 3, che sono diritti tipicamente "civili". Nello stesso senso si è espressa Cass.13 novembre 2003, Franco, secondo cui il procedimento disciplinato
dalla L. n. 319 del 1980, art. 11 dalla L. n. 794 del 1941, art. 29 non è riconducibile delle impugnazioni penali, ma a quello delle impugnazioni in materia civile.
Nell'ambito dell'orientamento largamente prevalente, tuttavia, si sono manifestati diversi indirizzi in ordine alla qualificazione giuridica del vizio consistente nell'essere stata l'opposizione trattata e decisa da un giudice diverso da quello al quale la cognizione sarebbe spettata.
La giurisprudenza delle sezioni penali (Cass. 24 novembre 1999, D D, ma in fattispecie in cui si poneva un problema di rapporti tra tribunale ordinario e tribunale militare;
26 aprile 2007, Murgia;
16 dicembre 2003, Coraci;
23 ottobre 2002, P.m. in proc. Bellavista) ritiene che il vizio configuri un difetto assoluto di giurisdizione, anche se diverse sono le conseguenze che ne sono fatte derivare e che vanno dalla cassazione senza rinvio all'inammissibilità del ricorso, alla cassazione con trasmissione degli atti al giudice "competente". La giurisprudenza delle sezioni civili, invece, è pacifica nel negare che la questione relativa all'individuazione del giudice civile o penale davanti al quale deve essere fatta l'opposizione sia qualificabile come questione di giurisdizione perché, ai sensi dell'art. 37 c.p.c. è tale solo la questione che attiene all'individuazione delle sfere di attribuzione rispettive del giudice ordinario e dei giudici speciali e alla delimitazione di tali attribuzioni rispetto alla pubblica amministrazione e ai giudici stranieri, ma non quella relativa alla ripartizione degli affari tra giudici, civili o penali, appartenenti alla stessa giurisdizione ordinaria (Cass. n. 26296/2008, 16615/2007, 28266/2005, 14696/2005, 13559/2005, 10959/2005, 17206/2003, 4369/2003, 9730/2002, 709/2002, 14934/2001, 434/2000). Quanto alla qualificazione giuridica del vizio, in positivo, sono stati seguiti orientamenti diversi. Secondo un primo filone, nettamente prevalente, si tratterebbe di un'ipotesi non d'incompetenza ma di improponibilità della domanda per violazione di un limite della potestas judicandi che ne impone il rilievo anche d'ufficio e che, quando ciò si verifichi nel corso del giudizio di legittimità, comporta la cassazione senza rinvio del provvedimento erroneamente adottato (Cass. n. 434/2000, 17206/2003, 17202/2003, 8083/2003, 4369/2003, 12647/2002 9730/2002, 709/2002, 14934/2001, 7136/2001). Secondo altro orientamento (Cass. n. 12322/2002) la fattispecie oggetto del presente procedimento andrebbe inquadrata non nella categoria della imponibilità della domanda, ma in quella della violazione delle regole di distribuzione degli affari all'interno degli uffici che, se tempestivamente e ritualmente dedotta con i mezzi d'impugnazione, giustifica la cassazione del provvedimento con rinvio al giudice (civile o penale) che avrebbe dovuto conoscere dell'impugnazione.
Infine, alcune sentenze, in fattispecie del tutto identiche a quelle oggetto dei presenti ricorsi, hanno valutato nel merito il motivo di impugnazione (Cass. n. 7943/2007, con riferimento a ricorso proposto dall'Autofficine Corredino;
n. 23444/2006).

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