Cass. civ., sez. III, sentenza 21/03/2011, n. 6357
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Qualora prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio non secondo i criteri di cui all'art. 1194 cod. civ. (applicabile solo alle obbligazioni di valuta, non a quelle di valore quale il credito risarcitorio per danno aquiliano), ma devalutando alla data dell'evento dannoso sia il credito risarcitorio (se liquidato in moneta attuale) che l'acconto versato; detraendo quest'ultimo dal primo e calcolando sulla differenza il danno da ritardato adempimento (c.d. interessi compensativi).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P G B - Presidente -
Dott. F C - rel. Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. L R - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4129/2009 proposto da:
DI FABIO MARIA PIA DFBMRP65R65H926T, DI FABIO SALVATORE DFBSVT32C261376X, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell'avvocato L M, rappresentati e difesi dall'avvocato T G giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
CATTOLICA ASSICURAZIONI COOP A R.L. 0032016237, in persona del procuratore Dott. B A elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato C P, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
e contro
SANTARELLI TULLIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 482/2007 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, emessa il 18/10/2007, depositata il 20/12/2007 R.G.N. 108/1994;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;
udito l'Avvocato COZZI ARIELLA (per delega dell'Avv. TATONI GIOVANNI);
udito l'Avvocato C P;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso con il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza penale del 19 novembre 1975 la Corte d'appello de L'Aquila dichiarava Tullio S colpevole del delitto di omicidio colposo in danno di Teresa L, riconoscendo un concorso di colpa della conducente dell'altra vettura, L Teresa del 50% deceduta l'11 luglio 1969, a seguito dell'incidente stradale del 5 luglio 1969.
La decisione era confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza 14 maggio 1976. Con atto di citazione del 16 dicembre 1978 la soc. Cattolica di assicurazione coop. a r.l. assicuratrice per la responsabilità civile del S, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pescara Salvatore D F in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore Maria Pia. Deduceva di avere effettuato una offerta reale di L. 18.500.000 ai danneggiati, chiedendo di essere assolta, unitamente al suo assicurato, da ogni ulteriore pretesa risarcitoria della controparte. Si costituiva in giudizio il D F, nella duplici sua qualità. Lo stesso chiedeva il rigetto della domanda attrice, spiegando domanda riconvenzionale, previa autorizzazione alla chiamata in causa del S, e la condanna di questi, in solido con la compagnia di assicurazione.
Con sentenza 28 giugno/18 ottobre 1984 il Tribunale di Pescara rigettava la domanda della compagnia di assicurazione e condannava la società attrice ed il S in solido al pagamento in favore del D F, in proprio e nella qualità, della somma di L. 27.285,236 liquidata con riferimento al 31 dicembre 1978, con ulteriore rivalutazione dall'1 dicembre 1979 ed interessi legali dalla data del sinistro.
Avverso tale decisione proponevano appello D F Salvatore e Maria Pia, divenuta maggiorenne nelle more del giudizio. Si costituivano in giudizio, con atti separati, la società di assicurazione ed il S, chiedendo il rigetto dell'appello principale e proponendo, a loro volta, appello incidentale. Con sentenza del 21 luglio - 7 dicembre 1987, la Corte d'appello de L'Aquila ha dichiarato inammissibili gli appelli incidentali tardivi proposti dai responsabili (in quanto relativi a punti della decisione non investiti dall'appello principale del D F e della figlia) che riguardavano la mancata convalida della offerta reale, il rigetto della eccezione di improponibilità dell'azione diretta contro l'assicuratore, l'avvenuta liquidazione del danno in violazione dell'art. 1314 c.c., la condanna solidale dell'assicuratore e dell'assicurato alla somma liquidata in violazione dell'art. 1292 c.c., l'affermazione della responsabilità dell'assicuratore oltre i
limiti del massimale.
La Corte di appello accogliendo l'appello principale dei D F, rideterminava il danno dagli stessi subito:
a) in 25.000.000 in valori monetari attuali (luglio 1987) il danno non patrimoniale con interessi legali dal sinistro (1969) al saldo;
b) in 450.000 annue il danno da mancato, apporto economico dal sinistro al luglio 1979, da rivalutare secondo indici Istat dalle singole scadenze al saldo;
c) in 500.000 il danno da mancato apporto lavorativo dal sinistro alla data del secondo matrimonio e dal 1974 al luglio 1979, da rivalutare secondo gli indici Istat dalle singole scadenze al saldo, il tutto tenendo conto delle somme già incassate, anche ai fini della rivalutazione e degli interessi.
Là Corte di Cassazione, con sentenza 1384 del 1993 accoglieva in parte il ricorso principale dei D F e quello incidentale della compagnia di assicurazione.
La Corte di Cassazione accoglieva il terzo motivo dei ricorso principale dei D F, rilevando che la Corte del merito aveva affermato apoditticamente essere "evidente" che il danno derivante dalla mancata disponibilità per la famiglia della parte di reddito della moglie e madre defunta dovesse cessare nel momento in cui il vedovo si fosse risposato perché in tale momento la famiglia veniva a disporre di parte del reddito della nuova moglie. Sulla base di tale ragionamento la corte ha escluso il danno a partire dalla data del terzo matrimonio essendo risultato che la terza moglie avesse un reddito, mentre non vi erano prove che l'avesse la seconda. Ha osservato la Corte di Cassazione che non poteva essere condiviso il sillogismo della corte aquilana secondo la quale il nuovo matrimonio determina "tout court" la cessazione del danno. Le nuove nozze dovevano essere, invece, valutate caso per caso dal giudice del merito al fine di accertare in concreto in quali effettivi limiti il pregiudizio scaturito dal fatto illecito sia stato eliminato, tenendo conto tuttavia che nessuna rilevanza esse potranno comunque avere in relazione all'ammontare del risarcimento in favore dei figli (cfr. Cass. 11.7.1977 n. 3112). Ha rilevato sul punto la decisione di questa Corte:
"È ovvio che in proposito il giudice dovrà tener conto delle prove che le parti gli avranno fornite in merito e potrà giovarsi anche di prove presuntive, secondo il suo prudente apprezzamento". La sentenza della Corte di appello è stata infine cassata sul punto relativo alla mancata considerazione degli aumenti di stipendio che presumibilmente la vittima dell'incidente avrebbe potuto conseguire in tutta la sua carriera.
"Anche su questo punto, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata e il giudice di rinvio dovrà procedere la nuova liquidazione del danno tenendo conto dei fatti, dei quali è stata fornita la prova, e cioè che la vittima aveva al momento del sinistro i requisiti per ottenere la nomina a tempo indeterminato e che tale nomina avrebbe avuto effetto retroattivo e incidentale sullo stipendio;inoltre il giudice dovrà tener conto del probabile sviluppo di carriera della L e degli incrementi di reddito relativi".
I D F riassumevano il giudizio dinanzi alla Corte di appello di Perugia.
La Cattolica assicurazione ed il S, costituendosi in giudizio, contestavano la pretesa del D F e riproponevano in parte gli appelli incidentali, la cui dichiarazione di inammissibilità della prima Corte di appello era stata cassata dalla decisione di questa Corte.
La Corte territoriale, designata quale giudice di rinvio, disponeva procedersi a consulenza tecnica di ufficio, incaricando il consulente di acquisire le informative ritenute necessarie ai fini dei calcoli richiesti.
Con sentenza 18 ottobre - 20 dicembre 2007, la Corte di appello di Perugia:
1) dava atto della formazione del giudicato sulla sentenza 21 luglio - 7 dicembre 1987 della Corte di appello de L'Aquila nella parte in cui liquidava il danno non patrimoniale in L. 25.000.000 ( 15.000.000 per il marito Salvatore D F e 10.000.000 per la figlia D F Maria Pia) in valori monetari attuali (con riferimento alla data del 21 luglio 1987) con interessi legali dai sinistro ai saldo sulla somma rivalutata.
Ha rilevato la Corte territoriale che poiché i ricorsi per cassazione non avevano investito la liquidazione dei danno da svalutazione doveva ritenersi passato in giudicato anche il diniego della rivalutazione su tale voce di danno;
2) liquidava il danno patrimoniale da mancato apporto di reddito nelle somme in Euro equivalenti a L.