Cass. civ., sez. II, sentenza 18/06/2020, n. 11845

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 18/06/2020, n. 11845
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11845
Data del deposito : 18 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso 20695-2015 proposto da: RUGGERI ALDO ANDREA, RUGGERI RINA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DELLA GIULIANA

63 (FAX 0364535069), presso lo studio dell'avvocato L G, rappresentati e difesi dall'avvocato G B giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

S E, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AQUILEIA

12, presso lo studio dell'avvocato A M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M L in virtù di procura in calce al controricorso;
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- controricorrente -

nonché STEFANI ANTONIO, TOSINI GIOVANNA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 296/2015 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 05/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2019 dal Consigliere Dott. M C;
Udite le conclusioni del PUBBLICO MINISTERO nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C S, che ha chiesto accogliersi il ricorso per quanto di ragione;
Udito l'Avvocato A M per il controricorrente;

RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Brescia - sezione distaccata di Breno - con la sentenza del 9/12/2009 accoglieva in parte la domanda proposta da S G, R R, F A, R A A, S A e T G nei confronti di S E, finalizzata ad ottenere la demolizione della costruzione posta in essere dal secondo, a seguito di mutamento di destinazione dell'originario corpo di fabbrica, trasformato da garage ad abitazione, con la sopraelevazione di un tetto a due falde, in violazione delle distanze sia dal confine che dai fabbricati, con la chiusura altresì delle vedute illegittimamente aperte. La decisione di primo grado, infatti, disponeva la demolizione e l'arretramento della sola porzione oggetto di sopraelevazione, disponendo altresì la chiusura della finestra aperta sulla parete nord, dichiarando che lo Squaratti era privo di legittimazione quanto alla proposta domanda riconvenzionale di demolizione di quanto realizzato dagli attori sul loro fondo, mediante la chiusura di un portico preesistente. Ric. 2015 n. 20695 sez. 52 - ud. 12-09-2019 -2- La Corte d'Appello di Brescia, nel pronunziare sul gravame proposto dal convenuto nonché sull'appello incidentale degli attori, con la sentenza n. 296 del 5 marzo 2015 rigettava la domanda attorea di demolizione e arretramento del fabbricato del convenuto nella porzione sopraelevata, nonché la domanda volta ad ottenere la chiusura della finestra, disattendeva l'appello incidentale e confermava il rigetto della domanda riconvenzionale dello Squaratti. In primo luogo i giudici di appello esaminavano la richiesta di cui all'appello incidentale di rimozione anche della costruzione originaria, e non della sola sopraelevazione. Rilevavano che in origine era stato realizzato un garage che risultava conforme alle prescrizioni urbanistiche dell'epoca che consentivano l'edificazione di tale manufatto senza il rispetto della distanza di 5 metri, sempre che non fosse stata superata l'altezza di tre metri. Tuttavia gli appellanti avevano dedotto che, a fronte dell'originaria legittimità dell'opera, non poteva non tenersi conto del mutamento di destinazione che successivamente aveva subito, essendo stato trasformato da magazzino in una vera e propria abitazione, per la quale vige l'obbligo di rispetto della detta distanza. Secondo la sentenza di appello tale deduzione non aveva conforto. Infatti, una volta legittimamente realizzata la costruzione, il successivo mutamento della destinazione non poteva incidere sulla legittimità del manufatto, atteso che nella specie non era stata modificata la sua struttura. Il mutamento di destinazione potrebbe al più rilevare nei rapporti con la PA (che peraltro aveva assentito la Ric. 2015 n. 20695 sez. 52 - ud. 12-09-2019 -3- modificazione), ma non al fine della verifica del rispetto delle distanze legali. Anche la dedotta sopraelevazione non poteva avere rilevanza ai fini dell'accoglimento della domanda attorea, in quanto dalla CTU era emerso che il convenuto aveva solo predisposto un tetto a due falde sopra l'originaria copertura orizzontale, determinando un innalzamento della quota del bene di 70 cm. al colmo del tetto, ma senza che il sottotetto fosse stato reso praticabile, il che impediva di poter ritenere che l'opera potesse essere qualificata come sopraelevazione, come ritenuto anche dalla giurisprudenza che reputa che si abbia sopraelevazione, in caso di modifica della copertura di un edificio, solo se essa produca un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, aumenti che nella specie non si erano verificati. Quanto alla finestra posta a metri 1,43 dal confine in luogo dei prescritti 1,50 m., la decisione proseguiva rilevando che la domanda aveva carattere emulativo, atteso che la differenza era di appena 7 cm., occorrendo comunque osservare che la riduzione della distanza rispetto a quella preesistente era dovuta all'applicazione sulla facciata di uno strato di rivestimento termo-coibente, che non può incidere sul calcolo delle distanze che va fatto con riferimento al piano di superficie dell'apertura verso l'esterno e non al muro in cui questa è praticata, piano di superficie nella specie arretrato rispetto al limite esterno del materiale termo-coibente posto a protezione del muro, che in origine era effettivamente posto ad un metro e mezzo dal confine. Del pari doveva essere rigettata la domanda riconvenzionale del convenuto, in quanto gli attori si erano limitati a tamponare un portico preesistente, che però già da prima costituiva una Ric. 2015 n. 20695 sez. 52 - ud. 12-09-2019 -4- costruzione, realizzata nel rispetto della normativa previgente, sicchè alcuna influenza poteva avere la successiva chiusura. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso R R e R A A, anche quali eredi di S G e F A, sulla base di due motivi. S E ha resistito con controricorso. Con ordinanza interlocutoria del 22 febbraio 2019 è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti di Stefani Antonio e T G, essendosi provveduto a tale adempimento.

RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione degli artt. 873 e ss. c.c. e 905 c.c.. Si rileva che nel caso di specie l'art. 35 del R.E. del Comune di Breno, anche all'epoca di originaria edificazione del manufatto del convenuto, prevedeva l'edificazione a distanza inferiore a metri 5 dal confine ed a metri 10 dagli edifici, solo per le costruzioni non più alte di metri tre ed adibite a funzioni pertinenziali ed accessorie, come autorimesse private, ricoveri per animali di giardino, serre di servizio a giardini privati, essendone consentita anche l'edificazione a confine. Nella fattispecie il convenuto ha trasformato l'utilizzo del manufatto da accessorio a residenziale, avendo provveduto alla sua sopraelevazione ed adibendolo ad abitazione. I giudici di appello hanno errato nel ritenere che una volta legittimamente realizzata la costruzione, ricorrendo le condizioni che per essa consentivano la deroga alle distanze minime, la successiva modificazione, relativa alla sola destinazione, non sia idonea a rendere illegittima la stessa Ric. 2015 n. 20695 sez. 52 - ud. 12-09-2019 -5- costruzione, venendo meno il requisito che invece ne consentiva la legittima edificazione. Ha errato altresì la Corte di merito nel reputare che la nuova destinazione possa integrare al più una violazione amministrativa senza influire nei rapporti interprivatistici in materia di distanze. In effetti, alla luce del mutamento di destinazione, non è più applicabile il menzionato art. 35, dovendosi reputare il manufatto, proprio per effetto del cambiamento di destinazione, quale nuova costruzione, assoggettata alla più rigorosa disciplina in tema di distanze. Si lamenta anche l'erroneità della soluzione per quanto attiene alla veduta, essendo, infatti, emerso che la finestra posta sulla facciata verso nord è ad una distanza di m. 1,43 dal confine, non potendosi accedere alla soluzione sostenuta in sentenza secondo cui ai fini del calcolo della distanza occorrerebbe escludere il maggior spessore della parete frutto dell'applicazione di un rivestimento termocoibente. Infine, deve anche escludersi che la domanda abbia carattere emulativo, non potendosi reputare che la richiesta volta al rispetto delle distanze legali abbia tale connotazione, sebbene volta a denunciare la violazione per pochi centimetri. Il secondo motivo denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendosi che i giudici di appello abbiano erroneamente valutato il contenuto della concessione edilizia n. 51/88, dalla quale emergeva la sostanziale modifica del fabbricato del controricorrente nonché la modifica della sua destinazione d'uso, essendo stato adibito con la concessione n. 60/90 ad utilizzo residenziale. Ric. 2015 n. 20695 sez. 52 - ud. 12-09-2019 -6- In tal modo si è posta in essere una vera e propria nuova costruzione che va assoggettata alla più rigorosa disciplina prevista per gli edifici non aventi carattere accessorio. La diversa soluzione adottata dalla Corte d'Appello si risolve nell'autorizzazione ad eludere le prescrizioni urbanistiche.
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