Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/04/2023, n. 09337

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/04/2023, n. 09337
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09337
Data del deposito : 5 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 13627/2015 R.G. proposto da LETTERIO CARONELLA, in proprio e quale rappresentante della MESSINA SUD s.r.I., già MESSINA SUD di C Letterio & C. s.a.s., rappresentati e difesi dall'avv. A M ed elettivamente domiciliati in Roma, va

XXIV

Maggio, n. 43, presso lo studio di quest'ultimo;

- ricorrente -

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

- controricorrente -

e

contro

Riscossione Sicilia s.p.a., già Serit Sicilia s.p.a., Agente della riscossione per la Provincia di Messina, rappresentata e difesa dall'avv. G P del Foro di Messina ed elettivamente domiciliata in Roma, via Cola di Rienzo, n. 180, presso lo studio dell'avv. C S;
/ 4 - con troricorrente - Avverso la sentenza n. 3941/2/14 della Commissione tributaria regionale per la Sicilia, Sezione distaccata di Messina, depositata il 18/12/2014 e non notificata;
udita la relazione svolta dalla dott.ssa V P nella pubblica udienza del 5 aprile 2022, tenutasi con le modalità previste dall'art. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137/20, conv., con mod., dalla I. n. 176/20;
lette le conclusioni scritte della Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale M V, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Premesso che, in seguito all'avvio, da parte della Azienda Unità Sanitaria Locale n. 5 di Messina, di una procedura di evidenza pubblica con formulazione di offerte di vendita di immobili da destinare a "Poliambulatorio e Servizi sanitari", furono stipulati dalla società Messina Sud s.r.I., in data 6/2/2003 e in data 12/5/2004, due distinti contratti preliminari, con i quali la stessa promise di védere alla predetta AUSL rispettivamente un fabbricato in corso di costruzione da destinare allo svolgimento di servizi sanitari e altra porzione del medesimo immobile da destinare a consultorio familiare, vincolandosi al rispetto del progetto di massima e della normativa vigente in tema di strutture sanitarie, cui seguirono rispettivamente in data 15/12/2004 e 16/12/2004 gli atti definitivi di vendita, con i quali fu applicata l'aliquota Iva nella misura ridotta del 10% ai sensi dell'art. 1 I. 19 luglio 1961, n. 659, richiamata per relationem dall'art. 127 quinques della tabella A - parte III - allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Gli immobili furono accatastati con procedura DOCFA secondo la categoria A/10 (uffici e studi privati), in quanto l'Agenzia del territorio, in ragione della ritenuta incompatibilità tra l'oggetto sociale della società e la titolarità di immobili a destinazione sanitaria, si oppose all'accatastamento degli stessi secondo la categoria B/2 (case di cura e ospedali), che fu invece attribuito dalla AUSL mediante procedura di variazione successiva alla vendita. In ragione dell'accatastamento nella categoria A/10 degli immobili al momento della cessione, l'Ufficio notificò alla società e all'amministratore unico C un avviso di rettifica Iva, con cui accertò una maggiore Iva nella misura pari al differenziale di aliquota e irrogò contestualmente una sanzione pecuniaria di pari misura, e al C, quale presunto autore dell'illecito di infedele dichiarazione, e alla società, quale coobbligata in solido, un atto di contestazione ex art. 16 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, con cui prefigurò l'illecito amministrativo di infedele dichiarazione Iva. Impugnato dalla società e dal C l'avviso di rettifica, ma non anche l'atto di contestazione, la C.T.P. di Messina annullò il provvedimento nella sua interezza con sentenza n. 92/3/11 del 3/2/2011, che fu impugnata dall'Ufficio. Nelle more del giudizio di primo grado, fu notificata al C una cartella di pagamento, con cui gli fu ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa contemplata dall'atto di contestazione ex art. 16 del d.lgs. n. 472 del 1997. Impugnato dal C anche quest'atto sulla base delle medesime argomentazioni sostenute per l'avviso di rettifica, contenente, a suo avviso, anche l'atto di contestazione, la C.T.P. di Messina rigettò il ricorso, in ragione della definitività dell'atto di contestazione, con sentenza n. 93/3/11 del 3/2/2011. Impugnata dall'Ufficio la sentenza n. 92/3/11 del 3/2/2011 e dai contribuenti la sentenza n. 93/3/11 del 3/2/2011, la C.T.R., riuniti i due procedimenti, riformò la prima sentenza, accogliendo l'appello dell'Ufficio, e confermò la seconda, respingendo l'appello del C.

2. Contro la predetta sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, che la società Messina Sud s.r.l. illustra anche con memorie. L'Agenzia delle Entrate e l'Agente per la riscossione resistono con rispettivi controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e del contraddittorio processuale, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, nonché dei limiti oggettivi del giudizio tributario, per avere la C.T.R. confermato la legittimità e la fondatezza dell'avviso di rettifica sulla base di argomentazioni del tutto difformi da quelle declinate in sede accertativa e mai oggetto di contraddittorio tra le parti, avendo deciso a prescindere dall'accatastamento del bene, ma affermando l'assenza, nell'immobile, del carattere della residenzialità stabile e dunque l'inidoneità delle relative qualità intrinseche a consentirne l'assoggettamento a Iva agevolata. Ciò aveva comportato, ad avviso dei contribuenti, una duplice violazione processuale, sostanziatasi, per un verso, nella mancata sottoposizione di tale questione fattuale e giuridica al contraddittorio, ciò che avrebbe loro facilmente consentito di smentirne la rilevanza, per altro verso, nell'adozione di una decisione basata su fatti costitutivi diversi da quelli posti a fondamento della contestazione dell'Ufficio, avendo i giudici trasformato una pretesa fondata sulla formale classificazione catastale degli immobili, in una incentrata sulla ratio sottesa all'agevolazione e individuata nella necessaria destinazione abitativa degli immobili.

2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 127 quinquies della Tabella A - Parte III allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in combinato disposto con l'art. 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659, e dell'art. 2, secondo comma, regio decreto legge 21 giugno 1938, n. 1094, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto essenziale, al fine del riconoscimento dell'aliquota agevolata, il carattere "stabilmente residenziale" (a beneficio di una collettività) dell'unità immobiliare, restando irrilevante, in assenza della destinazione alloggiativa, la destinazione della stessa a funzioni pubbliche sanitarie. Ad avviso dei contribuenti, invece, il beneficio della riduzione dell'aliquota Iva in caso di compravendita di unità immobiliari destinate ad assolvere funzioni sanitarie non presuppone l'esclusiva destinazione alloggiativa delle stesse, posto che l'art. 2, secondo comma, del regio decreto legge n. 1094 del 1938, cui rinvia per relationem l'art. 1 della legge n. 659 del 1961, si limita a citare gli ospedali e le case di cura, senza fare alcun riferimento alla funzione abitativa, e che l'estensione del beneficio è in funzione della specifica finalità pubblica in favore della collettività assolta dalla destinazione del bene cui è diretto.

3. Col terzo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 16 e 17 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. respinto l'appello riguardante l'atto di contestazione, evidenziando come questo non soltanto fosse autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo, ancorché menzionato espressamente nell'avviso di rettifica, ma neppure rientrasse nell'oggetto del petitum del giudizio di impugnazione di quest'ultimo atto, benché allegato al ricorso di primo grado avverso lo stesso. Secondo i contribuenti, i giudici avevano però trascurato il fatto che l'Ufficio avesse irrogato la sanzione, relativa all'illecito da infedele dichiarazione, contestualmente all'avviso di rettifica ai sensi dell'art. 17 d.lgs. n. 472 del 1997, sì da rendere inutile il successivo atto di contestazione ex art. 16, che tale avviso fosse stato impugnato dalla società e dal C, ciascuno per la parte di interesse e dunque quest'ultimo per la responsabilità nelle violazioni contestategli, e che la censura giudiziale dell'avviso investisse tanto il maggior tributo accertato, quanto le conseguenze punitive dello stesso, sicché queste non potevano dirsi definitive.
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