Cass. pen., sez. III, sentenza 13/09/2021, n. 33813

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 13/09/2021, n. 33813
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33813
Data del deposito : 13 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA su ricorso proposto da M G, nato a Campobasso il 05/07/1968 avverso l'ordinanza in data 18/12/2020 del Tribunale di Campobasso visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A C;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo esame, in accoglimento del primo, del secondo e del terzo motivo di ricorso;
letta la memoria presentata nell'interesse dell ricorrente dall'avvocato G F, che insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza adottata in data 18 dicembre 2020, e depositata in data 15 gennaio 2021, il Tribunale di Campobasso, pronunciando in sede di riesame ex art. 324 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento con il quale, per quanto di interesse in questa sede, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Campobasso aveva disposto il sequestro a fini di confisca per equivalente delle somme di 80.200,56 euro e di 164.005,69 euro nei confronti di G M e di altri indagati. Il sequestro della somma di 80.200,56 euro è stato disposto per il reato di cui all'art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 contestato a G M quale amministratore di fatto della "Motors Giemme s.r.l.", in relazione all'anno di imposta 2016. Segnatamente, la "Motors Giemme s.r.l.", pur avendo emesso fatture in favore della "Giemrne Car s.r.l." nell'anno 2016, avrebbe omesso di presentare la dichiarazione fiscale (capo 3). Il sequestro della somma di 164.005,69 euro è stato disposto per i reati di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestati a G M quale amministratore di fatto della "Giemme Car s.r.l.", in relazione agli anni di imposta 2016 e 2017, mediante l'utilizzazione nelle relative dichiarazioni fiscali di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Precisamente, la "Giemme Car s.r.l." avrebbe evaso VIVA, secondo lo schema delle c.d. "frodi carosello", utilizzando fatture emesse da società - precisamente: "Auto s.r.l." e "Motors Giemme s.r.l." per l'anno 2016 (capo 7), e "Auto s.r.l." e "Principe s.r.l." per l'anno 2017 (capo 8) - le quali, fittiziamente interposte negli acquisiti di autovetture da ditte estere intra-comunitarie, omettevano di versare la pertinente IVA dovuta. Le precisate società sarebbero state fittiziamente interposte perché prive di autonomia operativa, perché avrebbero utilizzato denaro proveniente direttamente dalla "Giemme Car s.r.l." prima ancora di effettuare l'acquisto dalla ditta estera, e perché avrebbero operato "sottocosto", contro ogni logica commerciale.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe G M, con atto sottoscritto dall'avvocato G F, articolato in nove motivi, preceduti da una premessa. Nella premessa, in particolare, si evidenzia che: -) nei confronti di G M ed altri indagati, in precedenza, con provvedimento del 3 ottobre 2020, il G.i.p. del Tribunale di Campobasso aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del reato, mentre aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, per la mancata dimostrazione dell'impossibilità di eseguire fruttuosamente il primo provvedimento cautelare;
-) in esecuzione del provvedimento appena indicato, nelle date del 16 ottobre 2020 e del 29 ottobre 2020, erano stati rinvenute e sottoposte a sequestro liquidità rinvenute su rapporti postali e bancari riferibili ad A M, anch'ella indagata in relazione ai reati di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 con riferimento alle dichiarazioni riguardanti la "Giemme Car s.r.l." per gli anni d'imposta 2016 e 2017, nonché moglie di G M;
-) il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Campobasso del 3 ottobre 2020 non era stato impugnato nella parte relativa al rigetto della richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente;
-) in data 13 novembre 2020, il Pubblico Ministero aveva chiesto nuovo decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, e tale richiesta era stata accolta dal G.i.p. del Tribunale di Campobasso, per i titoli e gli importi precedentemente indicati al § 1, con provvedimento integralmente confermato dal Tribunale di Campobasso quale giudice del riesame.

2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, avendo riguardo alla violazione della preclusione da giudicato cautelare. Si deduce che illegittimamente l'ordinanza impugnata non ha ritenuto sussistere la preclusione, pur segnalata al Tribunale del riesame, derivante dalle vicende relative al provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Campobasso del 3 ottobre 2020. Si premette che il provvedimento appena citato aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di G M e di tutti gli altri indagati in ragione di una «incolmabile "lacuna investigativa"», costituita dalla mancata dimostrazione della «"incapienza" seppur temporanea della società Giemme Car Sri e dei patrimoni degli indagati», e che il Pubblico Ministero non aveva proposto impugnazione in ordine a tale profilo. Si osserva che il nuovo provvedimento, impositivo del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, non può essere giustificato solo perché alla nuova richiesta del Pubblico Ministero è stata allegata la nota della Guardia di Finanza del 29 ottobre 2020. Si rappresenta, precisamente, che: a) secondo il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza, anche in materia di misure cautelari, la stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa, non può essere riproposta neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame, salvo il sopraggiungere di nuovi elementi probatori (si cita Sez. 6, n. 23295 del 17/03/2015);
b) la nota della Guardia di Finanza non costituisce "nuovo elemento probatorio", in quanto consiste nella mera comunicazione degli esiti dell'esecuzione del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca diretta, documentando semplicemente il reperimento e la sottoposizione a vincolo di denaro per l'importo di 67.932,04 euro (di qui, in relazione ai reati di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 concernenti le dichiarazioni della "Giennme Car s.r.l.", la limitazione del sequestro a 164.005,69 euro, a fronte di un profitto quantificato in 231.937,73 euro).

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, avendo riguardo alla violazione dei principi in materia di riparto dell'onere della prova in ordine alle/ , condizioni patrimoniali della persona giuridica avvantaggiata e alla impossibilità di eseguire la confisca. Si deduce che illegittimamente l'ordinanza impugnata ha aderito in modo acritico alla prospettazione contenuta nella nota della Guardia di Finanza del 29 ottobre 2020, laddove attesta l'insussistenza di posizioni creditorie della "Giemme Car s.r.l." da sottoporre a sequestro. Si osserva, innanzitutto, che la Guardia di Finanza, all'atto dell'esecuzione del sequestro, non poteva riscontrare l'esistenza o insussistenza di situazioni creditorie spettanti alla "Giemme Car s.r.l.", perché la stessa non era destinataria di provvedimenti di sequestro. Si aggiunge, poi, che gli indagati, per dimostrare la "capienza" della precisata società, hanno prodotto, davanti al Tribunale del riesame, due estratti conto con saldi attivi di 2.854,00 euro e 2.858,45 euro, un bilancio di verifica al 14 dicembre 2020 attestante immobilizzazioni materiali per 42.437,37 euro, il registro dei beni ammortizzabili evidenziante la presenza di numerosi cespiti di valore, ed il certificato di proprietà di un autoveicolo, tutti di pertinenza della medesima persona giuridica. Si conclude che illegittimamente il Tribunale ha ritenuto le produzioni difensive inidonee a dimostrare la "capienza" della "Giemme Car s.r.l.", perché l'onere della prova incombe sull'accusa e non sulla difesa.

2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, avendo riguardo ancora alla violazione dei principi in materia di riparto dell'onere della prova in ordine alle condizioni patrimoniali della persona giuridica avvantaggiata e alla impossibilità di eseguire la confisca. Si deduce che illegittimamente l'ordinanza impugnata ha imputato alla difesa la mancata dimostrazione che i beni ammortizzabili e i veicoli della "Giemme Car s.r.l." non siano beni costituenti il prodotto o il profitto del reato, e, quindi, come tali, non suscettibili di apprensione mediante confisca diretta, la cui applicazione avrebbe impedito l'operatività della confisca per equivalente. Si rappresenta che, secondo la giurisprudenza, i beni acquistati con il denaro ricavato dall'attività illecita e l'utile derivante dall'investimento del denaro di provenienza criminosa costituiscono il profitto del reato, e, in quanto profitto del reato, possono essere aggrediti a mezzo di confisca diretta (si cita Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, G). Si aggiunge che non costituisce onere dell'indagato dimostrare che le consistenze patrimoniali della società beneficiairia dei reati per i quali è stato disposto il sequestro non possano essere oggetto di confisca diretta, perché non rientranti nel novero di beni sui quali può essere applicata tale misura ablatoria.

2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, avendo riguardo al mancato riconoscimento dell'applicazione del c.d. "regime del margine", ed alla ritenuta sussistenza del dolo specifico. ( Si deduce che non vi sono elementi per affermare l'esistenza di una c.d. "frode carosello". Si osserva che: -) le società cedenti, e ritenute fittiziamente interposte, "Motors Giemme s.r.l." e "Auto s.r.l." hanno emesso fatture di vendita nei confronti di molteplici soggetti, non solo della "Giemme Car s.r.l.";
-) la "Giemme Car s.r.l." ha regolarmente pagato VIVA alle società cedenti ("Motors Giemme s.r.l.", "Auto s.r.l." e "Principe s.r.l.");
-) non sono emerse restituzioni o retrocessioni dalle società ritenute fittiziamente interposte alla "Giemme Car s.r.l." o ai suoi amministratori o soci;
-) l'amministratore di "Auto s.r.l." ha ammesso a dibattimento di non aver pagato VIVA semplicemente per mancanza di liquidità. Si rappresenta, poi, che correttamente è stato applicato il c.d. "regime del margine" di cui agli art. da 36 a 40 d.l. n. 41 del 1995, il quale deroga al regime ordinario, prevedendo come base imponibile per VIVA per l'acquisto da fornitore estero intra- comunitario non l'intero corrispettivo, ma solo il margine positivo tra prezzo di vendita del veicolo e prezzo precedentemente pagato per l'acquisto dello stesso;
si rileva, infatti, che le autovetture oggetto di compravendita erano tutte con targa italiana. Si evidenzia, ancora, che "Auto s.r.l.", "Motor Giemme s.r.l." e "Principe s.r.l." sono soggetti reali, in relazione ai quali nessun elemento è stato prodotto per dimostrarne la fittizietà, e che non vi sono dati da cui inferire la conoscenza di G M circa modalità gestionali e debiti fiscali delle precisate ditte, e, quindi, il dolo specifico del medesimo, elemento necessario ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 2 dilgs. n. 74 del 2000. 2.5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione di legge, avendo riguardo alla qualificazione del fatto a norma dell'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, come dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Si deduce che deve ritenersi già esclusa la configurabilità del reato di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 nei confronti di G M. Si rappresenta, in proposito, che: -) le contestazioni oggetto del presente procedimento «prendono le mosse» dal passivo fallimentare maturato dalla "Motors Giemme s.r.l." dal 2008 al 2016 mediante il sistema delle interposizioni fittizie;
-) G M è stato già assolto dal reato di cui all'art. 2 d.lgs. n 74 del 2000 in relazione alla contestata interposizione di due ditte individuali per gli anni dal 2009 al 2012;
-) i titolari delle due ditte individuali appena indicate sono stati condannati esclusivamente per il reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000. 2.6. Con il sesto motivo, si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, avendo riguardo alla qualificazione del fatto a norma dell'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, come dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Si deduce che, nella specie, il delitto configurabile è quello di cui all'art. 10- ter d.lgs. n. 74 del 2000, perché le società interposte hanno dichiarato VIVA e non l'hanno poi versata per sopravvenute difficoltà economiche, come espressamente ammesso nel dibattimento a suo carico dall'amministratore di "Auto s.r.l.", e come comprovato anche dalla presentazione di dichiarazioni da parte di questa società.
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