Cass. pen., sez. VI, sentenza 05/01/2023, n. 00168
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1) C L E, nato a Balestrate (PA) il 10/10/1958 2) R S, nata a Napoli il 18/09/1971 3) T A, nata a Casagiove (CE) il 22/08/1974 avverso la sentenza del 13/10/2021 della Corte di appello di Napoli;
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere M R;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha concluso per l'annullamento della sentenza senza rinvio, perché il fatto non sussiste, in relazione ai delitti di corruzione, e perché i reati sono estinti per prescrizione, relativamente ai delitti di turbata libertà degli incanti;
uditi i difensori degli imputati, avv. A F per C, avv. R G per R ed avv.ti G I e G D per T, che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città del 14 giugno 2019, con la quale, all'esito di processo svoltosi con il rito abbreviato, Lucio Eugenio C è stato condannato per due episodi di corruzione aggravata e di correlata turbata libertà degli incanti aggravata (artt. 319, 319-bis e 353, primo e secondo comma, cod. pen.;
capi A, C, D ed F dell'imputazione), mentre Assunta T e Silvia R sono state condannate, in relazione ad uno di quegli episodi, quali soggetti corruttori e concorrenti nella relativa turbativa d'asta (capi E ed F dell'imputazione). Le due vicende riguardano le gare d'appalto per l'esecuzione di lavori d'impiantistica presso una caserma dell'Esercito a Santa Maria Capua Vetere (capi A e C) e di rimozione e smaltimento di manufatti in amianto presso altra caserma sita a Nocera Inferiore (capi D, E, F). Secondo l'accusa, in entrambi i casi, C, nella sua qualità di comandante della stazione appaltante e di responsabile del procedimento, in concorso con altri militari a lui gerarchicamente sottordinati e separatamente giudicati, avrebbe ottenuto ricompense in denaro per assegnare gli appalti alle ditte poi risultate aggiudicatarie, quindi omettendo un'effettiva valutazione delle offerte concorrenti. Le imputate T e R, invece, erano, rispettivamente, la rappresentante legale ed il direttore tecnico della "Casertana costruzioni" s.r.I., aggiudicataria dell'appalto per i lavori presso la caserma di Nocera Inferiore. Ricorrono per cassazione tutti e tre gli imputati, con separati atti a firma dei rispettivi difensori.
2. Il ricorso di C evidenzia preliminarmente come, per altri episodi analoghi emersi nel corso della medesima indagine ma giudicati in separato processo, egli sia stato mandato assolto per non aver commesso i fatti, con sentenza irrevocabile della stessa Corte di appello del 2018. 2.1. Tanto premesso, con il primo motivo, egli denuncia essenzialmente vizi cumulativi di motivazione, relativi, in generale, all'affermazione della sua colpevolezza, rilevando, in sintesi: - che la sentenza impugnata gli attribuisce soltanto una responsabilità da posizione, indicandolo come vertice di una situazione generalizzata di corruttela presente in quell'ufficio;- che tale affermazione è tuttavia smentita dagli esiti di questo e del precedente processo, nei quali egli è stato ritenuto colpevole soltanto di due dei sei episodi contestatigli;
- che dagli atti emergerebbe, al più, una sua consapevolezza di condotte illegali tenute dai suoi sottoposti;
- che le dichiarazioni di due di costoro, tali C e P, sui cui si fonda la sentenza impugnata, sono le stesse ritenute inaffidabili dalla precedente sentenza irrevocabile nonché, in questo stesso processo, per altre imputazioni;
- che la decisione avversata omette completamente di considerare quanto affermato dal corruttore Franco C, titolare di fatto della "Casertana costruzioni", il quale ha negato qualsiasi patto corruttivo per i lavori alla caserma di Nocera, mentre nel precedente processo ha reso dichiarazioni confessorie in relazione ad altri appalti;
- che le circostanze da cui la Corte d'appello ha desunto il coinvolgimento di esso ricorrente in quei fatti (ovvero l'aver egli partecipato ad una riunione con i suoi colleghi nel cortile della caserma, per discutere della notizia della sospetta installazione di microspie in quegli uffici, e l'essersi quindi attivato presso un suo privato conoscente per far eseguire un controllo) non sono concludenti, non essendo dimostrato che, in quell'incontro, i sottoposti coinvolti nelle vicende corruttive vi abbiano fatto riferimento, ed essendo state comunque tali risultanze già esaminate nel precedente processo e, evidentemente, ritenute insignificanti;
- che analogamente insignificanti sono le rilevate anomalie delle procedure di gara, anch'esse invece valorizzate in sentenza, non potendo comunque da esse desumersi il suo coinvolgimento nelle stesse.
2.2. Con il secondo motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente contesta l'affermazione della Corte d'appello per cui la piattaforma probatoria del presente processo sarebbe differente da quella del processo definito con assoluzione irrevocabile, in quanto arricchitasi di due informative di polizia specificamente relative ai fatti oggetto delle imputazioni in rassegna ed altresì perché - specificano quei giudici - le intercettazioni e le dichiarazioni dei coindagati, benché analoghe, riguardano comunque varie vicende tra loro distinte. Obietta la difesa: che si tratterebbe di vicende diverse, ma tutte relative ad attività corruttive dell'imprenditore C finalizzate ad aggiudicarsi appalti banditi dalla medesima amministrazione facente capo al C;
che dichiarazioni e conversazioni non sono semplicemente analoghe, ma sono proprio le stesse;
che le informative di polizia erano già presenti nel fascicolo investigativo al momento della separazione dei processi.
2.3. La terza doglianza cons;ste nell'insufficienza e nell'illogicità della motivazione in punto di valutazione del precedente giudicato assolutorio, acquisito ex art. 238-bis, cod. proc. pen.. Quella decisione, infatti, costituisce prova dei fatti con essa accertati e si sarebbe potuta superare, pertanto, soltanto attraverso una motivazione rafforzata, capace di confutare le criticità probatorie ivi evidenziate - inattendibilità di C e P, assenza di riscontri al loro narrato sulla specifica posizione dei C - e di dimostrare il personale e diretto coinvolgimento di quest'ultimo in quel contesto illegale. Né può essere sufficiente, a tal fine, il comportamento da questi tenuto in relazione alla vicenda delle microspie, riguardando esso, semmai, i complessivi rapporti con C e gli altri imprenditori, ma non in via esclusiva le gare oggetto del presente processo, in merito alle quali, dunque, nulla avrebbe potuto aggiungere.
2.4. Il quarto motivo denuncia l'erronea interpretazione della disciplina sugli appalti pubblici. Spie della condotta corruttiva - secondo la Corte d'appello - sarebbero: per la gara relativa ai lavori di S. Maria Capua Vetere, l'indicazione a penna della percentuale di ribasso nell'offerta della ditta aggiudicataria, per il resto dattiloscritta;
mentre, per la gara riguardante i lavori di Nocera Inferiore, la successiva autorizzazione al subappalto, non prevista nel capitolato tecnico. Replica la difesa: che il codice degli appalti non prevede requisiti di forma per la redazione delle offerte;
che l'art. 170 del codice degli appalti consente sempre il subappalto, il quale, nello specifico, non era vietato dal bando di gara, che era l'unico documento rilevante nei rapporti tra le parti dell'appalto.
2.5. Con il quinto motivo, si denuncia l'inutilizzabilità di una conversazione del ricorrente con il sottordinato e coindagato Mautone, intercettata all'interno dell'autovettura di quest'ultimo, non tenuta
letti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere M R;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha concluso per l'annullamento della sentenza senza rinvio, perché il fatto non sussiste, in relazione ai delitti di corruzione, e perché i reati sono estinti per prescrizione, relativamente ai delitti di turbata libertà degli incanti;
uditi i difensori degli imputati, avv. A F per C, avv. R G per R ed avv.ti G I e G D per T, che hanno concluso per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città del 14 giugno 2019, con la quale, all'esito di processo svoltosi con il rito abbreviato, Lucio Eugenio C è stato condannato per due episodi di corruzione aggravata e di correlata turbata libertà degli incanti aggravata (artt. 319, 319-bis e 353, primo e secondo comma, cod. pen.;
capi A, C, D ed F dell'imputazione), mentre Assunta T e Silvia R sono state condannate, in relazione ad uno di quegli episodi, quali soggetti corruttori e concorrenti nella relativa turbativa d'asta (capi E ed F dell'imputazione). Le due vicende riguardano le gare d'appalto per l'esecuzione di lavori d'impiantistica presso una caserma dell'Esercito a Santa Maria Capua Vetere (capi A e C) e di rimozione e smaltimento di manufatti in amianto presso altra caserma sita a Nocera Inferiore (capi D, E, F). Secondo l'accusa, in entrambi i casi, C, nella sua qualità di comandante della stazione appaltante e di responsabile del procedimento, in concorso con altri militari a lui gerarchicamente sottordinati e separatamente giudicati, avrebbe ottenuto ricompense in denaro per assegnare gli appalti alle ditte poi risultate aggiudicatarie, quindi omettendo un'effettiva valutazione delle offerte concorrenti. Le imputate T e R, invece, erano, rispettivamente, la rappresentante legale ed il direttore tecnico della "Casertana costruzioni" s.r.I., aggiudicataria dell'appalto per i lavori presso la caserma di Nocera Inferiore. Ricorrono per cassazione tutti e tre gli imputati, con separati atti a firma dei rispettivi difensori.
2. Il ricorso di C evidenzia preliminarmente come, per altri episodi analoghi emersi nel corso della medesima indagine ma giudicati in separato processo, egli sia stato mandato assolto per non aver commesso i fatti, con sentenza irrevocabile della stessa Corte di appello del 2018. 2.1. Tanto premesso, con il primo motivo, egli denuncia essenzialmente vizi cumulativi di motivazione, relativi, in generale, all'affermazione della sua colpevolezza, rilevando, in sintesi: - che la sentenza impugnata gli attribuisce soltanto una responsabilità da posizione, indicandolo come vertice di una situazione generalizzata di corruttela presente in quell'ufficio;- che tale affermazione è tuttavia smentita dagli esiti di questo e del precedente processo, nei quali egli è stato ritenuto colpevole soltanto di due dei sei episodi contestatigli;
- che dagli atti emergerebbe, al più, una sua consapevolezza di condotte illegali tenute dai suoi sottoposti;
- che le dichiarazioni di due di costoro, tali C e P, sui cui si fonda la sentenza impugnata, sono le stesse ritenute inaffidabili dalla precedente sentenza irrevocabile nonché, in questo stesso processo, per altre imputazioni;
- che la decisione avversata omette completamente di considerare quanto affermato dal corruttore Franco C, titolare di fatto della "Casertana costruzioni", il quale ha negato qualsiasi patto corruttivo per i lavori alla caserma di Nocera, mentre nel precedente processo ha reso dichiarazioni confessorie in relazione ad altri appalti;
- che le circostanze da cui la Corte d'appello ha desunto il coinvolgimento di esso ricorrente in quei fatti (ovvero l'aver egli partecipato ad una riunione con i suoi colleghi nel cortile della caserma, per discutere della notizia della sospetta installazione di microspie in quegli uffici, e l'essersi quindi attivato presso un suo privato conoscente per far eseguire un controllo) non sono concludenti, non essendo dimostrato che, in quell'incontro, i sottoposti coinvolti nelle vicende corruttive vi abbiano fatto riferimento, ed essendo state comunque tali risultanze già esaminate nel precedente processo e, evidentemente, ritenute insignificanti;
- che analogamente insignificanti sono le rilevate anomalie delle procedure di gara, anch'esse invece valorizzate in sentenza, non potendo comunque da esse desumersi il suo coinvolgimento nelle stesse.
2.2. Con il secondo motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente contesta l'affermazione della Corte d'appello per cui la piattaforma probatoria del presente processo sarebbe differente da quella del processo definito con assoluzione irrevocabile, in quanto arricchitasi di due informative di polizia specificamente relative ai fatti oggetto delle imputazioni in rassegna ed altresì perché - specificano quei giudici - le intercettazioni e le dichiarazioni dei coindagati, benché analoghe, riguardano comunque varie vicende tra loro distinte. Obietta la difesa: che si tratterebbe di vicende diverse, ma tutte relative ad attività corruttive dell'imprenditore C finalizzate ad aggiudicarsi appalti banditi dalla medesima amministrazione facente capo al C;
che dichiarazioni e conversazioni non sono semplicemente analoghe, ma sono proprio le stesse;
che le informative di polizia erano già presenti nel fascicolo investigativo al momento della separazione dei processi.
2.3. La terza doglianza cons;ste nell'insufficienza e nell'illogicità della motivazione in punto di valutazione del precedente giudicato assolutorio, acquisito ex art. 238-bis, cod. proc. pen.. Quella decisione, infatti, costituisce prova dei fatti con essa accertati e si sarebbe potuta superare, pertanto, soltanto attraverso una motivazione rafforzata, capace di confutare le criticità probatorie ivi evidenziate - inattendibilità di C e P, assenza di riscontri al loro narrato sulla specifica posizione dei C - e di dimostrare il personale e diretto coinvolgimento di quest'ultimo in quel contesto illegale. Né può essere sufficiente, a tal fine, il comportamento da questi tenuto in relazione alla vicenda delle microspie, riguardando esso, semmai, i complessivi rapporti con C e gli altri imprenditori, ma non in via esclusiva le gare oggetto del presente processo, in merito alle quali, dunque, nulla avrebbe potuto aggiungere.
2.4. Il quarto motivo denuncia l'erronea interpretazione della disciplina sugli appalti pubblici. Spie della condotta corruttiva - secondo la Corte d'appello - sarebbero: per la gara relativa ai lavori di S. Maria Capua Vetere, l'indicazione a penna della percentuale di ribasso nell'offerta della ditta aggiudicataria, per il resto dattiloscritta;
mentre, per la gara riguardante i lavori di Nocera Inferiore, la successiva autorizzazione al subappalto, non prevista nel capitolato tecnico. Replica la difesa: che il codice degli appalti non prevede requisiti di forma per la redazione delle offerte;
che l'art. 170 del codice degli appalti consente sempre il subappalto, il quale, nello specifico, non era vietato dal bando di gara, che era l'unico documento rilevante nei rapporti tra le parti dell'appalto.
2.5. Con il quinto motivo, si denuncia l'inutilizzabilità di una conversazione del ricorrente con il sottordinato e coindagato Mautone, intercettata all'interno dell'autovettura di quest'ultimo, non tenuta
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