Cass. civ., sez. II, sentenza 09/10/1972, n. 2959
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Il codice civile vigente, procedendo - a differenza del codice del 1865, che non contemplava l'istituto - ad una valutazione tipica della prelazione nei rapporti enfiteutici, desunta con riferimento alla regolamentazione che l'istituto aveva ricevuto sotto l'impero dei preesistenti ordinamenti, non soltanto ha configurato il diritto del concedente come diritto di prelazione, con effetti destinati a rimanere circoscritti ai soli rapporti tra concedente ed enfiteuta, ma ha conferito al concedente anche il cosiddetto diritto di retratto, che si configura quale diritto complementare, che non inerisce necessariamente al diritto di prelazione e che tende, sostanzialmente, a rendere opponibili gli effetti che sarebbero potuti derivare dall'Esercizio di quest'ultimo diritto (consistenti nell'acquisto immediato del dominio utile dell'enfiteuta alienante) nei confronti del terzo acquirente, essendo il retratto esperibile nei confronti dell'acquirente del cosiddetto dominio utile per assicurare al concedente, qualora questi ne sia stato impedito per fatto dell'enfiteuta, la possibilita di subentrare ugualmente, malgrado la gia avvenuta alienazione e con effetti ex tunc, nella posizione che egli avrebbe avuto qualora avesse potuto esercitare la prelazione. Con l'art 148 delle disp trans - in relazione alla particolare natura del rapporto enfiteutico e alla speciale posizione che, nell'ambito del medesimo rapporto, andava assegnata, per antica tradizione, al concedente, quale titolare del cosiddetto dominio diretto - il legislatore del 1942 ha riconosciuto dunque efficacia reale alle prelazioni previste a favore del concedente nelle enfiteusi gia costituite sotto il vigore degli ordinamenti preesistenti indipendentemente dal fatto che tali ordinamenti attribuissero carattere reale al diritto di prelazione. Il carattere reale della prelazione inerente alle enfiteusi gia costituite anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice civile deve quindi, per identita di ratio, essere ammesso sia nel caso in cui il diritto di prelazione fosse stato contemplato espressamente, pur se con norme di carattere dispositivo o suppletivo, nell'ordinamento preesistente (cosiddetta prelazione legale), sia nel caso che il diritto stesso, pur non essendo disciplinato formalmente dalla legge del tempo, fosse stato tuttavia rimesso nella sua concreta Determinazione all'autonomia contrattuale dei soggetti del rapporto (cosiddetta prelazione convenzionale).*
La norma di cui all'art 148 disp trans cod civ appare ispirata all'intento di favorire la liberta dei fondi, con la conseguenza che, facendo riferimento alla vendita, il legislatore del 1942 non puo aver inteso limitare l'ambito di operativita dell'art 148 e dell'istituto del retratto, in esso richiamato, escludendone l'applicazione nell'ipotesi in cui la prelazione sia stata consensualmente prevista con riferimento ad alienazione diversa dalla vendita, ma ha solo voluto indicare, nella presupposta applicabilita della citata norma ad ogni ipotesi di alienazione, il caso tipico in cui e dato rilevare senz'altro - per il particolare oggetto della prestazione che viene offerta all'enfiteuta quale corrispettivo dell'alienazione, e senza necessita di procedere quindi ad alcuna altra indagine - la possibilita di configurare quella par condicio che e postulata per l'Esercizio del diritto di prelazione. Pertanto, la norma del citato articolo 148 deve ritenersi suscettibile di essere riferita anche alle prelazioni convenzionali, inerenti a rapporti enfiteutici costituiti anteriormente all'entrata in vigore del nuovo codice civile, pur se la prelazione sia stata a suo tempo stabilita con riguardo ad ipotesi di alienazione diverse dalla vendita. Nel caso di prelazioni convenzionali inerenti ad enfiteusi costituite anteriormente all'entrata in vigore del codice civile del 1942, l'operativita del richiamo contenuto nel citato art 148 e la conseguente ammissibilita del retratto non possono, quindi, essere mai escluse aprioristicamente dall'interprete sol perche la prelazione sia stata prevista ed esercitata rispetto ad un'alienazione diversa dalla vendita; ma occorre innanzi tutto accertare quale sia la reale portata del patto, onde stabilire - con specifico riferimento all'intenzione delle parti - quali siano i negozi traslativi rispetto ai quali la prelazione fu da esse prevista e voluta e quale sia quindi la sua concreta sfera di applicazione; in secondo luogo - posto che il negozio di cui si discute rientri tra quelli contemplati nel patto - occorre verificare, con riferimento alle particolarita di ciascuna fattispecie, in relazione all'oggetto e alla natura delle prestazioni dedotte nell'atto di alienazione e alle eventuali garanzie offerte dal concedente, se sia concretamente possibile la sostituzione, a parita di condizioni, del concedente al terzo, pur nell'assoluto e incondizionato rispetto delle finalita che furono e potevano essere oggettivamente realizzate dall'enfiteuta con l'alienazione del suo diritto. ( nella specie, la Corte ha affermato che, trattandosi di prelazione convenzionale, la portata e i correlativi limiti del diritto del concedente avrebbero dovuto essere desunti in base all'esame diretto e ad un'opportuna interpretazione - viceversa omessi dal giudice di merito - della clausola del titolo costitutivo del rapporto enfiteutico in cui era stata consacrata la prelazione, onde accertare se la medesima fosse stata pattuita con specifico ed esclusivo riferimento alla vendita, ovvero anche con riferimento ad altri negozi implicanti il trasferimento, sia pure oneroso, del diritto dell'enfiteuta - quale la cessione del diritto dell'enfiteuta in corrispettivo della Costituzione di una rendita vitalizia di cui si discuteva - non potendo aprioristicamente escludersi che alla prelazione convenzionale a suo tempo pattuita, pur dovendo attribuirsi, in base all'art 148 citato, efficacia reale secondo la disciplina sancita dall'art 966 cod civ, potesse riconnettersi un'estensione diversa ed eventualmente piu ampia di quella prevista da tale norma).*