Cass. pen., sez. III, sentenza 24/01/2023, n. 02867
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la seguente SENTENZA sul ricorso di F A F, nato a Pietra De' Giorgi il 24/07/1962, avverso l'ordinanza in data 08/06/2022 del Tribunale di Pavia, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere U M;letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, F C, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 8 giugno 2022 il Tribunale del riesame di Pavia ha rigettato l'istanza di riesame presentata da A F F, indagato per il reato dell'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 156 del 2006, avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio di un'area di cantiere. 2. L'indagato ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, e cioè la violazione di legge per omessa qualificazione dell'area come deposito temporaneo. Espone che non vi era un limite quantitativo perché il termine trimestrale era stato rispettato: i lavori erano iniziati il 26 febbraio 2022 e l'ultimo conferimento a discarica era stato effettuato il 30 marzo 2022;che i materiali erano stati raggruppati in modo omogeneo;che non vi erano rifiuti tossici o pericolosi;che i rifiuti da demolizione erano stati prodotti direttamente nel cantiere;che il cantiere era debitamente recintato e custodito. Osserva dunque che la gestione e lo stoccaggio dei rifiuti, in presenza di tali caratteristiche, era da considerarsi libero e non soggetto ad autorizzazioni. Contesta l'interpretazione del "riempimento", siccome l'area di cantiere era stata correttamente adibita alla raccolta dei rifiuti da demolizione. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il ricorso è manifestamente infondato. Non è in contestazione la nozione di deposito temporaneo di cui all'art. 183 lett. bb), d.lgs. n. 152 del 2006, che è il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta secondo i criteri del successivo art. 185-bis (su cui si veda tra le più recenti Sez. 3, n. 50129 del 28/06/2018, D., Rv. 273965-01), ma l'interpretazione dei fatti prospettati dagli inquirenti e giustificanti il sequestro probatorio dell'area. Pertanto, piuttosto che la violazione di legge, il ricorrente sollecita la Corte ad una verifica del vizio di motivazione. Secondo la ricostruzione compiuta dal Tribunale del riesame, il 9 maggio 2022, i Carabinieri avevano eseguito un controllo in un'area di cantiere in cui era in corso un intervento di demolizione di fabbricati fatiscenti per conto della Immobiliare Torricella S.r.l. L'indagato aveva dichiarato di essere incaricato dei lavori di demolizione dalla Torricostruzioni S.r.l., precisando che erano stati già smaltiti 20 camion di macerie edili per il tramite della Eurotrasporti e materiale metallico prelevato dalla Max Metalli S.r.l. e che il restante materiale, composto dalle macerie, sarebbe stato per lo più riutilizzato e, in minima parte, smaltito. Eseguiti i rilievi fotografici, acquisita la documentazione relativa ai permessi a costruire e i FIR dei rifiuti smaltiti fino a quel momento, nel successivo sopralluogo del 19 maggio 2022, i Carabinieri avevano notato che non erano più presenti i rifiuti fotografati dieci giorni prima e che era stato eseguito un livellamento del piazzale. In particolare, l'indagato aveva confermato che, pur non avendo alcuna autorizzazione per il recupero dei rifiuti prodotti, aveva interrato i rifiuti per una profondità variabile dai 20 agli 80 centimetri e aveva effettuato il riempimento delle cantine con le macerie da demolizione. Di qui la prospettazione accusatoria della violazione dell'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 che il Tribunale del riesame ha condiviso con motivazione ineccepibile. Infatti, è emerso che i rifiuti non sono stati accantonati per il successivo smaltimento in discarica autorizzata, ma sono stati usati per il riempimento dell'area e di cantine sotterranee, e quindi per un reimpiego °'4".• permanente, donde la necessità del sequestro probatorio dell'area per verificare l'estensione dell'interramento delle macerie e la loro esatta composizione. E' noto che, in materia di tutela penale dell'ambiente, l'attività di demolizione di un edificio non può essere definita un "processo di produzione" quale quello indicato dall'art. 184-bis, comma primo, lett. a) del d.lgs. 152 del 2006, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti e non come sottoprodotti (Sez. 3, n. 33028 del 01/07/2015, G, Rv. 264203 — 01) e che spetta all'interessato provare l'esistenza delle condizioni di esonero dell'art. 183 d.lgs. n. 252 del 2006 (Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, D S, Rv. 267636-01). Tuttavia, anche dalla prospettazione del ricorrente non sono emersi elementi inconfutabili in favore della qualificazione del deposito dei rifiuti edili come temporaneo e sono emersi invece elementi in senso opposto del loro reimpiego in assenza delle autorizzazioni di legge. Non a caso il Tribunale del riesame ha confermato il sequestro probatorio in funzione proprio dell'accertamento della natura e della composizione dei rifiuti nonché dell'estensione dell'interramento. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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