Cass. pen., sez. IV, sentenza 30/04/2020, n. 13506
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
ciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PAOLINI LUCIANO, n. a Urbania 1'08/02/1945;
avverso la sentenza n. 1759/2017 della CORTE DI APPELLO DI ANCONAdell'11/03/2019;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. A E;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa A C, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro del 7 giugno 2017, con cui P L era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro centoventi di multa in relazione al reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 7, cod. pen. (perché era sorpreso mentre gettava un pesante sacco all'interno del cassonetto, contenente i resti di un capriolo, essendosi, pertanto, impossessato di un animale selvatico senza autorizza- zione venatoria - in Pesaro, località Siligata, il 24 giugno 2013).
1.1. In ordine alla ricostruzione della vicenda, il Tribunale rilevava che gli avanzi di macellazione dell'animale erano stati depositati nella spazzatura, proprio sotto gli occhi del capitano S, ad opera dell'imputato;
inoltre, nel frigo del teste Bicciato, erano trovate le due mezzene dell'animale che il P gli aveva portato col propo- sito di riprendersele. Nel corso dell'interrogatorio, il P riferiva di aver acciden- talmente investito un capriolo, di averlo trovato agonizzante e di averlo finito per alleviarne le sofferenze, per poi portarlo con sé, macellarlo e riporlo in frigo da un conoscente. Gli esiti dell'accertamento tecnico confortavano la versione dell'imputato, in quanto si dava atto della presenza di frattura all femore destro e di ematomi vari, circostanze compatibili con la descritta dinamica di un investimento. L'imputato non chiariva le modalità di uccisione dell'animale né il consulente era in grado di stabilire se il taglio alla gola fosse stato inferto prima o dopo la morte dell'animale. Secondo la Corte territoriale, trattandosi di specie appartenente al patrimonio in- disponibile dello Stato, l'appropriazione ad opera di soggetto privo di licenza di caccia integrava gli estremi del reato di furto. Ricorrevano gli estremi del reato di furto aggravato dalla natura pubblica del bene, perché l'imputato, dopo un investimento verosimilmente non volontario, anziché porre l'animale a disposizione delle autorità statuali competenti, se ne appropriava con scopi alimentari propri o di vendita a terzi, cioè col fine di trarne profitto.
1.2. La Corte territoriale ha rilevato che il Tribunale aveva compiuto una descri- zione dettagliata, precisa e puntuale della vicenda, desumendo correttamente la re- sponsabilità del P in ordine al reato contestato;
inoltre, ha ritenuto tuttora con- figurabile il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato. Ricorreva il dolo specifico del reato in esame, potendo esso consistere nel soddi- sfacimento di un bisogno psichico e rispondere quindi ad una finalità di dispetto, ritorsione o vendetta. Il capriolo, d'altronde, risultava scuoiato e privo di corna, per cui se ne era appropriato a fine di lucro (alimento proprio o cessione a terzi).
2. Il P, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sen- tenza della Corte di appello, proponendo sei motivi di
avverso la sentenza n. 1759/2017 della CORTE DI APPELLO DI ANCONAdell'11/03/2019;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. A E;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa A C, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Pesaro del 7 giugno 2017, con cui P L era stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro centoventi di multa in relazione al reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 7, cod. pen. (perché era sorpreso mentre gettava un pesante sacco all'interno del cassonetto, contenente i resti di un capriolo, essendosi, pertanto, impossessato di un animale selvatico senza autorizza- zione venatoria - in Pesaro, località Siligata, il 24 giugno 2013).
1.1. In ordine alla ricostruzione della vicenda, il Tribunale rilevava che gli avanzi di macellazione dell'animale erano stati depositati nella spazzatura, proprio sotto gli occhi del capitano S, ad opera dell'imputato;
inoltre, nel frigo del teste Bicciato, erano trovate le due mezzene dell'animale che il P gli aveva portato col propo- sito di riprendersele. Nel corso dell'interrogatorio, il P riferiva di aver acciden- talmente investito un capriolo, di averlo trovato agonizzante e di averlo finito per alleviarne le sofferenze, per poi portarlo con sé, macellarlo e riporlo in frigo da un conoscente. Gli esiti dell'accertamento tecnico confortavano la versione dell'imputato, in quanto si dava atto della presenza di frattura all femore destro e di ematomi vari, circostanze compatibili con la descritta dinamica di un investimento. L'imputato non chiariva le modalità di uccisione dell'animale né il consulente era in grado di stabilire se il taglio alla gola fosse stato inferto prima o dopo la morte dell'animale. Secondo la Corte territoriale, trattandosi di specie appartenente al patrimonio in- disponibile dello Stato, l'appropriazione ad opera di soggetto privo di licenza di caccia integrava gli estremi del reato di furto. Ricorrevano gli estremi del reato di furto aggravato dalla natura pubblica del bene, perché l'imputato, dopo un investimento verosimilmente non volontario, anziché porre l'animale a disposizione delle autorità statuali competenti, se ne appropriava con scopi alimentari propri o di vendita a terzi, cioè col fine di trarne profitto.
1.2. La Corte territoriale ha rilevato che il Tribunale aveva compiuto una descri- zione dettagliata, precisa e puntuale della vicenda, desumendo correttamente la re- sponsabilità del P in ordine al reato contestato;
inoltre, ha ritenuto tuttora con- figurabile il reato di furto aggravato di fauna ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato. Ricorreva il dolo specifico del reato in esame, potendo esso consistere nel soddi- sfacimento di un bisogno psichico e rispondere quindi ad una finalità di dispetto, ritorsione o vendetta. Il capriolo, d'altronde, risultava scuoiato e privo di corna, per cui se ne era appropriato a fine di lucro (alimento proprio o cessione a terzi).
2. Il P, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sen- tenza della Corte di appello, proponendo sei motivi di
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi